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PALERMO – “Non dovete avere paura”. Dice proprio così, Giorgia Meloni, davanti al migliaio di fan radunati accanto al teatro Politeama. Non bisogna temere che, con Fratelli d’Italia, qualcuno perda l’assegno di sussistenza: “Ma solo per chi non è in condizioni di lavorare: anziani, disabili, famiglie numerose. Per gli altri esiste la dignità del lavoro, di non dipendere dalla politica, da partiti che vi costringono a votarli per avere i soldi da portare a casa”.
È l’apice del derby a distanza che la leader della Destra gioca conGiuseppe Conte, per un giorno dichiarato nemico numerouno al posto di Enrico Letta. Derby delicatissimo, perché in Sicilia, e al Sud, queste elezioni si sono trasformate (anche) in un referendum sul reddito di cittadinanza: e a Meloni tocca il compito di spiegare perché vuole abolirlo davanti a una platea composta in buona parte da percettori. Per farlo usa toni durissimi contro i 5Stelle: “Vengono a comprare il vostro voto”, dice dal palco con riferimento chiarissimo. E aggiunge: “Noi facciamo la guerra alla povertà, che non si abolisce per decreto come ha raccontatoLuigi Di Maio, questo non lo fa manco il mago Otelma. Si combatte favorendo la crescita e l’occupazione. Chi crea ricchezza sono le aziende con i propri lavoratori, non è lo Stato che non deve rompere le scatole a chi vuole fare”.
Il tema è sentitissimo e non a caso la presidente di Fdi ci ci sofferma quasi per la metà del suo intervento, mentre alcuni manifestanti espongono i cartelli con su scritto: “Il reddito non si tocca”. Conte, qualche giorno fa, da queste parti ha fatto il pienone e la crescita dei 5S è uno dei motivi di preoccupazione per Meloni, che da un lato si mostra spavalda (“Rappresentiamo un terzo degli elettori”), dall’altra teme che il voto populista fugga lontano dai recinti della coalizione: verso Italexit e soprattutto verso il Movimento.
A pochi giorni dal voto, la candidata premier sa di avere incassato quanto possibile dalla sua apertura ai settori moderati e ora parla alla pancia dell’elettorato. Anche inasprendo le critiche all’Ue e rappresentando la sua idea di Europa di Destra: di qui l’auspicio che la vittoria del centrodestra in Italia “faccia da apripista”, fra qualche mese, all’ascesa di Vox al governo in Spagna. La tanto invocata abiura del fascismo arriva per esclusione: “Quando Fini disse che era il male assoluto ero in An e non presi le distanze”. Ma l’ultimo tratto di campagna elettorale mostra comunque una Meloni dal volto più aggressivo.
In questo senso, la caccia al consenso dei populisti passa anche da una presa di distanze da Draghi, addirittura criticato per una posizione “non europeista”: “L’Ue non è un circolo elitario”, ha detto la deputata romana risentita per la censura da parte del premier al voto pro-Orban in parlamento europeo. Chi ormai attacca ad alzo zero Mario Draghi è proprio Salvini: “Le parole del premier sono state gravi e io vorrei che andasse avanti, perché ha detto che in Italia ci sono corrotti da potenze straniere. Il presidente del Consiglio in carica, pagato da noi e che rappresenta tutti noi, se ha dei nomi di qualcuno che in qualche ruolo, politica, impresa, giornalismo, è corrotto o finanziato da potenze straniere faccia nomi e cognomi altrimenti sono chiacchiere al vento”.
E Salvini ha anche escluso che Draghi possa avere un incarico nel, o dal, prossimo governo: “Non vedo ruoli per Draghi o per tecnici, per rispetto anche nei confronti di Draghi stesso. Perché se uno vota la Lega vota per la Lega, se uno vota per il centrodestra vota per il centrodestra”. Questo nel giorno in cui il capo del Carroccio ha alzato l’asticella degli impegni, promettendo anche la reintroduzione delle Province “con personale, budget ed elezione diretta da parte dei cittadini”. In questo clima, Forza Italia si pone come garante sul piano internazionale della coalizione: a 400 elettori raccolti in una villa a Monte Porzio Catone, il coordinatore Antonio Tajani dice che il suo partito “sarà la garanzia seria e credibile per il centrodestra ma anche per tutto il sistema Italia, a Bruxelles come a Londra e Washington”.