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Giorgia Meloni parla davanti alla platea del gruppo dei Conservatori europei, è la prima giornata degli Study Days di Roma. A un certo punto del suo intervento affronta il tema della guerra in Ucraina. Non fa nomi e cognomi, ma non serve essere fini politologi per intuire la netta distanza dall‘atteggiamento avuto in queste settimane da Matteo Salvini e dalla Lega rispetto al conflitto in corso: “Sono molto fiera della chiarezza con la quale come partito abbiamo scelto da che parte stare, senza titubanze, è quello che di solito fanno i politici che sanno fare il proprio lavoro”. Poi: “Ci sono i leader e ci sono i follower, ci sono quelli che di fronte alla tempesta indicano la rotta e quelli che anche di fronte alla tempesta pensano all’immediato tornaconto elettorale. C’è chi insegue il popolo e chi vuole guidarlo, noi abbiamo scelto di guidarlo”, continua la presidente di Fratelli d’Italia. Non finisce qui: “Non posso accettare che la classe politica non abbia chiaro qual è la posta in gioco: la Russia rivendica il fatto che il Paese più forte militarmente possa assoggettare altre nazioni. Possiamo accettare un mondo dove vige la legge del più forte? Se l’Occidente capitola, ne faranno le spese i più deboli, cioè noi, che finiremmo nelle mani non tanto e solo della Russia ma della Cina. Non ci possono essere distinguo per un voto in più o in meno”.
Giuseppe Provenzano: “Grazie al Pd l’Italia non finirà nelle mani di Salvini e Meloni. Mai più larghe intese”
di
Giovanna Vitale
Ovviamente, dopo, in casa Fratelli d’Italia si fa notare che il ragionamento era complessivo, che poteva calzare benissimo anche per i 5 Stelle. Di sicuro però nella Lega il messaggio è suonato decisamente chiaro, del resto c’è un pezzo di partito che da tempo vive con disagio la strana virata “pacifista” del già filo-Putin Salvini. Non che in passato Meloni non avesse espresso apprezzamenti per lo “zar”, ma a differenza del Carroccio senza mai siglare patti di collaborazione con Russia Unita – il partito di Putin – e soprattutto fugando ogni ambiguità subito dopo l’inizio dell’invasione.
Il tutto nel mentre nella coalizione si respira l’aria da resa dei conti. Subito dopo il flop delle amministrative, Silvio Berlusconi e i centristi avevano tentato di intestarsi le vittorie di Genova e Palermo, spiegando in sintesi che laddove si vince lo si fa con candidature moderate. La disfatta di Verona, con il centrodestra che si è fatto la guerra da solo, brucia ancora molto. L’intervista di Flavio Tosi su Repubblica di ieri di sicuro non ha aiutato a placare gli animi. “Leggo un’intervista di un esponente di Forza Italia che dice che bisogna liberarsi di FdI. Vorrei sapere se è la linea ufficiale di Forza Italia, oppure no. Ovviamente non lo credo…”, commenta sempre Meloni. Mentre in casa Lega fanno malissimo i risultati in Lombardia; però non sono passati inosservati i buoni risultati in Friuli Venezia-Giulia, terra di Massimiliano Fedriga. Chi confida in un cambio alla guida del partito è convinto che il risultato in controtendenza non sia un caso. Dopodiché il vertice chiarificatore del centrodestra, da tutti evocato ma da nessuno convocato, rischia di slittare a chissà quando. “Penso che vadano fatte alcune riflessioni e che non vadano fatte polemiche, soprattutto a mezzo stampa”, spiega Meloni. Salvini le risponde a stretto giro con una nota del partito, la disponibilità c’è, serve parlare perché ci sono comuni “persi per divisioni poco spiegabili, prima si prendono le decisioni e ci si chiarisce, meglio è”. Il coordinatore forzista Antonio Tajani, almeno lui, ammette che probabilmente ci vorrà “un po’ di tempo, le cose vanno fatte per bene”.