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Milano, il processo per stupro, Genovese in aula: “Non controllavo più la realtà”

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“Rivedendo le immagini di quella notte, ora so di aver sbagliato, mi dispiace. Solo dopo ho capito che la ragazza aveva detto no. Comprendo il disvalore delle mie azioni”. Prima lucido e glaciale in aula, poi in lacrime alla fine di un’udienza durata più di sette ore, Alberto Genovese compare per la seconda volta nel processo in cui è accusato di due violenze sessuali nel 2020 ai danni di una diciottenne nel suo attico di lusso a pochi passi dal Duomo di Milano, e a Villa Lolita a Ibiza. Ripercorre quelle due notti che lo hanno portato per sei mesi in carcere e poi in una comunità di recupero dalle droghe, e si dice pronto a cambiare vita, città, amicizie. “Devo tagliare i ponti con tutte le persone che mi hanno circondato in questi anni. Oggi non mi riconosco in quei fatti, e non userei quelle parole che avete letto nelle chat per parlare delle donne che incontravo”.

Per la prima volta dall’arresto di fronte alla sua ex fidanzata, Sarah Borruso, imputata con lui per la violenza in Spagna, Genovese ascolta le parole della psicologa Chiara Pigni, consulente della difesa, che parla di sindrome di Asperger per l’imputato, un “disturbo dello spettro autistico di livello moderato” che – insieme alla pesante assunzione di droghe – avrebbe impedito a Genovese di percepire il dissenso delle vittime durante i rapporti sessuali. Una diagnosi, dice la specialista, che spesso viene diagnosticata solo in età avanzata, perché solo ora ci sono gli strumenti clinici per riconoscerla. E che avrebbe acuito le difficoltà relazionali dell’ex imprenditore. Genovese ha raccontato i fatti del passato a cui riconduce la sua dipendenza dalle droghe. Tra questi, il trauma provocato dal tradimento della sua ex, nel 2015, quando lui torna da un master in Francia e trova la sua donna che aspetta un bambino da un altro uomo.

Nel Genovese di allora, razionale e pianificatore di ogni progetto, sarebbe questo – è la sua difesa – l’evento che manda in crisi i suoi “schemi” esistenziali. Provocando quella lenta e inesorabile discesa nell’abuso di alcol e droga e nel consumo sfrenato di sesso che lo avrebbe portato, come sostengono i suoi avvocati Luigi Isolabella e Davide Ferrari con i loro esperti, a una “capacità di intendere e di volere al momento dei fatti, quantomeno grandemente scemata”.

I video del 10 ottobre 2020, nella camera da letto a Terrazza Sentimento, documentano le urla della vittima che implora l’ex imprenditore di fermarsi e poi la stessa giovane priva di sensi in balia dell’uomo, scriverà il gip, “come una bambola di pezza”. Di quella notte Genovese dice di avere “ricordi confusi”. E parla di una “trattativa economica”. Ricorda di aver lanciato dalla finestra uno stivale di lei, ma non la borsa. “Perché lei mi ha detto – è la sua versione in aula – che sarebbe tornata a prenderla quando sarebbe stata piena di soldi”. Parole che in nessun modo possono sminuire la gravità dei fatti.

Per quella violenza verrà arrestato, e poco dopo un’altra ragazza racconterà un episodio simile in Spagna. Di quel rapporto sessuale Genovese dice che “è stato consensuale” e che la ragazza “è stata male a causa della droga”. Nega un ruolo dell’allora fidanzata quella notte e, in generale, nella sua ricerca di donne. “Lei – dice in aula – non voleva i rapporti a tre, non sapeva del denaro alle altre ragazze e non le reclutava in alcun modo”.

In aula Alberto e Sarah sono rimasti distanti l’uno dall’altra. “Non ho partecipato all’atto sessuale a Villa Lolita né ho avuto atteggiamenti intimi con la ragazza – si è difesa lei, assistita dal suo avvocato Gianmaria Palminteri -. Con Alberto ho sempre avuto sentimenti contrastanti: da un lato soffrivo nell’accettare i continui tradimenti, dall’altro avevo paura di perderlo. Spesso – dice – mi sono sentita umiliata dai suoi comportamenti. Lui pensava solo a se stesso”.

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