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Miracolo nel Mediterraneo, due bimbe siriane nate durante la traversata

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Si chiamano Aisha e Sana. Sono siriane, hanno un paio di giorni appena e quando hanno aperto gli occhi, in centinaia hanno gridato al miracolo. Perché entrambe sono venute al mondo su quel Mediterraneo diventato una gigantesca fossa comune che da gennaio ad oggi ha inghiottito più di mille persone.

Figlie del mare, le hanno chiamate gli oltre duecento naufraghi che viaggiavano sul vecchio peschereccio soccorso mentre beccheggiava in avaria al largo delle coste di Crotone. Figlie di una guerra dimenticata, di una fuga durata anni, di due famiglie che non si sono arrese e hanno deciso di dare loro un futuro lontano dalle bombe, dai cecchini, dalla miseria. I militari della nave Diciotti, che per primi sono intervenuti in soccorso dei naufraghi, quando le hanno viste, stentavano a crederci.

Aisha è stata la prima. È nata appena ventiquattro ore dopo la partenza dalla Turchia. Quando si è imbarcata, la mamma stava male, aveva capito che il parto era vicino, ma non si è tirata indietro. Le doglie sono arrivate quando il barcone era già in mare aperto, ad aiutarla a far venire il mondo la sua bambina ci hanno pensato gli altri naufraghi. Aisha è arrivata per la prima volta sulla terraferma avvolta in una copertina rosa, con addosso una tutina in tinta, che la mamma aveva portato con sé. Sapeva che sarebbe stato un rischio imbarcarsi a fine gravidanza, ma ha voluto rinunciare a quel viaggio che per lei e il suo compagno significa salvezza. Sapeva, ha raccontato alle operatrici che le hanno prestato le prime cure a Crotone, che la sua bambina ce l’avrebbe fatta.

La madre di Sana invece sperava di riuscire ad arrivare sulla terraferma prima di darla alla luce. Ma al quinto giorno di navigazione, quando il barcone – spinto dall’unico motore asfittico – ancora si trovava in alto mare, è entrata in travaglio. La bimba è nata quando le luci della Calabria non si vedevano ancora. Adesso sta bene anche lei, ma appena arrivata a Crotone ha avuto bisogno di cure mediche.

Appena le motovedette della Capitaneria di porto, intervenute per trasbordare i profughi dal vecchio  barcone su segnalazione arrivata dalla Diciotti, sono arrivate in porto, insieme alla mamma è stata accompagnata in ospedale.

Sul molo, a osservare le operazioni di sbarco c’era Orlando Amodeo, ex dirigente medico della polizia, adesso in pensione dopo trentacinque anni di servizio. Era passato appena un giorno dalla tragica morte di Loujin, la bambina siriana morta di sete su un barcone. “Guardala bene ‘Decreti sicurezza’, tu che sei ‘padre’, guardatela bene leghisti. Guardala bene  ‘Blocco navale’, tu che sei ‘madre’, guardatela bene sovranisti. Guardatela bene e per una volta nella vostra misera vita pensate: ‘Ah! Se fosse mia figlia!” aveva scritto il dottore su facebook.

Adesso sta dall’altra parte delle transenne, ma quando ci sono arrivi “il doc” si presenta puntuale, nel caso ci fosse bisogno di una mano o di un supporto, anche solo di una traduzione.  In Calabria però, non c’è chi non lo ricordi sempre in prima linea non solo in occasione di sbarchi, ma anche durante delicatissimi blitz per la cattura di pericolosi latitanti dal grilletto facile, come nel caso dei boss pluriomicidi Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro.

Dichiaratamente contrario alle politiche securitarie in tema emigrazione, non lo ha mai nascosto. Anche per questo più di un dirigente ha tirato un sospiro di sollievo quando finalmente è andato in pensione.

Ma Amodeo, oggi candidato per Alleanza Verdi Sinistra in Calabria, non ha svestito il camice. A titolo gratuito ha fatto il direttore sanitario del Cara di Crotone, fin quando non è stato messo alla porta per aver denunciato il garbuglio burocratico che ha fatto finire nel centro un richiedente asilo con gravi patologie costretto a stare per venti giorni in un padiglione con sospetti positivi Covid. E adesso a Crotone è il medico di tutti, punto di riferimento fondamentale per la comunità migrante e non solo.

Aisha e Sana le ha viste appena hanno toccato terra in braccio alle rispettive madri. E poi ragazzini e bambini, tanti, almeno un centinaio se non più, quasi la metà di chi ha attraversato il mare su quel barcone e per lo più non accompagnati. “C’è chi sceglie  l’odio, c’è chi sceglie la paura – ha scritto sui social appena tornato a casa, postando una foto della piccola Aisha – Io ho scelto la cosa più bella del mondo: l’amore, l’amore per gli altri, l’amore per gli “ultimi”.

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