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Se la legge sul suicidio assistito fosse stata approvata, non avrebbe però evitato a Marco Cappato di essere indagato per avere accompagnato Elena, la donna malata terminale di tumore, a morire in Svizzera. Il Parlamento non trova il coraggio di affrontare il grande tema della dignità della morte e del fine vita.
Nella prossima legislatura c’è da attendersi ancora rinvii: sia Fratelli d’Italia che la Lega sono contrari all’aiuto al suicidio e denunciano “derive eutanasiche”. Forza Italia ha scelto finora di accodarsi ai leghisti, nonostante il programma liberale che Silvio Berlusconi rivendica e le divisioni nel partito. Il fine vita è lo spartiacque dei diritti civili per il Pd di Enrico Letta, la sinistra, i renziani, Azione di Carlo Calenda e +Europa di Emma Bonino. E anche per il Movimento 5Stelle di Giuseppe Conte. In questa legislatura – dopo la sentenza della Consulta del 2019 sul caso di Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni, processato, e poi assolto, per avere aiutato Dj Fabo, rimasto tetraplegico, a morire – è passata a Montecitorio a marzo con l’ok giallo-rosso (253 voti a favore e 117 contrari) una legge sul suicidio assistito, però con alcuni “paletti”. Primo tra tutti, che il malato terminale sia tenuto in vita da “trattamenti di sostegno vitale”: Dj Fabo ad esempio, lo era, mentre Elena no.
Comunque neppure quella norma di compromesso è andata avanti. Si è inabissata al Senato, dove tuttavia in commissione Salute la presidente, la renziana Annamaria Parente ha cercato di evitare la melina dei leghisti. L’ultimo miglio della norma è stato uno scontro politico, che ha dimenticato le sofferenze di tanti, come “Mario” – Federico Carboni, morto con il suicidio assistito in Italia in virtù di una sentenza ma non di una legge.
Partito democratico. Suicidio assistito una legislazione con alcuni paletti
È stato il Pd a mettere mano a una legge sul suicidio assistito dopo la sentenza della Consulta del 2019 sul “caso Cappato-Dj Fabo”. Ma la posizione dei Dem è stata: “Bisogna fare i passi possibili”. E quindi un compromesso è stato raggiunto con il testo approvato a Montecitorio nel marzo scorso e che si è impantanato, poi, al Senato. In pratica la norma interveniva sul fine vita ma ad alcune condizioni. Il suicidio assistito è reso così possibile se si ha una patologia irreversibile, una prognosi infausta, sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili. Ma soprattutto il malato terminale deve essere mantenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. È il punto su cui il Pd, con il relatore della legge, il cattolico Alfredo Bazoli, non ha mai arretrato, ritenendo che marcasse il confine rispetto all’eutanasia. Mediazione contestata da sinistra e radicali.
M5Stelle. Libertà di scelta per chi soffre e non può guarire
Nel programma dei 5Stelle è prevista una legge sul fine vita. Il Movimento – che in passato ha avuto diversità di opinioni tra i parlamentari più conservatori e chi invece spingeva verso un testo che ipotizzasse l’eutanasia – ha contribuito a scrivere la legge che ha avuto il via libera della Camera. Nicola Provenza ne è stato relatore insieme con il dem Alfredo Bazoli. L’asse giallo-rosso ha tenuto. Ora nelle indicazioni di programma del Movimento sarà prevista la definizione generica che “chiunque viva in condizioni di sofferenza e senza possibilità di guarigione, debba essere libero di decidere come e quando porre fine alla propria vita”. Non si entra nel dettaglio, dal momento che un testo andrà ripresentato ex novo in Parlamento: i 5Stelle sono favorevoli ad allargare le maglie normative per non creare discriminazioni tra malati.
Fdi e Lega. Più fondi pubblici per investire su cure palliative
La posizione sia di Fratelli d’Italia che della Lega è un No netto al suicidio assistito. Nel suo programma Fratelli d’Italia scrive che “lo Stato deve tutelare il diritto alla vita di ogni persona e che il servizio sanitario nazionale deve offrire ogni cura necessaria e investire sulle cure palliative”. Quindi contrarietà a proposte sul fine vita che propongano “la cultura dello scarto”. Tuttavia una legge va fatta, ma – come spiega Isabella Rauti responsabile per FdI del dipartimento Pari opportunità, famiglia e valori non negoziabili – deve essere “restrittiva” e non andare oltre le sollecitazioni della sentenza della Consulta. Nella Lega ci sono sfumature diverse: quella più possibilista di Luca Zaia e quella di chi come Roberto Turri (che ha guidato la pattuglia leghista alla Camera) dà lo stop all'”eutanasia mascherata”.
Forza Italia. Un partito diviso ha affossato le nuove norme
Liberal, ma non troppo. Sul fine vita a parole Forza Italia dichiara la sua disponibilità a trovare una soluzione, tuttavia sulla proposta di legge approvata alla Camera ha votato contro, pur dando la possibilità di libertà di voto essendo un tema etico. Quindi quando si è votato alla Camera nel marzo scorso, una pattuglia liberal si è espressa a favore della legge sul suicidio assistito, da Renata Polverini a Stefania Prestigiacomo, Elio Vito (che si è poi dimesso dal partito e da parlamentare), Matteo Perego. “Non ho competenza di medico, ma qualche esperienza di vita che può giustificare il mio voto a favore”, è stata la dichiarazione di voto di Polverini. Il programma liberale su cui adesso insiste Silvio Berlusconi potrebbe però portare a un ripensamento sul tema.
Azione e +Europa. Subito l’obiettivo di un referendum sull’eutanasia
Per Emma Bonino, storica radicale e leader di +Europa, così come per Carlo Calenda a capo di Azione, non solo è indispensabile una legge sul fine vita, ma la Consulta avrebbe dovuto consentire il referendum sull’eutanasia. Il quesito è stato bocciato dalla Corte, che l’ha giudicato inammissibile. Per quanto riguarda il testo sul suicidio assistito approvato alla Camera nel marzo scorso, +Europa/Azione lo ritengono insufficiente. Riccardo Magi, deputato radicale, ne ha denunciato l’impronta “discriminatoria” , perché esclude i malati terminali di tumore, consentendo di ricorrere alla morte medicalmente assistita solo a chi è tenuto in vita da trattamenti sanitari. Altra questione è l’obiezione di coscienza di medici e infermieri, che non deve però consentire l’interruzione del servizio sanitario.