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E’ morto a Campobasso all’età di 102 anni, Michele Montagano, uno degli ultimi internati nei campi nazisti. Era nato a Casacalenda (Campobasso) nel 1921. Ufficiale di complemento degli alpini. Internato militare nei campi nazisti e nello straflager di Unterlüss; invalido di guerra. Era presidente onorario dell’Anrp, l’associazione nazionale dei reduci della prigionia e dell’internamento. Montagano, insignito tra l’altro dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, era stato catturato a Gradisca d’Isonzo, ai piedi delle Alpi Giulie, quattro giorni dopo l’armistizio.
Il rifiuto e la prigionia
Sottotenente delle ‘penne nere’, non aveva ancora 22 anni quando si rifiutò di continuare a combattere per la Germania e di aderire alla Repubblica di Salò. Ha passato gli ultimi decenni a testimoniare la ferocia nazista. Con lui scompare l’ultimo molisano deportato.
In occasione dei suoi cento anni il Comune di Campobasso lo aveva festeggiato con una cerimonia in Municipio, così aveva fatto anche il suo paese natale, Casacalenda. Una delle sue ultime uscite pubbliche, il 25 aprile di un anno fa.
I militari internati
I militari internati italiani sono stati circa 700 mila, ufficiali e soldati che dopo l’8 settembre 1943 hanno rifiutato di combattere con i tedeschi e i fascisti di Salò, patendo due anni di sofferenza nei lager: oltre 50mila morirono nei campi, altrettanti al ritorno in patria per malattie contratte in prigionia.
Dopo l’armistizio, ricordò Montagano nel novembre 2016 all’inaugurazione di una mostra a Berlino dedicata proprio alla storia degli internati italiani, “la brutalità della reazione tedesca fu immediata, alimentata dal disprezzo contro tutti i militari italiani, ritenuti traditori. La conseguenza fu l’avvio verso i lager su carri bestiame, stipati fino all’inverosimile, in condizione penose e umilianti”. Nei campi, gli italiani “dovettero sopportare la rigida disciplina, le sadiche punizioni, la fame terribile, il rigore del clima, la sporcizia, i parassiti, la mancanza di notizie da casa, la lenta distruzione della personalità per essere ridotti a semplice ‘Stueck’, pezzi da usare per la vittoria finale di Hitler”.