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Motorally, la mamma-biker Domitilla Quadrelli: «Tutte in sella»

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Il motorally è uno sport tradizionalmente considerato maschile. Anzi, era. Come testimonia la nostra mamma-biker, che organizza gettonatissimi camp per sole donne

Di cosa parlavano una volta gli uomini al bar? Di donne e motori, come nella bellissima canzone di Bruno Lauzi. Un cliché superato, visto che il tema moto non interessa più solo il sesso forte. Sempre più donne sfrecciano sulle due ruote. Non solo quelle che, a bordo del loro scooter, zigzagano nel traffico per accompagnare i figli a scuola e poi volare in ufficio. Ma anche i centauri rosa che si dedicano con passione a sport  come il motorally. È il caso di Domitilla Quadrelli, 30 anni, ex modella, bolognese trasferita a Verona che lo scorso dicembre ha vinto l’ambito Beat Yesterday Awards 2021 di Garmin, il premio assegnato alle cinque imprese sportive più ardimentose.

A Domitilla, mamma di un bel bambino di 8 mesi, abbiamo rivolto alcune domande, per scoprire lo spericolato mondo del motocross e del motorally.

A che età hai iniziato a gareggiare?

Fino a 22 anni ho fatto la modella e l’organizzatrice di eventi, che erano molto spesso incentrati sul motociclismo. Quel mondo mi affascinava, ma non avevo ancora la patente per guidare la moto. Poi mi sono lanciata, un po’ per gioco, un po’ per sfida con me stessa. Ho iniziato con il motociclismo su strada e poi, subito dopo, “off road”, su terreni impervi, tra polvere e fango. Tempo tre mesi, avevo già tre moto: una Yamaha Teneré del 91 (un modello da touring che, essendo considerata d’epoca, mi faceva risparmiare un sacco sull’assicurazione), una KTM GS125 e una BMW K100. Con la seconda, un’enduro d’epoca, a 25 anni ho partecipato allo Swank Rally on Ice di Crevacol (Francia), un circuito molto “tecnico” su pista ghiacciata. Tant’è che ho dovuto montare i chiodi sulle ruote per non slittare.

Da lì non ti sei mai fermata. E sei tornata in sella subito dopo il parto. Giusto?

Esatto. Ero al sesto mese di gravidanza, in attesa di mio figlio Carlo. E mi sono chiesta: la faccio oppure no? Mi sono così iscritta a una delle gare più scenografiche del Motorally: lo Swank Rally che si svolge ogni anno in Sardegna: 1500 km di fuori strada da solcare in cinque giorni, con 8-9 ore al giorno in sella. La Sardegna è spettacolare: si attraversano zone interdette ai normali mezzi di locomozione come le dune di Piscinas o la foresta di Burgos, un vero e proprio labirinto nel quale è difficile non perdere l’orientamento.

La difficoltà del pilota sta nel seguire, senza fermarsi, le indicazioni del road book, una specie di rotolo di carta che riporta il tracciato da seguire e le avvertenze del tipo “al km 34 c’è un burrone”. Ruota su un cilindro comandato da un pulsante e la sfida sta nel leggerlo guidando, senza fermarsi o farsi male. Ho fatto lo Swank Rally di Sardegna quando mio figlio aveva appena due mesi. Mio marito Pierpaolo e il piccolo mi seguivano lungo il percorso e alla sera ci ritrovavamo per dormire insieme nel bivacco. È stata una bella un’emozione poter ricongiungermi a loro, dopo aver macinato chilometri e chilometri, sollevato terra, superato canali di fango, saltato dossi e dune. Unica donna in gara nella categoria competitiva, sono arrivata 22esima su 44 e ne sono onorata, considerando il calibro dei piloti.

Cosa dicono in famiglia della tua passione spericolata?

Anche mio marito Pierpaolo è appassionato di motocross e mi ha sempre sostenuto. Mia mamma all’inizio non era molto contenta delle mie scelte. Preoccupata, temeva per la mia incolumità. E in effetti cadute, botte e contusioni sono all’ordine del giorno. E nel 2019, durante un allenamento nel deserto della California, sono volata con la faccia a terra e mi sono rotta il naso. Farsi ricucire il naso in un pronto soccorso americano è stata un’esperienza interessante, anche se mi è bastata farla una volta sola! Tempo due mesi ero già in pista perché è importante non scoraggiarsi, non perdere mai il ritmo di un buon training. Ultimamente anche mia mamma si è abituata alle mie avventure ed è diventata molto più collaborativa: mi aiuta con il bambino durante le gare e gli allenamenti e, vedendomi felice, è la prima a gioire dei miei traguardi.

Che tipo di dieta segui, e come ti alleni?

Fino a quando non ho dato alla luce Carlo ho sempre mangiato di tutto. In gravidanza ho preso 15 chili e me ne sono rimasti 6. Troppi, perché per gareggiare serve un fisico scattante, asciutto. Mi sono così affidata a un nutrizionista che mi ha confezionato una dieta iperproteica su misura, dove i carboidrati sono previsti solo a colazione e nei tre spuntini. La seguo volentieri, sento che mi fa stare bene. Quanto all’allenamento, è importante sviluppare resistenza. E per questo faccio tre ore di crossfit alla settimana, che alterno alla cyclette: servono a potenziare la massa muscolare. Poi è importante andare in moto il più possibile, tutto l’anno e con qualunque clima, allenandosi nelle piste da motocross e da enduro.

Quali sono le tue prossime sfide in programma?

Parteciperò al Campionato Italiano di Motorally e a giugno mi attende il Sardegna Legend Rally: 1000 km in tre giorni, sulle tracce di quello che era una volta il Campionato del Mondo di Motorally. Sono percorsi impegnativi ma bellissimi. Nel 2022 la mia sfida più importante è far crescere il progetto che ho lanciato cinque anni fa: i Women Motors Bootcamps, degli eventi/campus dedicati alle sole donne per aiutarle a superare i loro limiti, accrescere la loro autostima e provare cose nuove. Si va a scuola di motocross, saldatura, meccanica, ma anche di yoga, di tiro al piattello, di paracadutismo. Le donne che vi partecipano, di ogni età, scoprono di avere capacità inimmaginabili: insieme alle altre donne ci si diverte e ci si fortifica, imparando a concentrarsi e a sorridere della vita.

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