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Moussa Sangare, chi è l’assassino di Sharon Verzeni, il rap con Izi e Ernia sognando XFactor. Poi droga e violenza: “Così in pochi mesi si è bruciato”

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Suisio (Bergamo) — Sognava di vivere di rap e hip hop, di sfondare nei talent televisivi, di raggiungere il successo che aveva solo assaporato con la sua firma accanto alle canzoni dei trapper da milioni di visualizzazioni su YouTube. Aveva spiccato il volo da Suisio, meno di quattromila abitanti nel cuore della Bergamasca, dov’è nato e ha vissuto con la madre e diversi fratelli, verso il sogno di un futuro di musica in Inghilterra e Stati Uniti, per lasciarsi alle spalle una vita di dolori, la morte del padre, la malattia della madre, le storie strette della sua periferia.

Caso Verzeni, Moussa Sangare nel video del rapper Izi “Scusa”

Per poi tornare senza sogni al punto di partenza, a una storia piena di fantasmi e violenza, alla notte in cui uccide a caso una donna che non conosceva. «Ciao raga, vado a fare arte», scriveva su Facebook quasi dieci anni fa, in quella che oggi appare come un’esistenza sempre più lontana. Anni in cui suona con Izi ed Ernia, con il suo nome d’arte, Moses Sangare, e le sue rime fanno il giro del web. «Volerò, io lo so, e mi vedrai sempre più su — scrive in un altro post — Volerò me ne andrò per non tornare più.

Quando tutto sarà mio e il mio nome uguale a Dio». Uno dei video, il brano “Scusa” di Iza, raggiungerà oltre quattordici milioni di visualizzazioni e a quel disco aveva partecipato anche lui. Tanto da ambire a XFactor, un progetto che naufraga dopo l’eliminazione ai provini.

A Suisio per tutti Moussa è stato un ragazzo «solare e sempre sorridente». Il titolare della pizzeria dove aveva lavorato prima della partenza all’estero, Ayman Shokr, lo ricorda come «sempre disponibile ad aiutare i colleghi. L’ho visto l’ultima volta, un paio di settimane fa. Era al bar di fronte, doveva cambiare dei soldi. Abbiamo chiacchierato un po’, sembrava normale, andava in giro in monopattino». Perché anche dopo l’omicidio, Moussa girava per le vie del centro del paese. «Fino a due giorni fa», dice Andrea, che ne parla come di «un vecchio amico». Anche se «a volte non mi riconosceva, due giorni fa però sì. Ha perso il padre da piccolo, la madre invece ha avuto un ictus di recente e non parla bene».

«L’ultima volta che era con noi — racconta un altro gruppo di giovani del paese — ha partecipato a una grigliata. Nessuno si aspettava una cosa del genere, quando ci siamo salutati, era impensabile immaginare che fosse stato lui ad aver ucciso».

È già la seconda vita di Moussa. Con il ritorno in Italia, qualcosa si rompe dentro di lui. Con i tormenti interiori che lo rendono a volte violento, spesso assente. Come lo raccontano i vicini: seduto sul marciapiede sotto casa, la testa tra le mani, lo sguardo spento. Le liti in casa, gli scatti di rabbia e la violenza contro la madre e la sorella. Sempre più frequenti, anche di notte. Finché le due donne non lo denunciano per maltrattamenti, dopo l’ennesima notte di paura, alla fine dello scorso anno, quando Moussa prende un coltello e lo punta proprio contro la sorella. Che ancora ieri lo ha difeso. «Non è una persona violenta — ha detto ai cronisti — Ha avuto problemi di droga, ma non vive qui da più di anno». Eppure, raccontano i condomini della corte di via Sangiuliano, il giovane maliano «faceva paura». «Qui non viveva più da molto tempo — dice un altro dei residenti del palazzo dove un tempo viveva con la famiglia, in via Sangiuliano — L’ho visto cambiare in quel momento. Adesso era completamente “bruciato”. Lo vedevo consumare droga qua nella via, in piazza, ovunque. E qualche mese fa, avrebbe anche minacciato di dare fuoco alla casa». Tanto che la madre e la sorella avevano deciso di mandarlo via dall’appartamento al primo piano. «Lui ha occupato la casa al piano terra, entrava dalla finestra». E ora il suo difensore, l’avvocato Giacomo Maj, prefigura una «problematica psichiatrica» che potrebbe portare a «un’eventuale richiesta di perizia». Finora, nella sua storia, non sono emersi disturbi psichiatrici certificati o percorsi di cura. Di certo da mesi Moussa viveva come un fantasma. Prima a casa di amici, poi in una casa diroccata fuori il paese, dove si è ritrovato insieme a stranieri senza casa. Quando i carabinieri l’hanno individuato e fermato, vagava all’alba per le strade tra Chignolo d’Isola e Medolago. Senza meta.

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