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Seduto sulle macerie di un Comune con i conti in rosso e una macchina amministrativa disastrata, il sindaco di Napoli, l’ex ministro Gaetano Manfredi, rivela al governo un rischio che grava sul Piano Nazionale di Ripresa. E al premier Draghi, che ha appena incontrato, offre una soluzione: “Fondiamo insieme il Pnrr delle città. Napoli può essere un modello. Solo se sperimentiamo sulla prima metropoli del Sud le risorse umane e finanziarie indispensabili a giocare questa grande partita, il Paese vincerà la sfida”, spiega. È il primo forum di Manfredi da sindaco, moderato dal direttore Maurizio Molinari nella redazione partenopea di Repubblica. Con Molinari partecipano, oltre a chi scrive, i giornalisti Anna Laura De Rosa, Antonio Di Costanzo, Riccardo Siano.
“Ora che abbiamo oltre 80 miliardi per il Sud – avverte Manfredi – c’è il rischio concreto che non saranno mai spesi, per l’impossibilità di tanti Comuni del Mezzogiorno di presentare i progetti del Recovery per mancanza delle strutture tecniche. Napoli è il caso più emblematico e non può essere abbandonata. Mi chiedo: quanto è importante questa città per la politica nazionale?”. Manfredi sintetizza in un’immagine le ferite lasciate dal governo dei populisti al Comune: “Ho avuto una visione traumatica: decine di pini ridotti in ceppi nel panoramico parco del Virgiliano, a Posillipo. Le scuole in condizioni disastrose, i trasporti ai minimi. Ora bisogna ricostruire”.
Manfredi appare motivato, ma sarebbe pronto a lasciare se da Roma non fossero onorati gli impegni. “Napoli può risollevarsi sul serio: ora o mai più. Ma questo processo deve essere accompagnato dal governo con un forte intervento nella Finanziaria”. D’altro canto, sorride, “nessuno è più resiliente di chi è nato o vive a Napoli. Mi hanno sorpreso favorevolmente quei funzionari pubblici che hanno resistito in questi anni, portando avanti con rigore, in silenzio, il lavoro di ogni giorno. Non eroi, ma servitori dello Stato che non smettono di credere in un Sud diverso”.
Sindaco, quali richieste ha affidato al premier Draghi?
“Draghi sa che la capitale del Sud vive in maniera drammatica disagi e difficoltà che sono frutto di politiche sbagliate e di tagli orizzontali che, negli anni, hanno colpito anche altri Comuni. Ha dato la disponibilità ad esserci vicino”.
Manfredi, quanti soldi e quante risorse umane chiede per non lasciare?
“Ipotizziamo un intervento di 200 milioni l’anno per la spesa corrente, per cinque anni. E abbiamo bisogno di almeno mille unità tra personale tecnico per il Pnrr, informatici, vigili urbani, impiegati, dirigenti. Per questo, ho proposto: si inauguri un Pnrr delle città, si instauri una cabina di regia, vogliamo sottoporci a una verifica costante con il governo, con il Mef. Non un controllo contabile, sia chiaro, ma una verifica sui processi. Abbiamo tutti il dovere di farlo: innanzitutto perché Napoli vive una fase di fiducia e di collaborazione. Dopo due lustri in cui è prevalsa l’anima anarchico-ribellista, io ho fatto appello invece alla sua indole europea, concreta, operosa. E la città ha risposto con slancio: il 63 per cento”.
Due settimane fa, lei si insedia al Comune. Cosa trova?
“Una situazione inimmaginabile. Sotto due profili. Primo: un enorme problema di personale, non ho neppure un dirigente in area tecnica. Secondo: una totale disorganizzazione dei servizi. Il Comune oggi non è in grado di sviluppare progettazione in proprio. E stiamo già pagando un prezzo molto alto sul Pnrr. In generale abbiamo presentato pochi progetti per accedere ai fondi del Recovery Plan. Sul bando della ristrutturazione delle scuole, ad esempio, neanche una domanda. Nonostante la gravissima situazione in cui versano tante strutture”.
Non se l’aspettava?
“Dal punto di vista dei conti, sì. Ma lo smembramento della macchina comunale si poteva comprendere solo mettendo piede negli uffici”.
Una dismissione?
“È la parola giusta Negli ultimi anni soprattutto, per i cambi continui di amministratori in giunta, non c’è stata pressocché nessuna continuità o memoria, e tanti dirigenti sono andati in pensione senza lasciare consegne. Dieci anni fa il Comune aveva intorno ai 12mila dipendenti, oggi poco più di 4mila. Tanti servizi hanno un unico dirigente. Sapete cosa significa?”.
Lo spieghi.
“Che la zavorra dei vincoli e del debito che derivano dal passato, uniti ad un Palazzo quasi desertificato, ci impedisce qualunque movimento. Non avere alcuna agibilità sul Bilancio significa impattare enormemente sulla qualità di vita dei cittadini. È impossibile governare la città se non possiamo mettere risorse per la manutenzione ordinaria delle scuole, occuparci del verde, incrementare progetti del Recovery Plan, consentire straordinari ai vigili urbani. Abbiamo la più bella metropolitana del mondo ma non ci sono treni a sufficienza, e i bus sono pochissimi. E il grande paradosso è che questa paralisi si manifesta proprio quando c’è una pioggia di miliardi destinata al Sud. Soldi che, però, rischiano di non arrivare mai sui territori, e di non essere mai spesi”.
Repubblica ha posto il tema di una nuova questione meridionale: le voragini di personale qualificato nella pubblica amministrazione minacciano il Pnrr.
“Sono assolutamente d’accordo. Il divario col Nord resta enorme. Siamo, tra le metropoli italiane, quella che ha in assoluto il minor numero di asili nido. Un dato che impatta su due indicatori preoccupanti: da un lato la grande dispersione scolastica; dall’altro, la inoccupazione femminile. Napoli ha oggi la possibilità di superare questo gap che la schiaccia: è indietro di circa 10-15 anni rispetto ad altre grandi città italiane”.
Qual è il termine ultimo entro cui attende queste risposte dal governo?
“Non oltre la Finanziaria. Mi aspetto un intervento”.
Se il governo non rispondesse?
“Non credo che si potrebbe andare avanti in queste condizioni”.
Si dimetterebbe?
“Farei una valutazione con i cittadini e le forze politiche. Devo dare risposte. Non possiamo ingannare i napoletani, che si sono espressi con una scelta netta. È come fare la Formula 1 senza benzina. Una Napoli che fallisce non è nell’interesse di nessuno”.
È un appello che rivolge al governo o anche alla politica trasversalmente?
“Alla politica nazionale nell’insieme delle sue articolazioni e responsabilità”.
Se non andasse secondo le sue attese?
“Sarebbe un tradimento della città e degli elettori. Ma sono sereno e fiducioso. Qui sono in gioco non solo Napoli, ma la Città Metropolitana – 4 milioni di abitanti – e il sistema-Italia. Se il Pnrr fallisce nei nostri territori, viene messo in discussione l’intero patto tra il Paese e l’Europa”.
Si parla di transizione ecologica. Un’immagine che non si aspettava?
“Gli alberi rasi al suolo, a Posillipo. Troppi. Altro che futuro green. Lo choc è maggiore se confrontato con la bellezza dei luoghi. Al porto le banchine non sono elettrificate. Dalla finestra del municipio vedo le navi da crociera ferme che inquinano”.
Napoli è sinonimo di vitalità e cultura, dalla letteratura al cinema alla fiction tv.
“È uno dei grandi giacimenti su cui puntare. Sarò felice di ospitare il presidente Mattarella, il 21 al San Carlo, per la prima dell’Otello, con la regia di Martone. E qualche giorno prima, accoglieremo con la stessa emozione il premio Oscar Sorrentino, per la presentazione di È stata la mano di Dio alla stampa internazionale”.