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‘Ndrangheta, nell’ufficio di piazza Duomo arrivano gli uomini del clan Oppedisano: il mistero dei 250mila euro spariti

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Dal “Paper Market” di Corrazzana agli uffici di piazza Duomo 16. Le pratiche estorsive di Michele (già condannato nel processo Infinito) e Pasquale Oppedisano, parenti di Domenico Oppedisano definito un “capo crimine della ‘ndrangheta” a Rosarno in Calabria, mettevano radici in luoghi impensabili. E questo risulta dalle motivazioni della sentenza con cui il giudice Guido Salvini ha condannato alcuni uomini vicini alla famiglia, ritenuta un’organizzazione operante in Lombardia che “mantiene un cordone ombelicale con la regione Calabria”.

Alla base di tutto c’è la storia di 250mila euro apparentemente spariti nel nulla. A tirarla fuori sono tre promotori finanziari – Francesco La Grotteria, Christian Marchetti e Ivan Giovannetti – che hanno accusato esplicitamente il commercialista Giuseppe Giovanni Nucera (non indagato). A dire dei tre, il commercialista era stato coinvolto nella complessa vicenda dell’erogazione di un prestito ad alcuni clienti francesi, “operazione cui era accompagnata una fattura per la prestazione di servizi fasulli ed un bonifico di una somma di 250mila euro in favore di una società facente capo allo stesso Nucera” scrive il giudice. Secondo quanto sostenuto dai tre e riportato negli atti dell’inchiesta, condotta dalle pm Sara Ombra e Paola Biondolillo, il commercialista era divenuto custode nel suo studio della somma di denaro: si tratterebbe proprio della sede della società Take Off di Nucera, che ha la sede in piazza Duomo 16. Quei soldi sarebbero poi spariti, sostituiti “nelle scatole in cui si trovava, con del polistirolo”. A quel punto erano partite le accuse incrociate di aver rubato quel denaro.

Ma cosa ha spinto i tre a rivolgersi agli Oppedisano? Secondo quanto raccontato a verbale, dopo le “implausibili” accuse di Nucera di aver fatto sparire i soldi era entrato in scena un uomo che, mostrando una pistola, aveva preteso dai promotori finanziari 30mila euro, come spettanza del commercialista. “La paura era tanta e il terrore di subire ritorsioni personali e contro i familiari era così elevato da impedirci di fare denuncia” hanno raccontato i tre. La trappola si era quindi perfezionata con l’entrata in scena di Pasquale e Michele Oppedisano (ancora a processo per questi fatti) contattati tramite un cliente. I calabresi avevano iniziato a “mungere” gli operatori finanziari, garantendo protezione in cambio di soldi. Il gruppo degli Oppedisano al completo veniva fotografato il 28 giugno 2019 mentre usciva dal civico 16 di piazza del Duomo. Secondo il giudice i tre operatori finanziari erano in realtà finiti “in una doppia trappola” perché “anche il commercialista Nucera era infatti in qualche modo legato a famiglie della ‘ndrangheta calabrese”.

A confermarlo, ci sarebbe una cena “appositamente organizzata per comporre la questione” dagli Oppedisano in un ristorante milanese riconducibile al calabrese Giuseppe Sculli (non indagato), ex calciatore, il cui nome è già comparso in alcune indagini: e proprio Sculli “amico di tutte e due le famiglie coinvolte” avrebbe avuto il compito di “siglare” l’accordo. In realtà una sceneggiata secondo gli inquirenti “che sotto le vesti di un componimento bonario, (costato comunque ai tre almeno 10mila euro) delle pretese di Nucera l’obiettivo fosse non parlare più dei 250mila euro, una somma in effetti mai ricomparsa e probabilmente spartita tra Nucera e gli Oppedisano”.

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