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Nel match Mastella contro Calenda al Senato i meloniani si schierano a sorpresa con il leader di Azione

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Nella querelle a colpi di denunce tra Clemente Mastella e Carlo Calenda, arriva a sorpresa Fratelli d’Italia che si scopre “profondamente” garantista e si schiera col secondo. Proprio così. Tant’è che Sergio Rastrelli, nella giunta per le autorizzazioni del Senato, è stato pronto a difendere il leader di Azione, querelato dal sindaco di Benevento per un suo tweet del 3 aprile.

Per capire che succede a palazzo Madama facciamo un passo indietro. In vista delle Europee e della lista Stati Uniti d’Europa che andava formandosi su input di Matteo Renzi ecco quale fu il messaggio di Calenda: “Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei”.

Apriti cielo, Mastella annunciò subito la querela con parole di fuoco – “Questo pariolino viziato che gioca a fare il bulletto mediatico non può permettersi di associare il mio nome e la mia storia politica alla mafia” – che inevitabilmente sono finite in tribunale. Tant’è che a luglio ecco il gip romano Costantino De Robbio chiedere al Senato se avesse intenzione di concedere l’immunità a Calenda perché altrimenti all’orizzonte poteva esserci un processo per diffamazione aggravata.

Calenda ovviamente si difende, come aveva fatto subito, e come ha ripetuto ai colleghi senatori una settimana fa sentito dalla Giunta perché “Mastella aveva capito male” e lui “ce l’aveva con Totò Cuffaro”. Come recitò subito una nota di Azione, “ma non sua” dicono adesso in Giunta. Aggiunge a riprova gli interventi contro la mafia del senatore di Azione Antonio D’Alessio. Ma evidentemente non basta, anche perché le maglie dell’articolo 68 sono strette e parlano di specifici interventi personali, e non di un collega di partito.

Non dev’essere una buona stagione per Calenda – che giusto negli stessi giorni perde Enrico Costa, e poi anche Mariastella Gelmini e Mara Carfagna – perché l’umore in Giunta sembra che gli sia avverso. La relatrice di M5S Ada Lopreiato è pronta a negargli l’insindacabilità. Idem sentire da Ivan Scalfarotto di Iv che ricorda come “la Consulta chieda requisiti molto specifici per riconoscerla, e cioè interventi che, negli stessi giorni o subito prima, siano stati fatti sia fuori che dentro il Senato”. Confini stretti, certo, che non possono essere slabbrati più di tanto.

E siamo a oggi. Mentre il Pd con Anna Rossomando e Alfredo Bazzoli propone di riflettere ancora per una settimana, ecco il meloniano Sergio Rastrelli nettissimo a favore di Calenda. Una vera sorpresa. Ricorda proprio le parole di Adriano Paroli, quello citato da Calenda, per ridurre il suo tweet “a una valutazione politica” e chiedersi “come si fa a dire che non è insindacabile?”. Rastrelli non conclude con il possibile voto, ma la sua professione, in questo caso, di super garantismo è assai chiara. Chi lo sta ascoltando è pronto a dire che la manica larga verso Calenda può tornare utile a chi fa sfoggio di aggressività politica al Senato. E certamente nelle fila del centrodestra governativo sono in tanti. Basti pensare alle accuse contro i magistrati.

 

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