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Neofascismi: l’Opa di CasaPound su Forza Nuova in agonia. La battaglia per l’egemonia nel mondo dell’ultradestra

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Due mesi dopo l’assalto squadrista alla sede della Cgil a Roma: che fine ha fatto Forza Nuova? Cosa e quanto è rimasto – al netto degli arresti dei suoi leader e delle inchieste giudiziarie in corso – del più antico partito neofascista italiano ancora in attività (dal ’97, sempre con lo stesso simbolo)? E ancora: quali scenari ha aperto, nella galassia dell’estrema destra, il violento show down forzanovista, quell’attacco eversivo al primo sindacato italiano partorito dalla “diarchia” Fiore-Castellino al culmine delle proteste No Vax e No Green Pass infiltrate da oltre un anno e mezzo non solo ma anche e soprattutto dai neri? In attesa che magistratura e/o governo decidano sullo scioglimento di Fn – la mozione è stata già votata da Camera e Senato -, per provare a rispondere a queste domande conviene partire da un dato di realtà. Fn è implosa. Si è – di fatto – sbriciolata. Sui suoi resti, avventandosi come un avvoltoio sul cadavere, ha lanciato un’Opa CasaPound Italia, ovvero il movimento (non più partito) che rappresenta oggi l’unica forza stabile e punto di riferimento nell’area dell’estrema destra.

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di

Valeria Forgnone

06 Dicembre 2021

L’attacco e lo schianto

È un’operazione “politica” condotta sottotraccia, iniziata ben prima della “presa” e della devastazione di corso d’Italia. E che in sessanta giorni ha portato a un riassetto dell’area neofascista. Prima di raccontare la genesi dell’Opa, guardiamo ai numeri. Tenuto conto che nella storia dei movimenti neofascisti le stime sono da sempre liquide e oscillanti, in molti casi gonfiate dagli stessi gruppi e partiti, nelle ultime fotografie scattate dalle divisioni di polizia e carabinieri che si occupano di estremismo politico fa capolino un numero. Trecento (300). Sono gli iscritti “reali” rimasti in pancia a Fn. Briciole. Nemmeno tre anni fa i comunicatori del partito fondato dell’ex terrorista Roberto Fiore e da Massimo Morsello vendevano per buono un bacino di utenza (riferito solo ai tesserati) di 7.500 militanti. Anche volendo prendere sul serio questo numero, e ad arrotondare a 500 la cifra dei forzanovisti rimasta su una nave destinata ad affondare quanto meno nella sua declinazione originaria, in tre anni Fn si è disgregata: 25 volte più piccola. Decine di sezioni chiuse, un crollo che Fiore e il suo delfino pluripregiudicato Giuliano Castellino non sono riusciti a fermare nemmeno con quello che doveva essere un audace tentativo di rilancio. Il clamoroso assalto alla Cgil. Un apparente – eppure infine quasi tafazziano – “salto di qualità”. Lo commenta così un ex dirigente di Fn. “Spinti da una crisi interna devastante, hanno provato a giocarsi tutto alzando il tiro con un’azione ‘forte’, il cui primo obiettivo era richiamare le suggestioni degli assalti fascisti ai sindacati di cento anni fa. Ma lo scopo doveva essere la riconquista dell’egemonia nel mondo dell’ultradestra. Riprendersi la scena”. Cosa che è mediaticamente riuscita, ma i cui effetti appaiono ora disastrosi.

Neofascismo, Di Segni: “Intervenire contro i gruppi che generano odio”

23 Novembre 2021

Il partitino svuotato

Due lettere. Scritte dal carcere napoletano di Poggioreale. I “detenuti politici” Fiore e Castellino – per usare la definizione un po’ patetica del coordinatore nord Italia e capo ultrà dell’Hellas Verona Luca Castellini, anche lui denunciato per i fatti di Roma (obbligo di dimora) e che per sostenere i due ras ha lanciato una raccolta fondi – si appellano alla sbrindellata platea forzanovista usando toni accorati. “Non volevamo assaltare la sede della Cgil, ma solo accerchiarla”, scrive Castellino. Fiore (difeso da Carlo Taormina): “Invito gli aderenti di Fn a rigettare e respingere i tentativi di scioglimento del movimento… Forza Nuova non si scioglie… Non incorrete in attività che possano essere strumentali al sistema per tentare di criminalizzare il movimento”. Attenzione alla parola “movimento”. Fiore non la usa a caso, ma in modo ambiguo. Movimento nazionale-Rete dei patrioti è il primo nemico ” interno” di Fn. Quello che l’ha spolpata. Frutto della scissione avvenuta a maggio 2020, quando più del 50% dei militanti, in rivolta contro lo stesso Fiore e Castellino poiché esasperati dall’ascesa di quest’ultimo, è uscito dal partito.

Neofascismo, dalla cena commemorativa per la marcia su Roma a presidente della Provincia di Ascoli Piceno: ecco chi è Capriotti (FdI)

di

Paolo Berizzi

21 Ottobre 2021

Risultato: sezioni molto più che dimezzate, sedi chiuse. Uniche roccaforti appena sopravvissute allo sfascio: Roma, e pezzi di Piemonte e Veneto. Sparita la Lombardia, dove la Rete dei patrioti si è presa la sede storica di Fn, il “Presidio” di piazza Aspromonte a Milano. “La nostra lotta e i nostri ideali continuano”, ripete da un anno e mezzo Salvatore Ferrara (su Fb si firma “SSalvatore”, con la doppia “S” a rievocare le SS naziste). Era l’uomo di Fiore in Lombardia: oggi è il coordinatore lombardo del “Movimento nazionale-Rete dei patrioti”. Gli scissionisti che hanno portato fuori dal partitino nero anche le associazioni, in primis i Circoli “Evita Peron” che da anni organizzano le colonie estive fasciste per i “bambini italiani poveri”. Poi, la botta finale. Gli arresti e le denunce per l’assalto alla Cgil e l’inchiesta giudiziaria che potrebbe portare alla messa al bando di Fn.

Terreno spianato

Qui entra in gioco CasaPound. A terreno già spianato. Una data: 13 ottobre. Quattro giorni dopo Roma e i fascisti saltati fuori dal cavallo di Troia dei No Green Pass. Con un comunicato ufficiale nel quale prendono posizione contro l’ipotesi di scioglimento di Fn per decreto, le tartarughe nere esprimono una blanda solidarietà ai competitor. “Dal movimento di Fiore ci distinguono tante cose, da sempre. Ma reprimere il dissenso e criminalizzare un intero mondo, farlo per decreto è la morte dello Stato di diritto”. La mossa è politica: per difendere il “mondo” dell’ultradestra – di cui vuole essere sigla egemone – Cpi gioca a solidarizzare con Fiore e camerati. Ma in realtà li scarica. L’Opa è già lanciata. Da mesi Cpi fa manifestazioni insieme con il Movimento nazionale-Rete dei patrioti: il 2 luglio in piazza Diaz a Milano davanti alla sede di Atlantia chiedono la revoca della concessione e la nazionalizzazione della rete autostradale. Il 30 ottobre si ritrovano per un concerto identitario. Dove? Al “Presidio” di piazza Aspromonte sfilato a Fn.

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di

Paolo Berizzi

13 Ottobre 2021

La nuova partnership neofascista serve a CasaPound per rafforzare il proprio ruolo e assorbire almeno parte degli ex militanti forzanovisti. “Nella ridefinizione dell’area del neofascismo emerge alla fine Cpi come principale punto di riferimento – ragionano all’Osservatorio democratico sulle nuove destre -. Cpi che guarda a un rapporto politico con la destra che conta, Fratelli d’Italia e Lega. Una linea non più di autosufficienza, come in precedenza praticata da Fn. Una linea che sta facendo scuola se guardiamo anche al territorio lombardo e a Lealtà Azione”.

La strategia della tartaruga

Sotto inchiesta per tentata ricostituzione del partito fascista, dopo l’esperienza delle manifestazioni No Lockdown l’anno scorso con le “mascherine tricolori” CasaPound sulla battaglia contro vaccini e misure di contenimento ha tenuto una linea più defilata rispetto a Fn (sabato le mascherine tricolori sono tornate con un flash mob nei centri commerciali, ndr). Lasciando che fosse quest’ultima a infiltrare le piazze negazioniste. “Forse qualche uccellino aveva spifferato del piano di Fn contro la Cgil, e quelli di Cpi sapevano che quel piano avrebbe infine trasformato Fn in un partito agonizzante e contendibile”, aggiunge l’ex dirigente forzanovista. E dunque: quando Fn attacca schiantandosi, Cpi è lì che attende. Oltre 130 sedi in Italia – molti sono pub o locali, un modo per occupare spazi di aggregazione giovanile – l’ultimo censimento attendibile di Cpi contava 4.500 militanti iscritti. A cui vanno aggiunti simpatizzanti e associazioni “vicine”, tipo Casaggì di Firenze. A che cosa ambiscono le tartarughe nere una volta cannibalizzato il moribondo partito di Fiore? L’interlocuzione con Lega prima e FdI poi, seppure negata da quest’ultima, è sempre nell’orizzonte. Si guarda al 2023. Per quella data a destra della destra ci sarà solo Cpi (al cui modello organizzativo si ispira Lealtà Azione). Che a quel punto potrà essere impiegata dalla destra istituzionale della Meloni per garantire la militanza più identitaria e movimentista sul territorio. Non è più un rebus, il rapporto dell’ultradestra con FdI. Lo stesso Fiore, che fino a ieri con i suoi camerati occupava a Roma un immobile della fondazione ex An (e oggi FdI), ha cercato sponde. A fine marzo il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa accoglie a palazzo Madama Fiore e Castellino. Fn aveva già infiammato le piazze violente novax, ma tant’è. E adesso? Raccontano che il detenuto Fiore una qualche attenzione dai meloniani ancora se la aspetti. I canali non possono essere in chiaro, ma sono aperti. Tra i possibili “ganci” è accreditato il consigliere regionale campano Marco Nonno. Quando nel 2009, da consigliere comunale a Napoli, fu arrestato (poi anche condannato) per la vicenda delle rivolte ultrà contro la discarica a Pianura, l’allora eurodeputato Fiore andò a trovare Nonno in carcere. E Nonno, secondo qualcuno, adesso potrebbe ricambiare il favore: a parti invertite. Il lumicino sul tramonto politico di Fn risucchiata dal lento appetito della tartaruga nera.

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