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No Vax, lo spettro di un vero partito che potrebbe raggiungere il 5%

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“Lei non immagina quanta gente ci chiede di fare il partito. Sul web sono migliaia. Una richiesta enorme”. Il professor Ugo Mattei, il giurista torinese della Commissione DuPre, quella degli intellettuali, di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, racconta che ieri è andato a fare la spesa a Porta Palazzo, “e non riuscivo a fare due passi, perché venivo continuamente fermato. “Dobbiamo mobilitarci!”, mi dicevano”. E quindi lo farete? “Ma no!” taglia corto. “Un partito anti Green Pass non avrebbe senso. Sarebbe persino suicida. Noi andiamo avanti con la nostra opera di controinformazione, poi magari questo nostro impegno figlierà un soggetto politico”.

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Uno spettro si aggira per il Paese. Quello di una formazione politica No Vax. Ma davvero esiste un simile spazio nella società? Per il sondaggista Renato Mannheimer, interpellato da L’aria che tira, potrebbe avere il cinque per cento dei voti. “Tra il 5 e il 10” ha poi precisato. Secondo Roberto Weber della Swg è solo questione di tempo e alla fine nascerà: “L’ho visto con i miei occhi a Trieste. Qui il candidato della lista No Vax senza fare campagna alcuna ha preso il cinque per cento. E l’onda nelle piazze è arrivata dopo. Penso che sottrarrà voti a destra, a Fratelli d’Italia, alla Lega. Si è ormai creata una frattura che tiene dentro componenti che sono emotive, psicologiche, culturali, che finiranno per produrre un’offerta”. Dottor Weber, ma per chi votano i No Vax? “Su dieci di loro, cinque si astengono, quattro per la destra, uno a sinistra”. Un mese fa Ilvo Diamanti ha fatto un sondaggio per Repubblica secondo cui il 41 per cento degli elettori di Fratelli d’Italia riteneva il Green Pass una limitazione della libertà, contro appena il 5 per cento di elettori del Pd.

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Altri sondaggisti sono più cauti, e ritengono che lo spazio non ci sia. Ne è convinto Antonio Noto di Noto Sondaggi: “Trieste rappresenta un’eccezione, negli altri centri è stata una sequela di flop. I partiti monotematici hanno sempre avuto zero seguito. Il 60 per cento dei No Vax non va a votare. E tra quelli che invece ci vanno la preferenza è polverizzata, con una prevalenza per la destra. E poi tra i No Vax ci sono origini diverse. Ci sono quelli ideologici, che non arrivano tra i non vaccinati al 6-7 per cento, e ci sono quelli che non si immunizzano per paura, o perché non possono”. Noto dice che la situazione non è molto diversa neanche in Europa. “Ricerche fatte in Francia, Gran Bretagna, Croazia, dicono che è gente lontana dalla politica”.

Anche Fabrizio Masia è prudente. “Dubito che un simile soggetto possa andare sopra il due per cento, ma proprio esagerando. Le motivazioni sono troppo fragili per tentare un’avventura politica che possa fare strada”. Non potrebbero, sotto l’insegna dei No Vax, trovare una casa tutti gli arrabbiati, gli anti sistema, gli scettici, che da tempo gonfiano le vele dell’astensionismo? “È un mondo composito, molto frastagliato”, puntualizza Masia.

“Anche tra noi non siamo omogenei, veniamo da storie diverse, alcuni sono vaccinati, e contestano il Green Pass, e altri no”, dice Mattei, 60 anni, che non si è immunizzato contro il Covid, e che ormai è ospite fisso nei talk. In un intervento su La Stampa ieri Massimo Cacciari, che è vaccinato, ha denunciato il rischio di un conformismo, che porta alla “neutralizzazione del conflitto”.

Nel loro ultimo documento quelli di DuPre hanno ribadito che “la vaccinazione non previene il contagio anche se ne riduce significativamente l’incidenza (di circa tre volte). Questo dato da solo priva il Green Pass del suo significato sanitario: avere un Green Pass non significa essere innocui o non contagiosi”. Come se gli italiani non lo sapessero. E come se esistesse, al momento, un’alternativa per proteggersi dal virus fuori dal vaccino. All’estero, specie in Germania, continuano a guardare con invidia al modello italiano.

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