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Da quota 65 a quota 68 e sul numero dei membri di governo la commissione Affari costituzionali della Camera si ferma. L’emendamento presentato da Alessandro Colucci, deputato di Noi Moderati, ne blocca i lavori. La richiesta? Aumentare di tre i partecipanti al governo e il numero dei sottosegretari. “È impossibile lavorare così, è una questione di funzionalità”, commenta Maurizio Lupi, presidente del gruppo parlamentare e co-firmatario della proposta. Ma dalla commissione giunge un alt e la maggioranza si divide.
Lupi: “è una questione di funzionalità”
Ad accantonare il provvedimento il parere negativo del suo relatore Alessandro Urzì di Fratelli d’Italia. “Sono le dinamiche normali – dichiara al termine della discussione – ognuno può portare le proprie proposte in Aula, poi si valuta l’opportunità insieme”. Ma Colucci non ci sta e giustifica l’aumento sulla base di un presunto accordo politico. Gli emendamenti della maggioranza vengono accantonati in blocco e la seduta della commissione è rimandata al giorno successivo. A sbloccare l’impasse un via libera del governo o, come riferiscono fonti interne alla commissione, il possibile ritiro della proposta. Lupi apre al confronto. “Noi non vogliamo imporre l’aumento – fa sapere l’esponente di Noi Moderati – ma dare la possibilità al governo di funzionare. Il ministro Fitto non ha sottosegretari. Alla sanità solo uno. Per far funzionare le 14 commissioni e l’attività di governo il numero 65 non è sufficiente”.
L’opposizione di aumenti non ne vuole sentire. Il Partito democratico vota contro. Per Gianni Cuperlo, esponente dem e membro della commissione, “non si sono messi d’accordo nella maggioranza. Perché più sottosegretari? Gli altri governi hanno sempre rispettato il limite di 65”. Numero stabilito da un decreto del 1999 e poi riconfermato dalla legge finanziaria per il 2008. Componenti massimi per i governi Conte, fino a scendere a quota 55 durante le presidenze Monti e Gentiloni.
Opposizione: “Noi moderati cerca una compensazione”
A spingere l’emendamento di Noi Moderati sarebbe la sua esclusione dalla compagine di governo, fermi solo a due partecipanti. Giorgio Silli, sottosegretario al ministero degli Esteri, e Vittorio Sgarbi, sottosegretario al ministero della Cultura. “Essendo stato escluso – fanno sapere dall’opposizione – Noi Moderati vorrebbe una forma di compensazione”. A decidere il futuro della misura sarà proprio l’esecutivo, una proiezione della maggioranza di cui lo stesso partito di Lupi fa parte. Nelle mani del gruppo si alternano così da una parte una presa di posizione al sapore di sfida verso la leadership Meloni, dall’altra la deposizione delle armi in nome dell’unità.