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Nordio dice no all’amnistia: “Inutile segno di debolezza, non serve a svuotare le carceri”

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Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dice “no all’amnistia e indulto”, non sono la strada per risolvere i problemi delle carceri, a partire dal sovraffollamento ormai strutturale. Questi atti di clemenza, spiega in un’intervista a Libero il Guardasigilli che ha accompagnato il Papa al carcere di Rebibbia, durante la cerimonia di apertura della Porta Santa, “sono plausibili come segno di forza e di magnanimità, ma se vengono interpretati come provvedimenti emergenziali svuota-carcere sono manifestazioni di debolezza”, che mandano un segnale di “impunità” e di invito “alla commissione di nuovi reati”. Piuttosto, aggiunge, bisogna lavorare “all’umanizzazione della pena”, prevedendo attività culturali, lavorative o sportive dentro il carcere o modalità diverse dai penitenziari per scontare il proprio debito con la giustizia.

Il 26 dicembre papa Francesco ha aperto la seconda Porta Santa del giubileo, nel carcere di Rebibbia a Roma, accolto da Nordio. E ha fatto un appello per “forme di amnistia o di condono della pena” dei detenuti e “percorsi di reinserimento” a loro dedicati, nonché per “l’abolizione della pena di morte”. A chi gli ha domandato se aveva parlato con il Guardasigilli della possibilità di un gesto di clemenza, il Papa ha risposto di no. Ma il tema del carcere è stato affrontato da Francesco anche in occasione della benedizione urbi et orbi pronunciata a Natale, quando ha sottolineato che Gesù “attende i carcerati che, nonostante tutto, rimangono sempre figli di Dio”.

“Il Papa, come è suo compito, guarda alle coscienze, e sotto questo profilo nessuno di noi può dirsi migliore di un altro. È questo il significato del ‘non giudicate e non condannate’ che ci viene da Gesù – commenta adesso Nordio – Ma lo Stato guarda alla certezza del diritto, alla sicurezza dei cittadini e alle aspettative delle vittime, e non può chiudere i tribunali. Il giusto equilibrio si trova nella umanizzazione della pena, con il lavoro, l’attività sportiva e anche culturale all’interno di una struttura che non è necessariamente fatta di sbarre. Penso alle comunità o ad altre forme di detenzione domiciliare per tossicodipendenti o autori di reati di minore allarme sociale. Ci stiamo lavorando, ma non sono cose che si improvvisano”.

Non si fa amnistia e indulto perché i partiti della maggioranza sono divisi o, invece, sono tutti contrari a provvedimenti di clemenza? “No, siamo tutti d’accordo che un indulto incondizionato sarebbe inutile e nocivo. Del resto è la stessa dottrina cattolica a insegnarci che il perdono non è gratuito, presuppone la confessione, la penitenza e il fermo proposito della redenzione. In termini laici, questi concetti si esprimono, come ho detto, con una umanizzazione della pena e – aggiunge – la detenzione differenziata”.

In alternativa ad amnistia e indulto, “ci sono varie direzioni su cui ci stiamo indirizzando”, dice Nordio, compreso un piano del governo per diminuire il sovraffollamento delle carceri. “Intanto, dei 16mila detenuti in custodia cautelare o in esecuzione della pena in carcere, migliaia non dovrebbero trovarsi lì. La quasi totalità di questi casi è composta da stranieri arrivati clandestinamente nel nostro Paese. Molti hanno i requisiti per andare agli arresti domiciliari, ma non hanno un domicilio e per questo finiscono in carcere. L’idea su cui stiamo lavorando è di creare delle strutture, dei condomini, dove permettere a questi stranieri senza domicilio di scontare gli arresti, con un controllo periodico, non continuo, delle forze dell’ordine. Un’altra direzione – spiega Nordio – è quella degli accordi coi Paesi d’origine: ci sono tanti detenuti stranieri che potrebbero espiare le proprie pene nei Paesi da cui provengono, occorre fare accordi in questo senso. Terza direzione: bisogna limitare la carcerazione preventiva, enfatizzando la presunzione di innocenza. Solo in questo modo si potrebbero togliere dal carcere 18mila detenuti in attesa di giudizio. Stiamo, poi, siglando accordi con le comunità terapeutiche per i reati connessi con la tossicodipendenza. Aggiungo che su questo tema è intervenuta anche la Chiesa, con il cardinal José Tolentino de Mendonca, (prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione del Vaticano). L’ho incontrato giovedì a Rebibbia e prima ancora alla Giudecca. Infine, stiamo lavorando sulle pene alternative alla carcerazione e sulla ristrutturazione di caserme dismesse”.

Qualche dato. L’indice di sovraffollamento è al 133,4%, secondo il garante dei detenuti. E nel 2024 sono stati quasi 88 i suicidi, il dato più alto degli ultimi anni. Questo fenomeno “è un fardello di dolore collettivo, e quando avviene in carcere lo sentiamo ancora più gravoso. Tuttavia esso non è correlato al sovraffollamento, ma piuttosto alla solitudine, al dolore, alla mancanza di prospettive – commenta Nordio – Sotto questo profilo stiamo lavorando molto per potenziare il sostegno psicologico e cogliere i segnali di allarme di queste fragilità. Il sovraffollamento è problema altrettanto grave, ma non è certo di oggi. Non va dimenticato, poi, che più di un terzo dei detenuti è costituito da immigrati senza lavoro e questo è un dato oggettivo che va studiato senza pregiudizi”.

 

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