[ Leggi dalla fonte originale]
BOLOGNA – Ieri era il suo compleanno. Ma Vincenzo Gualzetti, il papà di Chiara, la ragazza di quindici anni uccisa a Monteveglio il 27 giugno del 2021, ha passato una parte della sua domenica mattina dai carabinieri per fare denuncia. Ai militari ha mostrato foto e video pubblicati sui social da un giovane detenuto del carcere minorile del Pratello. Ha fatto leggere ai militari un messaggio “offensivo” nei confronti della figlia, scritto su Instagram. E ha parlato di un’altra cosa lo ha lasciato senza fiato: il selfie che quel ragazzo ha postato insieme all’imputato per l’omicidio di Chiara, intento a fare con le dita il gesto ” V” di vittoria.
Un’immagine corredata dalla scritta “killer” e da un cuore. Una storia delicata che si trascina dietro troppe domande – a partire dal come sono stati realizzati quegli scatti – destinata a finire sul tavolo della procura dei minori.
Venerdì scorso una perizia disposta dal tribunale ritiene il ragazzo di Monteveglio pienamente capace di intendere e di volere e dunque processabile. Il giorno dopo, sul suo profilo Instagram, da mesi bersagliato dagli insulti, un utente gli augura senza filtri di rimanere in carcere a lungo. Ma è la risposta a quel commento a stupire. La scrive una persona che chiameremo C.: ” Fatevi i c…. vostri, non sapete niente. Se avete le palle entrate qua da noi in carcere. Siete bravi a giudicare ma non sapete niente. Se sei così depressa da chiedere una uno (forse voleva scrivere ” a uno”, ndr) di ammazzarti, c… tuoi ” .
Una frase che fa male a Gualzetti. “È evidente che parlava di Chiara – denuncia – quella risposta è offensiva”. Perché allude al fatto che la giovane abbia chiesto aiuto a qualcuno per morire, quella domenica mattina di un anno fa, a pochi passi da casa. Quando il ragazzo di cui si fidava la uccise a coltellate in un parco. Sulla stessa pagina, c’è anche un altro commento, scritto da P.: “Si si parlate, ci stiamo facendo una bella galera”. Seguono altri cuori.
Ma è l’account Instagram di C. a riservare nuove sorprese. Nelle scorse ore il ragazzo pubblica delle “storie”, adesso scomparse perché “a tempo”. La prima immortala due giovani detenuti dietro le sbarre seduti sui rispettivi letti, i ventilatori a fianco, le grate alle finestre. Nelle stesse ore posta un’altra foto sulla quale scrive “Manca sempre meno”, forse alludendo alla fine del periodo di detenzione.
Nella memoria della sua pagina sono custoditi anche dei video, tuttora visibili. Il primo è di tre mesi fa, mostra i corridoi e le inferriate ed è corredato dalla scritta “Via del Pratello” (la strada dove si trova il carcere). Poi altri filmati tra due settimane e tre giorni fa, nei quali appare con un altro ragazzo. Come sottofondo, sempre una canzone.
Infine il selfie di venerdì scorso. Quello che Vincenzo Gualzetti definisce “oltraggioso”. L’immagine è in bianco e nero, sullo sfondo si vedono delle sbarre, C. è in primo piano. Alla sua sinistra, in posa, il diciassettenne in carcere per avere ucciso Chiara. Un lontano accenno di sorriso sulle labbra, la mano che forma una ” V”. La foto non può rivelare se il giovane di Monteveglio fosse in quel momento consapevole del fatto che il selfie sarebbe finito sui social. Anzi, è possibile che ne fosse del tutto ignaro. Anche perché, a parte la posa discutibile, sull’account di C. compaiono l’immagine e la scritta ” killer”, seguita da un cuore rosso.
Gualzetti non si dà pace. “Sabato ero a casa, qualcuno mi ha girato gli screenshoot. Sono andato dai carabinieri perché ritengo offensive le cose che sono state pubblicate. Non mi pare normale che dei detenuti possano avere i cellulari e possano pubblicare quello che vogliono sui social. C’è una persona in galera che pubblica un commento del genere, che dice” se una persona è depressa e vuole morire, cazzi suoi”. E l’assassino di mia figlia che fa la “V” di vittoria, con quella scritta e il cuore. Le foto mi sembrano inequivocabili, penso che faranno subito le indagini. Mi auguro vengano presi provvedimenti disciplinari severi, visto quel messaggio pubblicato sui social. È un’offesa, non trovo altre parole”.
Dopo la denuncia, la palla passerà adesso ai magistrati che dovranno chiarire cos’è successo tra le mura del Pratello anche dal punto di vista della sicurezza. Bisognerà capire come le foto e i video sono stati scattati. Se con un cellulare o con un altro dispositivo elettronico, per esempio uno dei tablet a disposizione dei detenuti dell’Istituto autorizzati per fare le videochiamate con i parenti. Usato, in questo caso, nel peggiore dei modi.
La super perizia del tribunale resa nota venerdì rappresenta intanto uno degli snodi cruciali del processo per la morte di Chiara Gualzetti. Proprio domani è attesa un’udienza nelle aule di giustizia di via del Pratello. “Tra cinque giorni mia figlia avrebbe compiuto diciassette anni – dice il padre, nell’unico momento in cui la sua voce si incrina – lo festeggiavamo sempre assieme”.