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PADOVA – Si è tolto la vita dopo essere stato licenziato dell’azienda per cui aveva lavorato 27 anni per un asserito danno di 280 euro provocato involontariamente. E, oltre alla tragedia, anche la beffa durante il suo funerale. Di fronte alle “rimostranze” in chiesa di una collega che lamentava le complicate condizioni di lavoro, il parroco l’ha interrotta e zittita con queste parole: “Non siamo un sindacato”.
La tragedia
Qualche settimana fa un 55enne di Piove di Sacco (Padova) che lavorava alla Metro, nella catena specializzata nel commercio all’ingrosso, a Marghera, aveva ricevuto prima una contestazione disciplinare e poi la lettera di licenziamento con l’accusa di aver agevolato qualche cliente storico per le spese di trasporto della merce, senza aver riscosso il dovuto. L’uomo era in attesa di un nuovo incontro con la direzione dell’azienda dopo la decisione drastica, ma non ha retto alla delusione e si è tolto la vita.
La polemica alle esequie
Una collega, Piera Meneghetti, delegata della Cgil, ricordandolo durante le esequie, è stata però interrotta nella lettura di una lettera dal prete che stava conducendo la funzione, don Carlo Pampalon: «Qui non siamo al sindacato, parli solo di lui, se vuole ricordarlo». La lettera, letta dal pulpito, diceva questo: “Il tuo ricordo è legato ai momenti più belli e spensierati della nostra famiglia Metro perché davvero eravamo una famiglia. L’azienda nei confronti di un dipendente diventa responsabile di quella vita e deve prendersi cura delle persone in quanto esseri umani che hanno bisogno di protezione, di sentirsi importanti e parte integrante di un sistema, piuttosto che risorse da sfruttare e sacrificare in nome del dio denaro”. L’interruzione del parroco non è piaciuta ai colleghi intervenuti per dare l’ultimo saluto al 55enne che hanno lasciato la chiesa doppiamente amareggiati.