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PADOVA – Il sorriso di Cloe compare nell’arcobaleno dei diritti, quando sul palco del Pride Village di Padova sale il parlamentare dem Alessandro Zan. Tanto è stato fatto, ma tanto altro c’è ancora da fare, a partire da una nuova battaglia per l’approvazione in Parlamento la legge contro l’omotransfobia. “La battaglia riguarda tutti, ora lo dobbiamo anche per ricordare e omaggiare Cloe Bianco e la sua memoria”, dice Zan parlando di diritti in grado di alzare la qualità della democrazia. Il processo di emancipazione della società passa anche attraverso la storia delle persone, a maggior ragione quando si parla di persone che per il loro modo di essere stentano a trovare una collocazione.
“Il caso di Cloe Bianco ci riguarda tutti” ha puntualizzato il parlamentare del Pd che da sempre si batte per i diritti del movimento Lgbt. “E’ stata emarginata dalle istituzioni, ma siamo responsabili anche tutti noi per il fatto che alcune persone, per la propria identità e per come sono, vengono ancora derise, umiliate, ferite, fatte oggetto di violenza, emarginate, escluse. Ci sono però responsabilità maggiori”. E questa è l’introduzione alla polemica politica che ormai da giorni tiene banco, ancora una volta per le posizioni espresse dall’assessora regionale del Veneto, l’esponente di Fratelli d’Italia Elena Donazzan. “Chi ricopre un ruolo nelle istituzioni, quando lancia dei messaggi d’odio, ha un effetto nefasto perché gli odiatori del Paese si sentono autorizzati a perseverare. L’applauso in Parlamento, quell’urlo da stadio lanciato dopo aver fermato una legge di civiltà, è stato un lasciapassare per gli omofobi e per i violenti di questo paese. Lungi da me trovare correlazioni tra la scelta di togliersi la vita di Cloe Bianco e l’assessora Donazzan. Però è stata lei a definirla una persona che si deve vergognare e che deve lasciare l’insegnamento, è stata lei a mandare gli ispettori e a fare pressioni politiche perché lasciasse l’insegnamento, appellandola ancora al maschile. Ecco, tutto questo è inaccettabile se si pensa che si tratta dell’assessora alle Pari opportunità di una regione con 5 milioni di abitanti”.
Torna, dunque, ancora una volta il tema della rete di contenimento sociale per queste persone. A Padova uno dei centri di aiuto è stato dedicato a Mariasilvia Spolato, la prima donna lesbica dichiarata in Italia nel 1972: una padovana. “Anche lei, insegnante, perse il posto di lavoro” racconta Zan, tracciando un parallelo con il caso della prof trovata morta nella sua roulotte bruciata in un bosco tra Auronzo e Misurina. “Mariasilvia Spolato non si suicidò ma morì in povertà, senza un’occupazione. Ecco perché dobbiamo farci carico tutti di queste situazioni, accogliere queste persone. Ne va della qualità della nostra democrazia”.