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di Antonella Paglicci
Siamo in recessione. Anche sessuale, e non solo per un fatto di età, preoccupazioni generali o mancanza di possibilità. Opportunità ce ne sono fin troppe, e per tutte le inclinazioni, solo che dalla fantasia non si passa alla pratica. Questa tesi, sorprendente nella società della libertà a 360 gradi, emerge dall’ultimo libro di Luigi Zoja Il declino del desiderio. Perché il mondo sta rinunciando al sesso (Einaudi, 17€), dove lo psicoanalista italiano affronta un “problema” neanche tanto strisciante nelle nuove leve: ragazzi apatici, se non rinunciatari di fronte alla soddisfazione di un contatto intimo in carne e ossa. Come se si fossero dimenticati dell’erotismo, testimoniano numerose ricerche internazionali. Un fenomeno che ci spiega in questa intervista.
Professor Zoja, viviamo in un mondo sempre più aperto, eppure lei dedica un intero libro al tramonto della sessualità… Non è una contraddizione?
No, se consideriamo due aspetti della questione di cui si parla poco. Durante il XX secolo, il sesso è stato liberato da divieti, norme e costrizioni. Perciò, almeno nei Paesi sviluppati, praticamente non ha più problemi di libertà negativa. C’è un “ma”, che complica tutto: ancora non gode di libertà positiva, in quanto è ingabbiato nei modelli culturali prevalenti. Quelli che derivano dalla televisione e dai social. In poche parole, i giovani hanno infinite opportunità di scelta che però finiscono per essere limitate, se non annullate dal condizionamento della Rete.
Ma noi pensavamo che ormai ognuno, tra le lenzuola, fosse libero di esprimersi come meglio preferiva…
Il Novecento è stato il trionfo della sessualità in senso laico, un’attività naturale simile a mangiare o camminare. Tuttavia, a differenza di altre azioni fisiologiche, ha una componente psicologica che la sottende: è pur sempre un processo interiore i cui risultati si vedono all’esterno. Negli stili di vita attuali ci siamo dimenticati di tutto questo, abbiamo scisso il corpo dalla psiche, per fare diventare l’erotismo un bene esteriore, da esibire in quanto tale.
A cosa è dovuta questa scissione?
Fino a qualche decennio fa, la maturità sessuale avveniva generalmente per gradi e si sviluppava in contenitori come la famiglia, la scuola, in alcuni casi la Chiesa. C’erano delle censure, degli ostacoli alla soddisfazione dei sensi ma i binari erano fissi, precostituiti e, come tali, incanalavano lo sviluppo sessuale dei più giovani. Oggi non ci sono più modelli adulti di riferimento. La formazione “erotica” dei ragazzi passa attraverso l’hi-tech, dove il desiderio umano è fatto a pezzi.
La connessione non amplifica le opportunità d’incontro?
Il problema è che ora l’incontro con l’altro e, perciò, con il proprio desiderio, si è smaterializzato e spersonalizzato. Non avviene più guardandosi l’uno con l’altro (“mi piace il tuo corpo e a te il mio”) ma attraverso le immagini che appaiono sullo smartphone. Dove la fanno da padrone foto e video di personaggi belli, ricchi e famosi, apparentemente raggiungibili ma di fatto inaccessibili. A generare ancora più sbandamento sono i miliardi di immagini pornografiche che popolano il web, piene di filmati di maschi in perenne erezione e femminine sottomesse e consenzienti a ogni genere di pratica. Il virtuale, insomma, propone ai giovanissimi una dimensione erotica “artificiale” in cui i possibili partner sono uomini e donne perfette, in cui l’atto sessuale è esagerato nelle sue manifestazioni.
Il contraccolpo qual è?
I teenager si convincono che l’intimità sia fatta di amanti e prestazioni iperboliche che, in verità, è impensabile tradurre in comportamenti reali. Avvertono, quindi, la contraddizione fra ciò che credono e quello che realmente possono fare. È un gap che genera senso d’inadeguatezza, ansia, frustrazione. Paura, in una parola. Questa è la molla che li spinge a ritirarsi dalla sessualità vissuta, e non solo fantasticata.
L’età del primo rapporto si allontana sempre di più, dicono i numeri…
Sì, almeno nei Paesi sviluppati. Nessun giovane può dire, oggi: “non posso fare sesso” in quanto l’epoca della censura è tramontata da un bel pezzo. Ma per aggirare il timore di non essere all’altezza delle aspettative, rinvia il momento dell’iniziazione, raccontandosi che prima deve decidere se è etero o gay. Qui, è concentrato il paradosso dei nostri tempi: il dubbio di avere un orientamento o un altro è scevro da tabù, ma in realtà questa occasione incensurata di scelta resta lettera morta. C’è una libertà nominale, tanto sbandierata, di essere come si vuole (etero, omo, bisex, trans…) quando in concreto si è schiavi di un modello sessuale consumistico che, di fatto, ci sembra terribile. E in quanto tale da dribblare.
Il crepuscolo della passionalità interessa anche gli adulti?
In forma diversa. I quarantenni, cinquantenni di oggi hanno avuto un approccio reale con la sessualità, anche se si è persa l’importanza dell’intimità nella coppia. Fare l’amore non è più un luogo essenziale per la manutenzione del legame, è secondario alla stanchezza da super lavoro e all’obiettivo di raggiungere un maggiore benessere economico per i propri figli. Viene dopo tutto.
Altre conseguenze?
Ci siamo illusi che aumentando le opzioni diventasse più facile scegliere quando, in realtà, si è creata solo una grande confusione. L’erotismo, ormai, è un prodotto scaduto, forse per il troppo abuso. Penso agli appuntamenti su Tinder: abbiamo dato potere a un’app di programmare i nostri incontri erotici. Ma così si sono svuotati di significato, trasformati in un bene poco appetibile. Se sappiamo già a priori cosa aspettarci dall’altro, prevale solo la fretta di concludere. E il sesso si riduce a una pura meccanica dei corpi. Senza relazione.
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