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Presidenzialismo, ecco la proposta del centrodestra: capo dello Stato eletto dai cittadini e alla guida del governo

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Un presidente della Repubblica eletto ogni cinque anni dai cittadini, che presiede il Consiglio dei ministri e può revocare i ministri. Ecco il presidenzialismo targato Fratelli d’Italia, come emerge dalla proposta di legge a firma Giorgia Meloni presentata nella legislatura che sta per terminare e bocciata a maggio in Aula alla Camera. Promette di essere la base di lavoro per la riforma che il centrodestra vuole approvare dopo le elezioni e che secondo Silvio Berlusconi avrebbe come conseguenza le dimissioni di Sergio Mattarella per permettere al nuovo sistema di essere applicato.

Il programma di coalizione, approvato ieri dai leader, alla voce riforme recita generico: “Elezione diretta del presidente della Repubblica”. Ma nella proposta di legge di riforma costituzionale depositata da FdI alla Camera e al Senato c’è molto di più. Un sistema molto diverso dal sistema parlamentare che ha segnato la storia della Repubblica italiana dalla sua nascita. Per l’esattezza, una forma di “semipresidenzialismo” più vicino al modello francese che a quello americano, dal momento che conserva una figura di primo ministro e un governo sottoposto a fiducia delle Camere. L’obiettivo dichiarato è garantire maggiore stabilità istituzionale e una “democrazia decidente”. Ma, mettono in guardia diversi costituzionalisti, potrebbe avere un effetto molto diverso, destabilizzante.

L’elezione diretta

Oggi il presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato dai rappresentanti degli enti locali. FdI propone l’elezione diretta del capo dello Stato, con la possibilità di candidarsi a partire dai 40 anni di età (oggi gli anni sono 50) e svolgere un mandato di cinque anni (oggi sono sette) con possibilità di essere rieletti una volta sola. Una legge poi dovrebbe essere introdotta per “evitare conflitti tra gli interessi privati di chi ricopre l’ufficio di presidente della Repubblica e gli interessi pubblici”.

Secondo la proposta di FdI sarebbe il presidente del Senato a indire l’elezione e le candidature potrebbero essere presentate da un gruppo parlamentare, da duecentomila elettori o da gruppi di parlamentari, europarlamentari, consiglieri regionali. Una legge dovrebbe regolare finanziamenti della campagna elettorale e la par condicio tv. Sarebbe eletto chi ottiene il 50% + 1 dei voti validi, al primo turno o al ballottaggio tra i due più votati al primo turno.

I poteri

Nel sistema attuale il presidente della Repubblica, che è il capo dello Stato, è la massima figura di garanzia. Nel disegno di FdI continuerebbe a “rappresentare l’unità della Nazione” e ne garantirebbe “l’indipendenza”, vigilerebbe sul rispetto della Costituzione. Ma il suo ruolo non sarebbe più separato da quello del governo, anche se continuerebbe ad avere il potere di sciogliere le Camere. Non presiederebbe più il Consiglio superiore della magistratura, che sarebbe guidata dal primo presidente della Corte di Cassazione. Avrebbe il comando delle forze armate, come adesso. In più rappresenterebbe l’Italia “in sede internazionale ed europea”.

Il governo

Nel sistema proposto da Fratelli d’Italia il presidente del Consiglio sarebbe una figura molto ridimensionata rispetto al capo dello Stato. “Il presidente della Repubblica – si legge infatti nella proposta di legge costituzionale – dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri, con il concorso del primo ministro». Dunque ci sarebbe un “primo ministro” ma sarebbe il capo dello Stato a presiedere il Consiglio dei ministri, a nominare il primo ministro e poter nominare e revocare i ministri.

La sfiducia costruttiva

Altra novità sarebbe l’istituto della cosiddetta sfiducia costruttiva. Cosa prevede? Che ciascuna Camera possa votare la sfiducia al governo, a maggioranza assoluta, ma solo indicando la persona alla quale il presidente della Repubblica debba conferire l’incarico di primo ministro al posto di quello sfiduciato. Nessuna sfiducia è possibile invece al capo dello Stato, che è eletto dai cittadini.

Le critiche

Gustavo Zagrebelsky, maestro del diritto costituzionale ed ex presidente della Consulta, ha espresso a Repubblica un giudizio molto severo sul progetto del centrodestra: “Il presidenzialismo proposto da Giorgia Meloni potrebbe tradursi in un regime autoritario sul genere di quello di Orbán, dove il presidente della Repubblica perde il ruolo di garante della Costituzione perché non è più una figura super partes. E sotto il suo potere – o sotto il potere del Partito del Presidente – il Parlamento rischierebbe di rimanere schiacciato, in una condizione di ricatto permanente”.

La principale critica rivolta alla riforma costituzionale firmata da Meloni è in effetti quella di alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, opponendosi alla proposta di FdI in Aula alla Camera ha ricordato la posizione del presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, secondo cui l’elezione diretta del presidente della Repubblica si può fare, ma richiede una revisione organica della Seconda parte della Costituzione. Ma c’è di più, secondo Ceccanti: l’effetto della proposta di FdI, basata su un bricolage tra modello semipresidenziale francese e modello parlamentare tedesco sarebbe creare conflitti e incertezze, l’opposto di quanto dichiarato, perché “si pretende di eleggere il presidente della Repubblica, ma di far derivare il governo da due Camere diverse con la sfiducia costruttiva, per cui le due Camere voterebbero, con la sfiducia costruttiva, un governo contro il presidente”. Più in generale, però, secondo il deputato Dem, nel rilancio di oggi di Berlusconi non c’è tanto la volontà di indicare una precisa riforma, ma di intimorire il presidente in carica Mattarella, descrivendolo come il frutto di un equilibrio politico parlamentare superato dalle nuove elezioni “invitandolo anzitempo a non esercitare nessun ruolo di garanzia rispetto alla possibile nuova maggioranza di destra”: “Si tratta di indebolire il Presidente in carica, non di rafforzarne uno futuro eletto direttamente”.

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