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Prevenzione: come mantenere la prostata in salute

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Il principale tallone d’Achille maschile è sicuramente la prostata, una ghiandola che pesa circa 20 grammi e serve a produrre il liquido prostatico, un importante componente del liquido seminale, che contiene gli elementi necessari a nutrire e trasportare gli spermatozoi.

Anche la prostata può ammalarsi e manifestare tre tipologie di problemi, come le prostatiti (cioè infiammazioni croniche o acute, di origine batterica o non batterica). Di seguito parliamo in particolare di che cos’è e come si cura l’ipertrofia prostatica benigna (caratterizzata da un aumento di volume della ghiandola) e di cosa fare per prevenire i tumori.

IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA

«La patologia più diffusa è l’ipertrofia prostatica benigna, caratterizzata dall’aumento di volume della prostata, che si ingrossa e comprime un tratto di uretra, il canale che collega la vescica con l’esterno, permettendo il deflusso dell’urina», spiega il professor Luca Carmignani, responsabile dell’Unità di Urologia dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano e membro del Comitato scientifico di Fondazione Veronesi.

I sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna

Questo problema interessa almeno 6 milioni di italiani e rappresenta un “destino” per circa l’80 per cento degli uomini, che prima o poi si confrontano con una sintomatologia piuttosto comune:

riduzione del flusso urinario, che diventa debole, sottile, talvolta intermittente o seguito dalla sensazione di non aver svuotato completamente la vescica;continui risvegli notturni, dovuti all’aumentato bisogno di urinare durante la notte;urgenza di recarsi al bagno, perché viene meno la capacità di procrastinare la minzione dopo il primo stimolo.

Si tratta della cosiddetta urgenza minzionale, da non confondere con l’incontinenza. «Ciascuno di questi sintomi è il campanello d’allarme di qualcosa che si sta modificando nella propria anatomia, per cui una visita urologica è fondamentale per migliorare la qualità di vita ma anche per escludere altre malattie o alterazioni che possono causare sintomi analoghi», commenta il professor Carmignani.

Tra l’altro, se non viene opportunamente trattata, l’ipertrofia prostatica benigna può essere progressiva al punto che le dimensioni della prostata possono arrivare a superare anche di due o tre volte quelle normali, fino a raggiungere la grandezza di un mandarino, causando una serie di problemi, come infezioni, diverticoli vescicali e sanguinamento nelle urine.

Cosa fare: importante una valutazione dall’urologo

Di fronte a un sospetto diagnostico, l’urologo ha diversi strumenti a disposizione: «Il primo è una anamnesi accurata, cioè la raccolta di tutti i dati possibili per ricostruire la storia clinica del paziente e per definire la sintomatologia, a cui può seguire una visita con esplorazione rettale per palpare la ghiandola e valutarne consistenza, dimensioni e l’eventuale presenza di noduli», illustra l’esperto.

Un altro esame molto valido (e non invasivo) è l’uroflussometria, che consente di misurare la potenza del flusso urinario: consiste semplicemente nell’urinare in un contenitore che “legge” la portata del getto e la traduce in numeri che sono molto utili per lo specialista ai fini della diagnosi.

«In alcuni casi possono essere prescritti anche il dosaggio nel sangue del marcatore PSA, il cui incremento anomalo può segnalare un problema della prostata, tumori compresi, e un’ecografia dell’addome, con cui si ottengono informazioni affidabili sul volume della prostata, sullo stato della vescica e anche sui reni».

Terapie innovative per l’ipertrofia prostatica benigna

In fase iniziale, la terapia dell’ipertrofia benigna è essenzialmente farmacologica: ci sono integratori alimentari (pubblicizzati anche in TV) a base di Serenoa repens o altri estratti vegetali, che favoriscono la funzionalità della prostata e delle vie urinarie senza effetti collaterali, oppure veri e propri farmaci sintomatici – detti alfa-litici – che vanno assunti a vita ma talvolta sono sufficienti per migliorare la qualità di vita.

«I secondi possono determinare la scomparsa dell’eiaculazione, un fenomeno reversibile nel caso in cui si sospenda la terapia ma che può infastidire alcuni uomini, mentre non comportano altre problematiche relative alla sessualità né rischi di disfunzione erettile».

Nel caso in cui il paziente non risponda a questi trattamenti oppure la sintomatologia diventi troppo pesante, diventa necessario asportare chirurgicamente il tessuto in eccesso. Da qualche anno, la chirurgia a cielo aperto è stata quasi del tutto soppiantata da quella laser, che consente di “polverizzare” e asportare il tessuto con precisione millimetrica, rispettando le zone circostanti. «Anziché tagliare l’addome, si passa dalle vie naturali, cioè dall’uretra maschile, per raggiungere la prostata con un sottile cistoscopio dotato di fibra laser che vaporizza l’area interessata senza provocare sanguinamento, preservando la virilità e la continenza urinaria, con un ricovero di una o due notti e un più rapido recupero post-operatorio». Questo approccio – effettuato in anestesia spinale – è assolutamente mininvasivo ed è indicato anche nei pazienti più fragili (cardiopatici, con disturbi della coagulazione o poli-patologici), difficilmente operabili con altre metodiche.

Visite periodiche. Esiste una prevenzione?

La corretta alimentazione è un punto di partenza fondamentale, perché diversi studi hanno dimostrato che la sindrome metabolica (caratterizzata da iperglicemia, ipertensione, eccesso di grasso addominale e alti livelli di trigliceridi nel sangue) determina uno squilibrio che favorisce l’insorgenza dell’ipertrofia prostatica benigna.

«Fondamentale è soprattutto uno screening periodico, a partire dai 50 anni per tutti oppure già dai 45 in caso di familiarità per problematiche prostatiche». Meglio anticipare qualora si avvertano bruciore o fastidio durante la minzione: potrebbe trattarsi di prostatite, un’infiammazione a carico della ghiandola che interessa prevalentemente gli uomini sotto i cinquant’anni di età. «La pandemia ha accentuato questi problemi a causa della vita più sedentaria, un importante fattore di rischio».

IL TUMORE DELLA PROSTATA

Ma un check-up periodo può scongiurare anche il rischio di tumore alla prostata, la neoplasia più diffusa nella popolazione maschile, caratterizzato da un lungo periodo di latenza ma con ottime probabilità di guarigione se identificato precocemente.

La probabilità di ammalarsi aumenta con l’età, infatti questa patologia colpisce soprattutto gli uomini dopo i 50 anni, ma altri fattori di rischio predisponenti sono familiarità, alcune condizioni genetiche peraltro rare, elevati livelli di androgeni nel sangue, obesità e consumo eccessivo di carni e formaggi.

«Nella maggior parte dei casi, i sintomi più comuni sono del tutto sovrapponibili a quelli dell’ipertrofia prostatica benigna, per cui rischiano di essere sottovalutati», avverte Carmignani. Eppure, intervenire tempestivamente permette di lottare ad armi pari contro questa forma di tumore.

In alcuni casi, soprattutto per i pazienti anziani o con altre malattie gravi, si può scegliere di attuare una sorveglianza attiva, che non prevede alcun trattamento fino alla comparsa di sintomi, ma solo controlli frequenti che permettono di monitorare l’evoluzione della malattia, mentre in altri casi si può decidere la rimozione dell’intera ghiandola e dei linfonodi vicini.

In stadio metastatico, invece, a differenza di quanto accade in altri tumori, la chemioterapia non è il trattamento di prima scelta e si preferisce la terapia ormonale con l’obiettivo di ridurre il livello di testosterone, ormone maschile che stimola la crescita delle cellule del tumore della prostata.

IL progetto della Fondazione Veronesi per la prevenzione

Fra le iniziative che puntano l’attenzione sull’importanza della prevenzione “azzurra” c’è SAM – Salute al Maschile, il progetto della Fondazione Umberto Veronesi dedicato alla lotta ai tumori maschili e alla tutela della salute degli uomini.

L’obiettivo è sensibilizzare attraverso la conoscenza delle malattie che possono colpirli, dall’adolescenza all’età adulta, sino alla maturità e alla terza età, facendo informazione sul tema e sostenendo in modo concreto la ricerca per supportare medici e ricercatori che lavorano per trovare nuovi metodi di diagnosi precoce e nuove combinazioni terapeutiche per le malattie tipicamente maschili.

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