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Processo agli eco-attivisti dei Musei Vaticani: “Non abbiamo mai avuto intenzione di rovinare il Laocoonte”

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“Non c’era nessuna intenzione di danneggiare l’opera”. I due eco-attivisti del movimento “Ultima generazione” che lo scorso 18 agosto hanno incollato le mani al basamento di marmo del Laocoonte, ai Musei Vaticani, sono comparsi oggi nel tribunale vaticano. Nel corso dell’udienza è emerso che il restauro è stato più veloce ed è costato meno del previsto. Il prossimo 12 giugno è prevista la sentenza.

Sul banco degli imputati erano presenti Ester Goffi, 26 anni, e Guido Viero, 61, che la mattina del 18 agosto del 2002 incollarono le mani con “adesivo sintetico particolarmente tenace e corrosivo”, secondo la citazione in giudizio, al basamento della statua. Se il Laocoonte è databile intorno al 40 avanti Cristo, il basamento, è emerso oggi in udienza, è ben più recente. Con i due era presente una terza attivista, Laura Zorzini, oggi assente, che ha fotografato e ripreso col cellulare i due compagni. Il cellulare fu sequestrato e le immagini cancellate.

Le possibili sanzioni

Dopo una prima udienza lampo lo scorso marzo, alla quale gli imputati non si erano presentati, oggi i due eco-attivsti erano in aula per difendere le proprie ragioni dinanzi al presidente del tribunale Giuseppe Pignatone. “Avevamo preso informazioni sulla colla, ci hanno detto che si toglie facilmente con l’acetone”, ha spiegato Viero: “Non pensavamo assolutamente di recare un danno”. Goffi, a sua volta, due lauree in storia dell’arte, ha spiegato che “il danneggiamento dell’opera è sempre stato escluso nelle nostre azioni”.

I tre eco-attivisti sono accusati di danneggiamento “di monumento pubblico di inestimabile valore storico-artistico”. L’ordinamento vaticano prevede per questo reato la reclusione da un mese a tre anni e una multa fino a 3.099 euro. Inoltre viene loro imputata la mancata osservanza dell’ordine della gendarmeria di seguirli negli uffici, e rischiano l’arresto fino a un mese o un’ammenda tra 21 e 310 euro, prevista per “chiunque trasgredisce a un ordine legalmente dato dall’autorità competente”.

“Abbiamo lavorato meno del previsto”

In una memoria difensiva, gli attivisti hanno scritto che la colla utilizzata si può togliere facilmente con l’acetone “di cui eravamo in possesso, proprio per essere in grado di liberarci autonomamente”, ed hanno sottolineato di aver appoggiato le mani sul basamento di marmo e non sulla statua, proprio perché “di quest’ultima è sempre stata riconosciuto l’inestimabile valore storico-artistico e non vi si voleva nuocere in alcun modo”. Sullo stesso basamento, hanno scritto, sono incollati due QR code per le audioguide.

Secondo una iniziale relazione tecnica dei Musei Vaticani, le spese per la riparazione ammontano ad oltre 15 mila euro. Convocato come testimone, Guy Devreux, direttore del laboratorio per il restauro dei marmi e calchi, ha reso noto oggi che “abbiamo lavorato meno del previsto”, ossia “una settimana”, e “con un importo inferiore”, perché “ci è stato chiesto di fare un lavoro rapido per evitare di toglierla alla visione dei turisti”. Il restauro è stato dunque un “intervento pittorico” sulla parte corrosa del marmo per riportarla al “colore dell’insieme”. Il danno finale, però, potrebbe dunque essere “permanente”, secondo l’esperto, che ha poi precisato che il basamento “è parte integrante dell’opera e va curata esattamente nello stesso modo”, per quanto sia probabilmente del 1956, o al massimo del 1815. Devreux ha altresì precisato che il QR code e ogni altra etichetta è applicata alle opere “con adesivo rimovibile e non con colla cianoacrilica” come quella utilizzata dagli eco-attivisti.

Un dilemma per Francesco

Il processo rappresenta un dilemma per il tribunale del Papa che ha scritto l’enciclica Laudato si’, e che ha più volte incoraggiato le manifestazioni dei giovani per sensibilizzare l’opinione pubblica sul cambiamento climatico.

“Vorrei ricordare che oggi è un giorno di lutto perché in Italia si commemorano 14 vittime annegate nel fango“, ha dichiarato Viero, che ha spiegato il perché della scelta dell’opera: “Secondo il mito il Laocoonte cercò di avvertire i propri cittadini della sventura che poteva capitare e non fu preso in considerazione. Anche noi cerchiamo di aprire gli occhi. Un gendarme mi chiese se non mi vergognavo per quello che stavo facendo: ho una figlia e una nipote, io non mi vergogno, mi sento responsabile verso di loro, cosa che non fa lo Stato italiano”.

A questo proposito Giuseppe Pignatone ha chiesto agli attivisti se lo Stato Vaticano è stato scelto per la loro manifestazione, indirizzata in realtà all’Italia, per ottenere risalto mediatico: “Sì, per avere risalto mediatico”, ha risposto Viero. “Dobbiamo far capire la situazione con l’urgenza che merita”. Il presidente del tribunale ha chiesto ai Musei Vaticani di depositare entro una settimana la valutazione della spesa sostenuta per il restauro ed ha aggiornato il processo al 12 giugno per la sentenza.

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