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Si cercano nel telefono della quattordicenne a cui il 23 settembre un professore dell’istituto Majorana ha messo una nota che gli è costata un’aggressione le prove che l’episodio sia scaturito da una punizione voluta in ambito familiare. Lo smartphone è stato sequestrato dalla Polizia nell’ambito dell’inchiesta che due giorni fa ha fatto finire agli arresti domiciliari il 34enne T. V., padre della studentessa e con diversi precedenti penali, accusato di lesioni aggravate, minacce a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.
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Il cellulare dell’uomo, invece, non è stato trovato, perché si sarebbe rotto pochi giorni prima della perquisizione disposta dal pm Gaetano De Bari. Se si tratti di una concidenza lo accerteranno le indagini, insieme con i tanti punti ancora poco chiari di una vicenda che era finita anche al vaglio dell’Ufficio scolastico regionale. Troppo grave il fatto che una persona estranea alla scuola si sia introdotta in un’aula durante le ore di lezione e abbia schiaffeggiato impunemente un professore.
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E gravi anche le dichiarazioni della preside, Paola Petruzzelli, che ha gettato pubblicamente sospetti su possibili comportamenti poco consoni del docente nei confronti di alcune allieve. Stando a quanto emerso finora, in realtà, le accuse rivolte al prof di diritto potrebbero essere state costruite ad arte dalla studentessa redarguita e da alcune compagne, per giustificare il successivo intervento violento. In merito alcune testimoni sono state già ascoltate dalla Polizia, ma presto saranno sentite anche dal magistrato con l’ausilio degli psicologi.
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Tra loro ci sarà anche la ragazzina che secondo il professore disturbava la lezione e che ai compagni avrebbe detto “non date retta a quello”. La quattordicenne è nipote di S.F., considerato dalla Dda il referente del clan Strisciuglio nel quartiere San Pio. L’uomo è stato condannato per un omicidio ed è indagato per un altro che avrebbe ordinato dal carcere. La famiglia, dunque, è temuta e rispettata. E forse proprio a questo sono collegate bugie e reticenze che sembrano caratterizzare la storia accaduta al Majorana.
Di ” atteggiamenti mafiosi ” , del resto, il professor Enzo Amorese aveva parlato pochi giorni fa, attaccando duramente la preside e il silenzio dei colleghi dopo l’aggressione. La dirigente scolastica è stata recentemente ascoltata come persona informata dei fatti e ha ripetuto quanto aveva già detto la settimana scorsa a favore di telecamere ovvero che il docente di diritto era molto severo e che avrebbe utilizzato dei comportamenti poco adeguati all’utenza della sua scuola. Amorese si era trasferito al Majorana a settembre, dopo molti anni trascorsi a insegnare in un istituto della provincia di Brescia. A riportarlo in Puglia erano state questioni familiari, ma dal giorno dell’aggressione è in malattia. Anche lui dovrà essere interrogato, perché l’inchiesta sta procedendo anche per verificare se siano fondate le accuse rivolte nei suoi confronti.