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Roma – La scalata è appena cominciata. Le prime donne entrate in Accademia a Modena nel 2001 conquistano le stellette di tenente colonnello al comando di un battaglione pronte a far valere il loro ruolo e la loro autorità all’interno di un ambiente ancora fortemente maschile come quello militare. Sono quarantenni, con figli e famiglia, quasi tutte sposate con colleghi con cui condividono gli oneri e le soddisfazioni della vita professionale e familiare. Potendo anzi proprio contare sul supporto dei mariti-colleghi ai quali affidare la cura di casa e figli quando i nuovi totalizzanti impegni di lavoro assunti con il comando impongono loro di mettere in secondo piano il ruolo di madre e moglie.Sono già tre, ma saranno sette entro la fine dell’anno, le donne ufficiali dell’esercito nominate comandante di un battaglione. Il che, tanto per intenderci, significa essere alla guida di un gruppo di lavoro ancora composto per più del 90% di uomini.
La comandante degli alpini
Sara Scala, Michela De Santis e Monica Segat sono già insediate. E proprio l’ultima nomina è quella che colpisce l’immaginario collettivo. Perchè Monica Segat, 43 anni, marito anche lui tenente colonnello degli Alpini e un figlio di 10 anni, originaria di Vittorio Veneto, guiderà un battaglione degli Alpini, il corpo finito sotto accusa per i presunti episodi di molestie denunciati a Rimini durante l’adunata dell’ associazione degli alpini che ora annuncia querele per diffamazione «perchè si è gettato fango sull’intero corpo degli alpini», dice il presidente dell’Associazione Sebastiano Favero. Monica Segat, comunque, andrà a dirigere un reggimento composto da circa 450 militari ben decisa a far valere tutta la sua autorità come qualsiasi comandante, uomo o donna che sia. «Ci vuole convinzione, tenacia e spirito di sacrificio. È stata difficile per tutti, uomini e donne. E non ho mai sentito alcuna differenza di trattamento. Ai miei uomini e donne dirò che devono capire che pretenderò da loro il massimo impegno. Ma allo stesso tempo devono sapere che sarò la prima a mettersi in discussione». La sua carriera in ascesa si incrocerà con quella del marito che invece sta per lasciare un comando di battaglione. E quest’anno avrà più tempo per fare il papà. «Finora ci siamo sempre organizzati e continueremo a farlo. Quest’anno mi sono occupata io di nostro figlio, che è un bambino che si adatta e sa bene chi sono mamma e papà. Ora toccherà a mio marito fare quello che ho fatto io».
Più di 18.000 le donne militari
Parole e storie di vita condivise con le altre due colleghe già insediate, Sara Scala e Michela De Santis. L’avanguardia di un piccolo plotone che, a 23 anni dall’approvazione della legge che ha aperto le Forze armate al genere femminile, conta oggi più di 18.000 presenze nei ruoli militari: la maggior parte proprio nell’Esercito con circa 7.300 unità, seguite da carabinieri, Marina e aereonautica. Con una percentuale ancora bassa, intorno al 7 %. Due generazioni di donne che mirano a farsi largo in un modello, quello militare italiano, che non preclude alle donne alcun tipo di ruolo: pilotano aerei da combattimento, guidano carri armati, maneggiano armi pesanti. E ora mirano anche ai gradi di generale.
Sara Scala: “Così dimostro che una donna può sentirsi realizzata”
Le divise sono state sempre la sua passione ma «se al liceo, mentre suonavo il pianoforte, mi avessero detto che mi sarei buttata giù con un paracadute, non ci avrei mai creduto».Oggi, a 42 anni, un marito anche lui tenente colonnello nell’Esercito e due figlie di 5 e 2 anni, Sara Scala è stata la prima donna in Italia ad essere insediata al comando di un battaglione, il 232esimo Reggimento trasmissioni di Avellino.Come è nata la sua carriera nell’Esercito?«Sono figlia d’arte, mio padre è un ex sottufficiale, faceva l’infermiere professionale nell’Esercito. E a me è sempre piaciuta la sua divisa ma anche la vita dettata dalle regole e l’idea di fare qualcosa di utile nella società. Ho fatto il liceo classico ad Ottaviano e quando fu data la possibilità alle donne di partecipare ai concorsi, ne fui felice e lo feci subito anche se non avevo piena consapevolezza di quello che avrei fatto».Sarà stata dura, prime donne in un ambiente di uomini.«Non è stata una passeggiata, soprattutto dal punto di vista fisico, ma ho vissuto sfide entusiasmanti e anche divertenti. E in Accademia siamo entrati insieme, uomini e donne, e l’abbiamo vissuta insieme tutti come allievi. Non è stata facile per nessuno».Un marito-collega, due bimbe piccole e ora il comando di un battaglione con 350 persone. Come fa? La vita militare non è molto flessibile.«I ritmi serrati mi hanno addestrato a vivere in situazioni di emergenza e ad organizzarmi la vita. Mio marito conosce le difficoltà del lavoro e ci interscambiamo i ruoli».I tanti uomini suoi sottoposti l’hanno accettata?«La prima impressione che ho avuto è un grande rispetto del ruolo. Mi chiamano comandante e non è un atto di servilismo. Ci si confronta ma poi faccio valere la mia autorevolezza».Il suo prossimo obiettivo?«Vivere al massimo e dimostrare alle mie famiglie quanto è importante e possibile per una donna sentirsi realizzata».
Michela De Santis: “Gli uomini mi rispettano. Presto saremo anche generali”
Di uomini e donne da gestire, tra Roma, dove comanda uno dei quattro gruppi tattici dell’operazione Strade sicure, e Cagliari dove è alla guida del battaglione, Michela De Santis ne ha quasi 500. E non ne ha alcuna paura.Anche lei figlia d’arte?«Io no, nessuna divisa in famiglia, ma ho sempre avuto la vocazione. Non so, forse vedendo i film. Da piccola dicevo a mia madre: “Voglio fare il soldato”, senza sapere che in Italia non era possibile. E così quando hanno aperto le donne ho subito fatto il concorso».E ha scelto anche la fanteria.«La regina delle battaglie, una vita da operativa entusiasmante, quello che mi affascinava e che ho continuato a fare per quasi tutte le tappe della mia carriera anche in due missioni in Afghanistan».Anche lei mai nessun problema di discriminazione dai colleghi uomini?«Capisco che può essere difficile da credere, ma è così. Per le donne poter intraprendere la carriera militare è stata una grande conquista. L’Italia è uno dei Paesi che ha aperto più tardi, ma lo ha fatto in modo totale senza alcuna discriminazione. E io credo che la nostra presenza è un modello per i giovani, maschi o femmine che siano».In che senso?«Siamo l’esempio che nonostante siamo mogli e madri siamo in grado di conciliare con un lavoro così totalizzante. Io ho un marito e un bambino di 12 anni, di cui in questo momento si prende più cura il padre. Cerchiamo di essere complementari».Come gestisce il suo rapporto con i colleghi uomini?« Io stessa ho cambiato approccio. Prima, in un’arma molto fisica come la mia, cercavo di tenere gli stessi standard maschili. Poi ho capito che la divesità non è un limite. E adesso i miei sottoposti uomini vivono il mio comando con serenità e con curiosità. Mi portano rispetto».Ambizioni di carriera?«Le donne non hanno limiti, arriveremo alla parte alta della piramide. È solo questione di tempo, ma ci arriveremo».