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ROMA – Berlusconi è come “lo scorpione della favola di Esopo: è quasi sempre l’istinto a guidarlo nei momenti cruciali. Si tratta allora di capire quale sia l’istinto fondamentale che lo guiderà in questo frangente. Se sarà quello del combattente oppure quello del negoziatore”. L’interrogativo posto da Marco Follini fotografa con precisione l’enigma Quirinale. Il Cavaliere, che sembrava ormai destinato ad un lento tramonto, sovrastato dalle fortune elettorali dei suoi alleati, ha riconquistato il centro della scena politica. “Se gli va bene sarà presidente, se gli va male farà il king maker” è l’amara previsione di un ministro dello schieramento avverso. Con effetti a cascata anche sul governo.
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Quasi nessuno crede che avrà i numeri per farcela, ma sia la Lega che il Pd si vanno rassegnando all’idea che l’ex premier voglia andare fino in fondo. Decisivo sarà il vertice del centrodestra atteso in settimana:Salvinivorrà sapere se deve chiarire a Letta e Conte che il centrodestra marcia come un sol uomo sul nome del Cavaliere, come ieri ha detto suRepubblicail vice del CarroccioLorenzo Fontana. Se dunque prevarrà lo spirito del combattente i primi tre scrutini per l’elezione del presidente della Repubblica con il quorum dei due terzi andranno a vuoto, ma dal quarto, quando l’asticella si abbasserà a 505, Berlusconi entrerà in campo. E se mancasse il risultato di poco potrebbe volerci riprovare anche alla quinta votazione.
Intervista
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I pronostici sono quasi tutti negativi. Alla coalizione mancano una cinquantina di voti per eleggerlo e il leader, ieri, è stato messo in guardia da un senatore di lungo corso: “Silvio, i consensi mancanti potrebbero essere di più: devi mettere nel conto un cinque per cento di franchi tiratori”. Berlusconi, al telefono, non ha fatto una piega: “Mi sostieni in questa battaglia?”, ha detto al suo interlocutore, a riprova di quanto ci creda. “Hai letto che il Pd farà cadere il governo se sarai eletto al Colle?”, lo ha incalzato il senatore. “Perché, scusa, se venisse eletto Draghi non cadrebbe lo stesso?”, la risposta lapidaria del Cavaliere. Convinto di poter pescare a pieni mani nel misto, potenziale serbatoio di voti sul mercato. Ma la distanza è molta, e il Covid può solo aumentarla.E “Renzi non voterà Berlusconi”scommettono tanti parlamentari dem, “rischia di non poter più uscire di casa, altro che conferenze internazionali”.
Se dunque il sogno del Cavaliere dovesse evaporare alla quarta o quinta fumata nera sarebbe passata già quasi una settimana (essendoci un solo voto al giorno) e sotto gli occhi del Paese si staglierebbe già l’immagine di un Parlamento incartato e incapace di assolvere al suo compito istituzionale. A quel punto l’ex premier “per recuperare la sconfitta farà lui il nome del nuovo candidato, orientando ancora le scelte del centrodestra” è la previsione che prevale nel Pd. È esattamente quello che Salvini, che si è messo i galloni del generale di brigata, non vuole: è disposto a sostenere il nome di Berlusconi in ossequio alla compattezza della coalizione.
Ma le carte intende darle lui, sino alla fine. In ogni caso, a quel punto, l’anziano tycoon o il capo del Caroccio dovranno fare una proposta nuova: Draghi? Un esponente di centrodestra (Casellati, Moratti, Frattini) o una personalità più trasversale (Casini, Amato, Cartabia)? Nessuno lo sa. Sempre che il Cavaliere non sorprenda ancora un volta e un attimo prima che si apra il sipario, capendo la mal parata, non faccia il beau geste, ritirando la candidatura. Ma proprio in nome del suo sacrificio sarà titolato a contare nella scelta del nome vero da lanciare per il Colle.
Il più forte resta quello di Mario Draghi, ma con sempre più riserve dei partiti della maggioranza. La Lega ormai lo esclude esplicitamente. Goffredo Bettini ha confidato al suo entourage che anche nel Pd cresce l’area di chi ritiene l’ex banchiere un candidato troppo esuberante per il Colle e al tempo stesso considera quasi impossibile pensare ad un nuovo governo guidato da un premier politico.
Inoltre se Draghi riuscirà a traslocare al Quirinale “ogni governo che nascerà dopo di lui sarà morto in partenza” è il leitmotiv dei capannelli in Transatlantico. Bene che vada potrà essere un esecutivo fotocopia, guidato da una figura neutra, per superare l’emergenza Covid e portare il Paese alle elezioni. Ma nella Lega cresce la tentazione dello strappo dopo il voto sul Quirinale. L’insofferenza è dimostrata dalla crescenti critiche verso l’esecutivo: ieri è stata la volta del no di Salvini all’ipotesi di chiudere gli stadi caldeggiata da Palazzo Chigi. “È un governo in affanno, continuare a farne parte senza Draghi sarebbe un suicidio”, racconta un senatore vicino al segretario ma pure amico di Giorgetti.
In questo scenario Berlusconi, dopo il voto per il Colle, dovrà decidere se dire sì ad una maggioranza Ursula o seguirlo verso la crisi. Dipenderà da quanti franchi tiratori ci saranno nel centrodestra contro di lui e quanta voglia avrà di vendicarsi o andare al voto. “Rimaniamo comunque con Matteo”, ha detto ieri al suo senatore. Il futuro della legislatura, dopo la sfida quirinalizia, è appeso a un filo.