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ROMA – All’elenco mancava solo Matteo Salvini. E ieri il leader leghista si è puntualmente accodato a chi auspica (non solo prevede) che Draghi “rimarrà a lungo” alla guida del governo e comunque sino al 2023. Una posizione che segue quella, analoga, espressa negli ultimi due giorni da Luigi Di Maio, Enrico Letta (seppur in modo più velato), Carlo Calenda e soprattutto Silvio Berlusconi. Considerate le posizioni favorevoli alla permanenza di Mario Draghi a Chigi anche di Renzi e dii Leu, il quadro è pressoché completo: l’intera maggioranza non vede come soluzione preferita il trasloco del premier sul Colle.

Quirinale, Martino: “Sette anni al Colle sono peggio di un funerale. Berlusconi? Ha già tante case”

di

Emanuele Lauria

29 Novembre 2021

Non è un dato da poco, anzi è la prima volta che — da quando l’attuale esecutivo ha lasciato i blocchi di partenza — che si verifica tale congiuntura. Questa circostanza da un lato sancisce una nuova spaccatura nel centrodestra: Giorgia Meloni, infatti, si è sempre espressa per l’ascesa di Draghi al Quirinale e per un successivo, immediato, voto anticipato. Nessuna nota ufficiale, ieri, da parte della presidente di Fratelli d’Italia, che pure a livello europeo segna un punto: quasi sicuramente neppure Salvini andrà al vertice di Varsavia del 3 e 4 dicembre, in cui — nei progetti del capo del Carroccio ma non solo — avrebbe dovuto decollare il nuovo gruppo unico della Destra continentale con Orban, Le Pen e i polacchi del Pis di Kacsynski e Morawiecki.

L’incertezza sulle mosse di quest’ultima forza politica, che al momento resta legata a Fdi nel gruppo dei Conservatori, ha spinto Salvini ad annullare il viaggio, salvo novità dell’ultim’ora. Per il gruppo unico della Destra — avversato da Meloni — una battuta d’arresto.

La partita più importante rimane quella del Quirinale: Draghi resta in silenzio perché ritiene che nulla debba dire di un’ipotesi che lui non ha mai avanzato. Significativa, in questo senso, la frase che il premier ha pronunciato davanti ai bambini di Save the Children a Torre Maura: “Non è importante ciò che vuoi diventare, ma ciò che sei in quel momento”. Il primo ministro, questa è la posizione che comunque in questo clima ha un sostanziale politico, è pronto a restare fino al termine della legislatura se è quello che gli chiederanno le forze politiche.

Insondabili i desiderata personali, probabili ragionamenti anche di natura tattica: Draghi sa bene che oggi i leader politici a fatica potrebbero garantirgli l’appoggio compatto dei propri parlamentari, con lo spauracchio delle elezioni anticipate. Di Maio, ad esempio, ha da poco ammesso a un esponente di governo di temere ampie perdite di consensi 5S, al momento di un eventuale voto segreto con Draghi candidato Capo dello Stato.

Ma non è questo il punto: il presidente del Consiglio, vista anche la risalita dei contagi e l’esigenza di spendere i fondi del Pnrr, accetta di proseguire il suo mandato a Chigi ma a una condizione chiara, seppur non esplicitata sinora: che qualsiasi altra scelta per il Colle non spacchi la sua maggioranza. Non tollererebbe fibrillazioni superiori a quelle subite sinora. Ecco perché, come detto da Romano Prodi ieri, difficilmente si potrà giungere a una candidatura di una parte imposta sull’altra (e Prodi in questa chiave ha escluso il proprio nome e quello di Berlusconi).

Ecco perché in molti auspicano un accordo largo (con Letta e Salvini come principali player) che possa promuovere una candidatura ampiamente condivisa. Se non lanciare un appello per un Mattarella-bis. Altrimenti, nell’immediata vigilia delle elezioni quirinalizie, il nome di Draghi tornerà inevitabilmente in gioco.