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Renzi-Gentiloni, la pace di Bruxelles. Cena segreta dopo anni di gelo

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BRUXELLES –  Non accadeva ormai da almeno quattro anni. Dalla primavera del 2017. Matteo Renzi non sedeva più sulla poltrona della presidenza del Consiglio dal dicembre 2016 e al suo posto era stato Paolo Gentiloni a salire lo scalone d’onore di Palazzo Chigi. L’ultimo faccia a faccia risale a quel periodo. Quando l’ex “rottamatore” da segretario del Pd chiese al suo successore di staccare la spina all’esecutivo per andare alle elezioni anticipate. Quella richiesta non venne accolta e i rapporti tra i due praticamente si interruppero. Con accuse e giudizi piuttosto taglienti dell’allora leader democratico contro il premier. Un’amicizia, non solo politica, che si interrompeva. E poi il silenzio. Per oltre quattro anni. Fino a pochi giorni fa. Quando il tempo della riappacificazione si è improvvisamente materializzato a Bruxelles. La “grande pace” o almeno il ritorno alla normalità di un dialogo.

Succede, infatti, che dodici giorni fa, il capo di Italia Viva vola a Bruxelles. Prima fa tappa a Parigi, e quindi si trasferisce nella capitale belga. È martedì 9 novembre. Il programma ufficiale prevede la riunione del gruppo liberale Renew al Parlamento europeo, un colloquio con l’importante commissaria alla Concorrenza, la socialista danese Margrethe Vestager, e quindi la presentazione del suo libro “ControCorrente”. Ma quando esce dall’incontro-intervista per esporre i contenuti dell’edizione anche in Belgio, al suo autista dice: “Il programma è cambiato. Devo andare a una cena”. E la cena è appunto proprio con Paolo Gentiloni. Incontro super riservato. In una abitazione privata nell’elegante quartiere di Ixelles. Senza testimoni. Solo loro due. Come probabilmente accadeva molto più di frequente fino a quattro anni fa.

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La preparazione del faccia a faccia, del resto, era stata piuttosto attenta. Volta in particolare a evitare qualsiasi pubblicità. Era stato lo staff di Renzi a far semplicemente sapere al Commissario agli Affari Economici che in quei giorni sarebbe stato dalle parti della centralissima Grand Place. In un primo momento era stato ipotizzato un colloquio – come Gentiloni ne fa molti – nell’ufficio di Palazzo Berlaymont. Ma poi tutto è virato su una meno formale cena. Meno formale, ma anche più libera. Con tempo a disposizione e senza l’orologio che scandisce i ritmi e gli appuntamenti della Commissione europea. Senza occhi indiscreti e senza orecchie pronte a cogliere qualsiasi sussurro.

Tanto da chiarire, molte incomprensioni da appianare, diverse parole da rimuovere o da aggiungere per tornare alla fisiologia di un rapporto. E per affrontare una delle fasi politiche più complicate degli ultimi anni. Perché in quel faccia a faccia è difficile che non sia emerso il “tema dei temi”: il Quirinale. Inverosimile che non se ne sia parlato. Solo un’ora prima, infatti, Renzi presentando il suo libro aveva offerto la sua idea sulla successione a Mattarella. “È una partita complicata. La legislatura deve andare avanti. Il 2022 non può essere l’anno dell’elezioni – avvertiva -. Draghi può fare qualunque cosa. E sta facendo bene al governo”.

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Parole interpretate come una preferenza favore della permanenza a Palazzo Chigi dell’ex presidente della Bce. Così come eliminava il suo nome dalla gara per la Segreteria generale della Nato: “Non sono adatto, semmai Enrico Letta è adatto per quel ruolo”. Il combinato disposto con la successiva cena con il Commissario italiano apre una scenario nuovo nei posizionamenti di tutte le forze politiche in vista dell’Assemblea congiunta che dovrà scegliere il nuovo capo dello Stato.
Bruxelles, in effetti, ormai da almeno un anno è diventata il crocevia della politica italiana. Quel che succede nella Commissione e nel Consiglio europeo diventa un tassello decisivo nel mosaico del nostro Paese. Le preferenze e le indicazioni “brussellesi” – anche in vista del Colle – giocano un ruolo, superiore rispetto al passato e spesso poco compreso in Italia. Non è un caso che la processione dei leader nostrani nei palazzi europei sia ormai costante. Dopo Renzi, ad esempio, nell’ufficio di Gentiloni sono entrati il segretario del Pd Enrico Letta (la mattina di giovedì 11 novembre), il governatore emiliano Stefano Bonaccini (il pomeriggio dello stesso 11 novembre), la ministra forzista Mara Carfagna giovedì scorso. Bruxelles, insomma, non è più semplicemente la capitale del Belgio e delle Istituzioni europee.

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