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Richard Hatchett: “Immunizziamo presto l’Africa per evitare altre varianti. Il prossimo vaccino va fatto in 100 giorni”

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C’è poco da cullarsi sugli allori. “Ottenere il vaccino in 11 mesi è stata un’impresa eccezionale. Ma noi dobbiamo scendere a 100 giorni e imparare a realizzare vaccini migliori. Non tutti i rischi infatti sono alle spalle”. Richard Hatchett sa di cosa parla, quando usa la parola rischio. Epidemiologo americano, è stato fra i primi soccorritori sul sito delle Torri Gemelle. Ha preparato il piano pandemico degli Stati Uniti quindici anni fa e ha diretto l’agenzia della Casa Bianca Barda nel 2016, coordinando il programma di difesa dalle minacce chimiche, biologiche e nucleari. Oggi lavora sul fronte umanitario. E’ direttore di Cepi, la Coalizione per le innovazioni in materia di preparazione alla lotta contro le epidemie, uno dei grandi attori – insieme a Organizzazione Mondiale della Sanità e Gavi – che si occupa di portare i vaccini per il Covid nei Paesi poveri.

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di

Elena Dusi

19 Agosto 2021

Per il vostro obiettivo state portando avanti una raccolta fondi da 3,5 miliardi. Ma basterà avere i soldi per realizzare un vaccino in 100 giorni?

“Il segreto è preparare il più possibile i pezzi del puzzle in anticipo, in modo da poterli assemblare rapidamente quando serve. Abbiamo i mezzi per individuare quali virus causeranno le prossime pandemie con maggiore probabilità e possiamo investire per preparare i vaccini ora. Anche con il Covid siamo riusciti a essere veloci solo perché avevamo lavorato contro la Sars. Eravamo già preparati. Ma se avessimo avuto un vaccino entro 100 giorni avremmo potuto iniziare a usarlo ad aprile 2020 anziché a dicembre-gennaio 2021. Avremmo salvato alcuni milioni di vite e svariati trilioni di dollari”.

Ma non resterebbe il problema della distribuzione iniqua?

“Occorre che la produzione sia decentrata, in modo da produrre direttamente i vaccini in tutte le Regioni del mondo”.

Ora si discute di vaccinazione dei bambini. Lei cosa ha scelto per i suoi figli?

“I più grandi si sono vaccinati, come raccomandato dalle autorità sanitarie inglesi. Il più piccolo lo sarà, non appena ci sarà un vaccino per la sua età. Vaccinarsi è un’opportunità e tutti quelli che possono dovrebbero approfittarne”.

I primi vaccini hanno raggiunto l’Africa a febbraio 2021, piuttosto presto. Perché poi la campagna si è fermata?

“Per varie cause. Sapevamo che i vaccini a Rna erano più costosi e avevano bisogno di temperature ultrafredde. Per questo abbiamo puntato su un vaccino più gestibile ed economico come AstraZeneca. Ci aspettavamo una produzione massiccia da parte del Serum Institute in India, ma la catastrofica ondata di Delta ha bloccato le esportazioni per mesi. Nel frattempo i Paesi ricchi avevano acquistato enormi quantità di vaccini a Rna. Ora la situazione è cambiata. Covax ha distribuito 580 milioni di dosi e le quantità stanno aumentando rapidamente”.

L’abolizione dei brevetti è una soluzione?

“Sarebbe un passo avanti importante, ma ci vorrebbe tempo prima che dia risultati. Non risolverebbe il problema della scarsità di dosi in tempi brevi nei paesi a più basso reddito. In questa fase poi ci aspettiamo delle forniture di vaccini più robuste per Covax. Presto il problema sarà piuttosto come distribuire e somministrare le dosi”.

Quindi abbiamo imparato la lezione della nuova variante?

“Man mano che le forniture diventano più affidabili, dobbiamo pianificare gli ostacoli nuovi: distribuzione ed esitazione vaccinale, amplificati dal fatto che lo sviluppo dei vaccini è stato rapido. Questo ha fatto erroneamente pensare a molti che si siano fatti compromessi sul lato della sicurezza. I miliardi di persone immunizzate senza problemi fino a oggi dovrebbero dissipare ogni dubbio, ma l’esitazione è un fenomeno complesso, differente tra un individuo e l’altro. Andrebbe prestata maggiore attenzione alle sue dinamiche”.

Il risultato intanto è la variante Omicron. Cosa sappiamo di lei?

“Omicron è esattamente quello che molti scienziati, me compreso, avevano preventivato. La distribuzione iniqua dei vaccini, quindi la rapidità di trasmissione del virus, creano l’ambiente ideale per la maturazione di un virus capace di evadere le difese immunitarie dei guariti e dei vaccinati. La correlazione fra più contagi e più mutazioni è stretta. E ricordiamoci che quello che avviene in alcune parti dell’Africa con la pandemia ci è completamente sconosciuto. Botswana e Sudafrica hanno scoperto la variante perché hanno strumenti di monitoraggio più avanzati rispetto ad altri Paesi. La loro media di un tampone ogni mille abitanti ci può sembrare molto bassa, ma è molto più di quanto si faccia in altre zone del continente”.

E ora?

“Non sappiamo molto di Omicron, ma il fatto che si stia diffondendo tanto in Sudafrica durante la stagione calda non è un buon segno. Il rischio è che con un’elevata capacità di trasmissione inneschi una pandemia all’interno della pandemia, con la nuova variante che cresce sulle spalle della vecchia. Ora ci restano due cose da fare: distribuire i vaccini il più rapidamente possibile e realizzare vaccini migliori”.

Come si fanno vaccini migliori?

“Con formulazioni più semplici da somministrare: pillole o spray nasali. O stimolando in maniera diversa il sistema immunitario in modo da aumentare la durata della protezione. Abbiamo un programma da 200 milioni di dollari per questo. Tutti i vaccini che usiamo al momento, a eccezione di uno prodotto in Cina, si concentrano sulla proteina spike, che però è molto suscettibile alle mutazioni. Esistono altre proteine del coronavirus che mutano meno e che potremmo sfruttare per realizzare vaccini meno suscettibili alle varianti. Sappiamo poi che il sistema immunitario ci protegge tramite gli anticorpi, ma anche attraverso le sue cellule. I vaccini a Rna stimolano soprattutto i primi, che hanno una durata limitata. Sviluppando di più l’immunità cellulare, con dei vaccini ad hoc, otterremmo una protezione più duratura”.

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Elena Dusi

23 Ottobre 2021

Ma faremo in tempo a mettere a punto vaccini migliori prima che finisca la pandemia?

“Io non credo che Sars-Cov2 vada via. Anche se servirà tempo, dovremo mettere a punto vaccini più efficaci contro di lui. Abbiamo l’esempio della polio. Il primo vaccino, quello di Salk, ha messo un freno all’epidemia. Il secondo, quello di Sabin, era molto migliore e oggi dopo 70 anni ha arrestato anche la circolazione dell’infezione. Oggi con Sars-Cov2 l’obiettivo è proteggerci dalle varianti, ma in futuro potremmo aver bisogno di combattere altri coronavirus simili. E non è detto che ci vada bene come con il Covid”.

In che senso?

“Per quanto terribile sia, Sars-Cov2 è uno dei meno letali, fra i virus che avrebbero potuto colpirci. La spagnola aveva una letalità 4-5 volte più alta. Esistono coronavirus potenzialmente fra 20 e 70 volte più letali. Prendiamo questa pandemia anche come un avvertimento per il futuro”.

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