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Riforma elettorale, la partita scatta dal “Brescellum”: ecco come funziona il proporzionale che divide i partiti

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ROMA – Per vincere i partiti oggi devono mettersi insieme, coalizzarsi. Ma con il “Brescellum” non più. Ciascuno corre per sé, mostra la propria identità, la rende chiara agli elettori.  La nuova legge elettorale prende il nome da Giuseppe Brescia, il presidente della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio che, quando le forze politiche ancora si stracciavano le vesti su quali regole di voto fossero migliori, ha preso la palla al balzo e avanzato una proposta. Brescia è un grillino innamorato del metodo proporzionale. Significa che ai voti ottenuti corrispondono i seggi in Parlamento, assegnati appunto in proporzione. Ma non si rischia così che Camera e Senato siano composte dai rappresentanti di piccoli o addirittura piccolissimi partiti l’uno contro l’altro armati? Il rischio c’è. E perciò è stato previsto lo sbarramento: una lista deve ottenere almeno il 5% dei consensi per entrare nella ripartizione dei seggi.  

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Il “Brescellum” nasce così. E ora che le coalizioni sono al lumicino – soprattutto nel centrodestra per le liti tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini e lo smarcamento di Forza Italia, ma anche nel centrosinistra con il Pd alle prese con il M5Stelle in cerca d’autore – quel testo cade a fagiolo. Ci si mette insieme non prima del voto per vincere nel collegio uninominale, ma  solo dopo, per formare il governo, se le affinità consentono un programma comune.   

Questa almeno è la scommessa di una legge che è stata anche chiamata “Germanicum”. Appellativo improprio: sostiene Federico Fornaro di Leu, esperto di sistemi elettorali, perché in Germania è tutt’altra storia. Il “Brescellum” comunque archivia del tutto la legge elettorale attuale, il “Rosatellum”. Scritta da Ettore Rosato, oggi coordinatore di Italia Viva, il “Rosatellum” è un mix di maggioritario e proporzionale. Utilizzato per la prima volta nell’elezione del 2018, prevede che il 37 per cento dei deputati e dei senatori sia eletto in collegi maggioritari uninominali a turno unico: viene eletto chi prende un voto in più degli altri. Stringersi in coalizioni è pertanto indispensabile. Il restante 61% è eletto con liste bloccate in collegi plurinominali (non si possono esprimere preferenze) e con soglia di sbarramento del 3%.

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Ad esempio. Il taglio dei parlamentari, che ha ridotto i deputati da 630 a 400 (e i senatori  da 315 a 200) e l’attuale “Rosatellum” ci consegnerebbero nella prossima legislatura alla Camera 147 seggi con il maggioritario e 245 con il proporzionale (più gli 8 eletti all’estero) e uno sbarramento al 3%. Chi vuole cambiare a tutti i costi la legge attuale, considerandola “un mostro” – da Pd a M5Stelle e Leu – segnala che ci sarebbe un effetto “asso pigliatutto” da parte della coalizione vincente e che alcuni collegi finirebbero penalizzati. 

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Per quanti si appassionano ai modelli elettorali, la storia del “Rosatellum” e di come è nato racconta molto della politica italiana, tra soprassalti di bipolarismo e maledizioni proporzionaliste. Fu approvata dopo il naufragio del “Porcellum” (la legge scritta dal leghista Roberto Calderoli che, successivamente, lo definiì appunto una “porcata”) e con cui si è votato nel 2006, nel 2008 e nel 2013) e dell’ “Italicum” (bocciato dalla Consulta). Ha avuto un effetto a sorpresa: chi l’aveva avversata come il M5Stelle ebbe la meglio nel 2018, e Pd e Forza Italia, che l’avevano sostenuta, arretrarono. E’ la dimostrazione che la legge elettorale è un tassello di una partita con tante variabili.

Comunque un nodo resta irrisolto tra “Rosatellum”  e “Brescellum”: l’elettore come sceglie chi eleggere? Finora ci sono le liste bloccate. Il “Brescellum” sul punto non dice nulla. Si prevederanno le preferenze o quale altro meccanismo? Una domanda inoltre resta sospesa su tutte ed è quella che pone il costituzionalista e deputato dem, Stefano Ceccanti. “E’ vero che le regole incidono sui comportamenti, ma le intese politiche post – e non pre urne – saranno più facili e efficaci?”. 

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