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La destra ha provato in tutti i modi a rinviare ancora lo “ius scholae”, ma oggi la legge che riconosce la cittadinanza ai nuovi italiani dovrebbe approdare nell’aula di Montecitorio. La attendono quasi un milione di ragazzi, figli di immigrati, però nati o cresciuti in Italia: italiani di fatto e non di diritto. I progressisti, aiutati anche da una parte di Forza Italia che però si è spaccata, hanno puntato a chiudere la partita, nonostante ieri sera sia continuato a lungo il braccio di ferro in commissione Affari costituzionali. Alla fine l’esame in commissione è stato concluso: il provvedimento è pronto per la discussione in aula.
Sia Fratelli d’Italia che la Lega non fanno mistero della loro strategia: ostruzionismo duro. Il leghista Igor Iezzi puntualizza: “Abbiamo fatto slittare di un mese e mezzo lo Ius scholae, cercheremo di ritardarlo ancora, se proprio non riusciamo a bloccarlo”. E partono accuse alla sinistra di volere la sharia, perché un solo genitore può richiedere la cittadinanza per il proprio figlio. La riforma della cittadinanza si è sempre fermata all’ultimo miglio. Nella passata legislatura, è stata approvata alla Camera e poi è finita nel porto delle nebbie del Senato. Non se n’è fatto nulla. Per le destre è fumo negli occhi. Sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni sono sulle barricate. Non vogliono che passi. E l’ostruzionismo è stato tradotto in una valanga di emendamenti. Gli emendamenti-burla sono stati bocciati nelle scorse settimane in commissione. Servivano appunto a fare melina, e prevedevano la possibilità di diventare cittadini italiani solo dopo un esame sulle sagre locali, sulle feste regionali, sulle canzoni popolari, sui costumi romani, e se i ragazzi figli di stranieri avessero ottenuto il massimo dei voti a scuola. Una provocazione.
Ius scholae, Salvini resta in trincea: “Basta la legge che c’è oggi”
I leghisti e FdI non vogliono cambiamenti, a dispetto dell’opinione favorevole dei loro stessi elettori, come rilevano i sondaggi.
Lo “ius scholae” è un provvedimento in due articoli: permette di diventare italiani ai ragazzi figli di stranieri, a patto che abbiano concluso un ciclo di 5 anni di scuola. Rispetto allo “ius soli”, ovvero la cittadinanza per chi nasce in Italia da un genitore immigrato (che abbia però un permesso di lungo soggiorno), lo “ius scholae” è una proposta minimalista. Giuseppe Brescia, il presidente della commissione Affari costituzionali, grillino, che ne è l’autore, ha ritenuto sarebbe stato il modo migliore per evitare scontri ideologici e incassare il risultato. C’è da archiviare il criterio che vige in Italia, ovvero lo “ius sanguinis”: si è italiani per discendenza.
Polverini: “Lo Ius scholae va approvato. E avanti con il ddl Zan. Il Parlamento non può attendere la Consulta”
di
Giovanna Casadio
Se lo “ius scholae” slittasse di nuovo in Parlamento, non sarebbe indolore. In pratica ci si ritroverebbe senza alcun ombrello davanti all’ennesima pioggia di emendamenti ostruzionistici dei leghisti in aula. Brescia è riuscito però ieri sera ad accelerare: “Finalmente siamo pronti per l’aula con una legge di civiltà: iniziamo a saldare un debito con migliaia di ragazzi che si sentono italiani ma non sono riconosciuti come tali dallo Stato”. Per Letta e il Pd è una battaglia prioritaria per affermare diritti. Ne apprezzano spirito e contenuti i renziani. Esulta il capogruppo di Leu, Federico Fornaro. I numeri a Montecitorio ci dovrebbero essere, grazie anche all’appoggio di Forza Italia, che però è profondamente divisa. Solo Renata Polverini fa pressinga a favore.