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Roberta Pinotti: “Il Pd trovi il modo concreto per rappresentare tutti, l’identità si trova così”

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Può contare su “tutto un altro punto di vista”, Roberta Pinotti, lontana dall’impegno diretto nel quotidiano movimentato del Pd. Rimasta fuori dal Parlamento per la prima volta dopo vent’ anni, l’ex ministra dem ne parla dalla sua Genova, dove fa base tra viaggi e collaborazioni internazionali, in giro per l’Europa più che a Roma. “Un po’ di distanza, dopo tanto tempo nel cuore delle cose, – spiega – permette di capire meglio certe dinamiche” . E soprattutto di dare consigli in libertà al partito che ha rappresentato per una via intera, con un congresso alle porte. “Torni a fare sintesi comprensibili – è l’appello – e pensi a scegliere le battaglie da giocare all’opposizione, ha l’imbarazzo della scelta”. 

Le scelte della politica

Pd, parte il risiko dei congressi: in Liguria si apre la corsa per il dopo-Ghio La segretaria ha lasciato l’incarico da sindaca di Sestri Levante e farà lo stesso con la federazione dem

di Matteo Macor

22 Novembre 2022

Bonaccini, De Micheli, forse Schlein, chissà Ricci. In casa dem sono i giorni delle candidature al congresso. Lei con chi sta?“Io per ora posso permettermi di stare a guardare, con la massima vicinanza a chi è già sceso in campo. Su con chi stare, mi farò un’idea più avanti. Al momento, serve pensare non tanto ai nomi quanto a quello che può servire al partito”.

Il percorso del congresso però è tracciato, e il dibattito si sta giocando tutto o quasi sui nomi. Non pensa?“I nomi e i leader sono importanti, ma senza un’organizzazione diffusa certe cose non si capiscono. Sembrerà formula antica, ma c’è bisogno oggi più che mai di un ritorno della forma partito. È il motivo per cui ho sempre difeso il termine partito nel nome del Pd, o per cui avevo perplessità quando lo si tolse nel passaggio dal Pds ai Ds. E lo dico per esperienza personale”.

Ovvero?“Un esempio tra i tanti. Da parlamentare, a Genova, ricordo di aver trovato mezzi e idee per lavorare alla soluzione di una delle prime crisi di Ansaldo Energia, primi anni duemila, solo grazie alla struttura di partito. Alla sezione degli iscritti ai Ds all’interno dell’azienda, ai sindacati in dialogo con il partito, alla rete che in noi si riconosceva. La politica è questa, non è personalizzazione. E un partito che va a congresso dovrebbe ricordarselo”.

Ha ragione chi dice sarà un congresso troppo lungo, chi accusa di troppa fretta, o chi proponeva di slegarlo dalla fase (ri)costituente?“Spero altrimenti, ma ho qualche dubbio sul fatto che un orizzonte temporale come quello che è stato definito possa produrre tutto quello che serve a questo partito per rilanciarsi”.

Che consiglio darebbe, oggi, al futuro segretario del partito?“Di ritrovare, riorganizzare, rivitalizzare i luoghi del confronto politico, dell’elaborazione e della formazione della cultura politica. Anche sull’esempio delle due culture politiche che si sono fuse per dare vita al Pd. Anche e soprattutto per lavorare sui limiti attuali del partito, e nella direzione che ci si è dati”.

Quali sono, i limiti che questo Pd deve superare?“Deve tornare ai motivi di fondo del perché facciamo politica, facendo sintesi in modo comprensibile e comunicabile. Alla fine, la discussione sull’identità sta tutta qua. In tema di lavoro, ad esempio, sulla discussione su come tenere insieme imprese e lavoratori, trovando proposte concrete per superare l’incontro solo teorico tra due manifesti diversi al suo interno, uno più riformista, l’altro più radicale. Stessa cosa in tema immigrazione: va bene smarcarsi dalle politiche del governo, ma poi servono proposte concrete di gestione per evitare che il fenomeno crei altre ingiustizie, soprattutto per quelli che dovremmo tutelare”.

Questo congresso nasce per rifondare ma soprattutto “allargare” il partito. Ma come? A chi si deve guardare?“Io credo in un allargamento a 360 gradi, non solo in una direzione. Agli alleati politici e tutti i cantieri possibili, ma anche tutti i cittadini che abbiano voglia di parlare con noi, e soprattutto alle persone che non hanno un contenitore politico e cercano ascolto. Anche perché la politica deve essere ascolto e poi azione: la nostra non deve essere un’apertura fine a se stessa, chi coinvolgeremo deve sentire di poter incidere. Se non restituisci in fretta a chi ti cerca, l’hai già perso. E per questo servono i modelli organizzativi, ma anche la capacità politica”.

È capacità politica anche scegliere le alleanze giuste, però. Sui territori emergono tentativi di recupero del rapporto con il M5s, e a Roma?“Sarebbe sbagliatissimo, sia discutere ora di alleanze, sia farne un tema di dibattito congressuale. Se il Pd non riprende fiducia, energia e voglia di lottare, poi, più che alleati altri partiti continueranno a mangiarne dei pezzi”.

Come giudica, l’opposizione che ha fatto il suo partito fino a questo momento?

“Dico che il Pd dovrebbe scegliere le partite da giocare, per non sembrare l’opposizione che urla su tutto. Ci sono già tante  cose su cui attaccare questo governo, che potremmo permetterci di non attaccare ad ogni posizione presa. Il partito ha fatto benissimo a scagliarsi contro un ministro che considera l’umiliazione una pratica educativa, ad esempio, ma perché farlo con il concetto di merito?”.

E il Terzo polo che si incontra con Giorgia Meloni per fare le sue proposte in tema Finanziaria? Non il massimo, per compattare il fronte dell’opposizione. Farà peggio al Pd, o a Forza Italia?

Io sono iscritta al Pd, vengo dal Pd, ed è al Pd che devo pensare. Sinceramente, non mi straccerei le vesti parlando di quello che fa Calenda. Ha ragione nel momento in cui dice che è dovere dell’opposizione fare anche proposte, non solo contrastare le idee del governo. Ma è anche vero che per farlo esiste il Parlamento”.

In Liguria si vota tra tre anni, alle Europee tra due. La rivedremo in campo, prima o poi?“Direi di no, mai pensato al mio futuro politico prima di affrontarlo, mai lavorato pensando al passo successivo. Non ci sto pensando, anche se in politica mai dire mai”.

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