Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

VIES Newsletter

Gratuito / Prova ora

Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

Roma, le discariche fai-da-te: quel ciclo continuo di una città senz’alibi

[ Leggi dalla fonte originale]

ROMA – La lunga strada della monnezza è un serpente di asfalto bollente che incrocia via di Castel Malnome, zona Muratella, una specie di vicolo cieco eppure aperto sui campi. Una delle prime cose che incrocio è un water a favore di contemplazione – lo scarico come un binocolo. Ma il pattume disseminato, bruciaticcio, scomposto, questa interminabile scia di rifiuti è una sorpresa costante, se ti chini a studiarla.

L’accostamento più impensabile, la convivenza più incongrua di oggetti, di scarti si manifesta qui con una creatività esemplare: del caso e della maleducazione, del destino e dell’inciviltà. Che trova un alibi facile nella città che si vuole “ingovernabile”, la città che brucia e intossica.

La lattina di Coca Cola e la scarpa spaiata. La tanica di liquido infiammabile e il materasso. Le molle – bruciate – del materasso dissolto, la sua anima di ferro malconcia. La vecchia enciclopedia (un libro, tra i rifiuti, spunta sempre!) e una porta con la sua chiave ancora nella toppa. La lavatrice, il cartello pubblicitario, le scatolette di tonno, un servizio di piatti perfino elegante, un peluche affumicato che assume un’aria sinistra. Un cumulo di biancheria. Una vecchia seggiola di legno conficcata a testa in giù nella vegetazione che forse le è cresciuta intorno.

C’è qualcosa di maestoso e squallido a un tempo nella inarginabile produzione di rifiuti del cittadino contemporaneo: una specie di colpevolezza innocente, che assimila l’abbiente al meno tenente, che ci fa più o meno uguali nella necessità di liberarsi dell’organico e dell’inorganico, nell’abitudine di scendere dopo cena con il sacchetto che compatta – più o meno differenziata – l’avanzo della nostra esistenza, l’esubero e la scoria, il ciarpame, l’involucro, il rigettato, il marcio. La metropoli tardonovecentesca come quella di questo secolo sembra condannata a combattere con il sudiciume, i rifiuti che produce e che la tengono in permanente assedio.

Percorrendo questa strada diventata discarica – c’è anche un divano capovolto, di quelli con “recliner elettrico” – , l’epitome simbolica di un disastro diffuso, tutto vorrei fuorché scomodare la letteratura. E tuttavia è difficile non vedere in Roma i segni visibili, iper-visibili, della città invisibile immaginata da Italo Calvino fra le sue: Leonia, che aspetta il carro dello spazzaturaio come il carro di un angelo. Necessariamente mefitico e insieme salvifico. Leonia che vuole liberarsi di “lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana”, ma niente, le cataste di rifiuti sono così alte che smaltirle è un’impresa, mentre la spazzatura “migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne”.

Così Roma. Così qui: scendo sulla Portuense, c’è un anfratto di sterpaglia all’altezza del Fosso della Breccia, ed è un cumulo di sacchi rigonfi, di buste nere e azzurre e verdi, una composizione di involontaria arte contemporanea e degenere, dove il materiale edile sbriciolato e un blocco di una vecchia canna fumaria, montagnole di plastica e amianto, hanno trovato il loro posto infame nel paesaggio.

C’è una moto, poco più avanti, parcheggiata davanti al varco in cui si infilano una prostituta e il suo gagliardo cliente (sono le quattro di un pomeriggio di luglio!), e sembra passato da quelle vie anche un Pollicino imbecille, disseminando i suoi sacchetti di porcheria, una segnaletica infame, con disamore e squallore. La verità è che il brutto autorizza il brutto, il sudicio copre la vergogna del sudicio, allena a non vederlo, a una indifferenza dolosa. Mio dio che secolo dissero i topi, recita il verso di un poeta, e io non so che dicano di preciso i topi, i cinghiali, i gabbiani, ma le montagne di mondezza, o la loro zona più morbida, più digeribile, più marcescente, li ha abituati a una promiscuità tutto sommato disagevole per loro quanto per noi.

I cartelli della vecchia Roma, quelli che ancora lampeggiano sul marmo nei vicoli, invitavano nel tardo ‘700 i residenti a buttare “immondezze” per ordine di qualche Monsignore, rammentavano ai distratti, anzi “a qualunque persona” di “fare il mondezzaro / in questo sito / sotto le pene contenute / nell’editto”. Ma qui non c’è pena che tenga e trattenga, se non quella sofferta in astratto dalla comunità di amanti delusi della capitale, rei confessi anche loro (anche noi) perché persuasi che Roma non cambia e non si cambia.

Tanto vale incolpare il sindaco, gli ex sindaci, l’Ama, le forze del male e del malaffare, mentre svagatamente – in un tratto di via dell’Archeologia o a Rocca Cencia, al Quadraro o alla Marcigliana; in una rientranza della Colombo a un passo da un rudere e dalla redazione di questo giornale – si scarica qualcosa nella discarica fai da te. Le attenuanti generiche? Concesse. Però “mortacci”, come si dice in zona, quando si manifesta uno stupore risentito. La voce dello scaricabarile l’ha già fissata il Belli – come sempre – una volta per tutte. Il sonetto è dell’aprile 1834, il titolo è “Er monnezzaro provibbito”; e l’accusato rispondeva così: Monziggnore mio, / Quanno lei trova er reo, voi gastigatelo:/ Ma er monnezzaro nun ce l’ho ffatt’io”. Er monnezzaro non l’ha fatto nessuno, eccola l’eterna voce di Roma: il monnezzaro è la città, assolta in quanto eterna.

Il Portale Web dell’informazione libera

VIES TV

L’articolo che hai letto è stato di tuo interesse?

Scopri gli articoli correlati e lascia un commento!

Contattaci per info e collaborazioni.

Tags

Condividi questo post:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla nostra Newsletter mensile

Ricevi notifiche e riepiloghi delle notizie del mese

Non ti invieremo mai nessuno spam,
solo contenuti utili e di valore.

Il portale web dell’informazione libera.