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“La tragedia sulle Alpi, in una montagna che conosco bene, è il risultato del riscaldamento globale indotto dall’uomo: i nostri amati ecosistemi – ghiacciai montani, foreste pluviali, aree umide, barriere coralline – sono in via di distruzione per la conseguenza diretta di folli comportamenti umani”. È sconfortato Jeffrey Sachs, classe 1954, economista della Columbia di New York, per quindici direttore dell’Earth Institute della sua università nonché a lungo consulente dell’Onu per le tematiche ambientali anche con l’attuale segretario generale Antonio Guterres. Da molti anni, Sachs è un punto di riferimento per chiunque nel mondo si occupi attivamente della sostenibilità e dei pericoli insiti nel cambiamento climatico con le sue catastrofiche conseguenze. “Gli eventi come quello dalla Marmolada appartengono alla categoria “alta probabilità-alto impatto””.
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di
Alessandra Ziniti
Eppure, professore, gli allarmi sembrano inutili, anzi a volte sono allontanati con fastidio: come bisogna fare perché vengano presi sul serio senza aspettare tragedie come questa?
“Il riscaldamento terrestre sta nei fatti accelerando. Oggi la Terra è di 1,2 gradi Celsius più calda di prima dell’era industriale, ed è già più calda che in qualsiasi momento durante i passati diecimila anni. E il riscaldamento globale sta accelerando ulteriormente”.
C’è una forte corrente negazionista che attribuisce fatti come quello della Marmolada meramente al destino.
“Lascerei parlare la scienza. E quello che ci dice è ciò che segue. Nei più recenti decenni, il progresso del riscaldamento globale è stato di circa 0,18 gradi centigradi per decennio. Ora, stando alle prove portate dallo scienziato del clima James Hansen, sulla cui autorità non c’è motivo di dubitare, il riscaldamento ha accelerato bruscamente raddoppiando la sua velocità: 0,36 gradi per ogni decennio. Cosa significa? Che entro pochissimi anni saranno già superati, con larghissimo anticipo, i limiti previsti dall’accordo di Parigi, che prevedevano la neutralità climatica entro il 2050: nulla di più lontano”.
Ci ricorda cos’era previsto?
“L’impegno per i Paesi industrializzati era di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Non ce la faremo mai. Entro pochissimi anni, nei fatti, l’umanità supererà il limite superiore previstodall’accordo di Parigi, che era di limitare ben al di sotto dei 2 gradi il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo della temperatura pari a 1,5 gradi. Inoltre l’accordo mirava a orientare i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Tutto questo è vanificato, o almeno messo a serio rischio. È stato solo in minima parte rispettato”.
E dopo?
“I pericoli si moltiplicheranno esponenzialmente e drammaticamente perché l’umanità sperimenta, già oggi, il costo di aver infranto i limiti: immense siccità, distruzione irreparabile di foreste pluviali, estinzione di specie animali, scioglimento dei ghiacci polari, rallentamento quando non completo blocco della circolazione delle correnti oceaniche, innalzamento di parecchi metri dei livelli del mare”.
Servirebbe un nuovo accordo internazionale, ma come è possibile pensare a un’ipotesi del genere mentre siamo impegnati con drammi come pandemia e guerra?
“Ogni emergenza ha le sue priorità. Ricordo che l’accordo di Parigi impegnava tutti i Paesi, in forma giuridicamente vincolante, a presentare e commentare ogni cinque anni a livello internazionale un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni: cosa resta di tutto questo? E poi, anche sulla guerra e la pandemia avrei qualcosa da dire”.
Non andiamo fuori tema, però ci faccia solo un accenno.
“Beh, io ho presieduto la Lancet Covid-19 Commission per due anni e ho studiato intensamente la questione. C’è una forte probabilità che il virus si sia sviluppato all’interno dell’industria biotech Usa. Vorrei che il mio governo dicesse una parola chiara su questo. Quanto alla guerra, riterrei necessario che Biden anziché mandare armi imponesse alla controparte russa di scendere al tavolo dei negoziati. Lo so che è difficile, ma almeno provarci con maggior convinzione”.
Davvero crede che la via della diplomazia non venga perseguita?
“La via sembra bloccata. L’Onu avrebbe la capacità di intervenire e poi garantire la tregua con i caschi blu, invece è paralizzata. Si prosegue con le sanzioni che esasperano i rincari oltre che la rabbia di Putin, e con il riarmo”.
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Torniamo al riscaldamento globale. Come fare per evitare il ripetersi di tragedie come quella della Marmolada?
“Anche qui, anzi qui più che mai, bisogna ragionare a livello globale. Il problema è che molte importanti nazioni evadono le loro responsabilità. L’Europa ha un Green Deal, bene, deve verificare continuamente che venga rispettato. L’America è così corrotta, e in balìa delle lobby petrolifere, che non ce l’ha nemmeno. Per di più la Corte Suprema ha appena aggiunto qualche altro ostacolo a una strada già impervia. Diciamolo: invece di farsi la guerra, la Nato, la Russia, la Cina, ovviamente l’America, dovrebbero cominciare a cooperare e a lavorare tutti insieme per fermare il riscaldamento globale. Utopia? Ma di fronte abbiamo la vera minaccia per l’umanità, quella per cui rischiamo tutti quanti l’estinzione”.