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Salvini e l’invito a Mosca per incontrare Lavrov: “Basta armi a Kiev”

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ROMA – Un cambio di marcia, uno strappo improvviso. Matteo Salvini dice basta all’invio delle armi in Ucraina, lasciando il governo – o gran parte di esso – in imbarazzo. Chiede a Draghi un confronto parlamentare, proprio mentre il governo prepara il terzo decreto interministeriale che prevede la fornitura di armamenti più pesanti a Kiev. Vorrebbe andare a Mosca, il leader della Lega, non lo nasconde: “Ci sto lavorando riservatamente”, aveva detto davanti alle telecamere di Non è l’Arena. Ieri il capo del Carroccio ha smentito la notizia, pubblicata da Repubblica, di aver già richiesto i visti per sé e per una delegazione ristretta di leghisti. In realtà, dietro una cortina di fitto riserbo, fonti diplomatiche russe confermano che c’era stato un invito del ministero degli Esteri moscovita e che Salvini sarebbe dovuto partire venerdì. Il viaggio, almeno per ora, è sfumato, per cause che rimangono top secret.

Salvini smentisce di essere pronto a partire per Mosca. E apre un nuovo caso: “No all’invio di altre armi. In Usa aridatece Trump”

di
Emanuele Lauria

03 Maggio 2022

Ma questo giallo sta dentro la nuova strategia del numero uno di via Bellerio, che avrebbe anche un nuovo consulente per la politica estera (un ex ambasciatore), che cita spesso il Papa nella ricerca della pace come obiettivo primario ma che in realtà, sul fronte politico interno, si avvicina ancora una volta a Giuseppe Conte che fu suo alleato nel governo gialloverde. Mentre sul piano internazionale ricalca la linea ungherese di Viktor Orbán, che Salvini ha da poco incontrato a Roma.

Il segretario leghista mette in circolo una serie di dubbi, consegnati ai giornalisti che lo ascoltano davanti al Senato: “A chi vanno queste armi? Non c’è un rapporto esercito-esercito. Cosa succede fra due mesi? Queste armi salvano la vita dei civili ucraini o condannano altri civili ucraini?”. La conclusione: “Quando si parla di guerra occorre cautela. All’inizio, come la stragrande maggioranza degli italiani, ho detto subito sì, senza se e senza ma, all’invio di aiuti economici, umanitari e militari per l’Ucraina. Sono passati due mesi, è servito? Inizio ad avere dei dubbi. Secondo me, adesso, Zelensky e Putin potrebbero e dovrebbero sedersi a un tavolo. Non vorrei che ci fosse qualcun altro, per altri interessi, a non volerli fare sedere al tavolo”.

Ma non finisce qui. Perché Salvini torna a dichiarare le sue simpatie per l’ex presidente UsaDonald Trump: “Se potessi, direi ‘aridatece Trump’. Perché con lui abbiamo vissuto anni di pace. Guarda caso, quando tornano al governo i democratici, tornano i venti di guerra”.
L’affondo del leader leghista fa a pugni con le posizioni di Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania. E, ovviamente, con quella dell’esecutivo italiano di cui la Lega fa parte. Il sostegno ai militari ucraini, peraltro, è uno dei punti della risoluzione che il Carroccio ha votato in Parlamento a fine febbraio.

Ce n’è abbastanza per suscitare perplessità nella stessa Lega, con il gelo di Giancarlo Giorgetti: “Un viaggio di Salvini a Mosca? Non mi risulta e andrebbe coordinato con il governo che sosteniamo”. Per aggiungere tensione nella maggioranza che è alle prese pure con il caso Petrocelli: i componenti della commissione Esteri del Senato sono pronti a dimettersi per protesta contro il presidente che contesta la linea “interventista” di Draghi. E, infine, l’accelerazione di Salvini torna a destare preoccupazione a Palazzo Chigi, dove i distinguo – nel delicato scenario internazionale – sono visti come minaccia alla compattezza del fronte occidentale nella risposta all’aggressione di Putin.

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