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Salvini prepara un viaggio a Mosca: chiesto il visto alle autorità russe

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MOSCA – Troppo repentina e poco credibile la giravolta dell’ultima ora. Matteo Salvini tenta il ritorno a Canossa. O meglio a Mosca. Dove dovrebbe arrivare nei prossimi giorni accompagnato da una delegazione di cinque o sei esponenti della Lega. Fonti diplomatiche russe hanno informato i competenti canali istituzionali italiani di aver ricevuto una richiesta di visto da parte dell’ex vicepremier e dai suoi accompagnatori. Il ministro dello Sviluppo Economico e vicesegretario del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, ieri ha auspicato “prudenza” a chi gli chiedeva delle reiterata disponibilità di Matteo Salvini ad andare a Mosca a dialogare con Vladimir Putin. “Non mi risulta che sia in programma un viaggio di questo tipo – ha detto il ministro -. Andrebbe coordinato con il governo che la Lega sostiene”. In ogni caso, ha aggiunto Giorgetti, “Salvini è animato da sincere intenzioni pacifiste”.

Da quando la Russia ha lanciato quella che chiama “operazione militare speciale”, nessun politico occidentale è volato in visita a Mosca, eccetto il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il segretario generale dell’Onu António Guterres che hanno incontrato Vladimir Putin al Cremlino nel tentativo estremo di una mediazione. Salvini sarebbe il primo leader di un partito occidentale a visitare la Federazione russa nel pieno delle ostilità con l’Ucraina.

Della missione non si conoscono né l’agenda, né le date. È improbabile che il leader leghista sarà presente alla parata del 9 maggio in occasione del 76° anniversario della vittoria sovietica sul nazismo. Almeno stando a quello che ha detto il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov: “Nessun ospite straniero sarà invitato”. Del resto, dopo che Putin ha irrigidito il rilascio dei visti ai cittadini dei “Paesi ostili”, Italia compresa, la procedura potrebbe richiedere una decina di giorni. Anche per un visitatore seriale come Salvini: solamente tra il 2014 e il 2018 si contano nove viaggi ufficiali a Mosca del leader del Carroccio.

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01 Maggio 2022

Nel 2014 andò persino a Sinferopoli, in Crimea, per ribadire la contrarietà alle sanzioni occidentali seguite all’annessione della penisola ucraina e all’inizio del conflitto nel Donbass. Poi tornò per il convegno Russia-Italia; per incontri con politici locali; interviste con Sputnik; conferenze stampa. Fino alla fatidica firma nel marzo 2017 dell’accordo tra Lega e il partito al potere Russia Unita e alle due missioni nelle vesti di vicepremier nel luglio 2018 per la finale dei Mondiali di Calcio e nell’ottobre dello stesso anno su invito di Confindustria Russia.

Ogni volta al suo fianco Gianluca Savoini, a capo dell’associazione Lombardia Russia, indagato per corruzione internazionale dalla procura di Milano per aver discusso con tre russi il 18 ottobre 2018, al Metropol Hotel di Mosca, di un presunto finanziamento di 65 milioni di dollari alla Lega. Erano gli anni in cui Salvini diceva “Qui a Mosca mi sento a casa mia, in alcuni Paesi europei no”, twittava “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin” o indossava una t-shirt con il leader del Cremlino in piazza Rossa.

La stessa maglietta che il sindaco polacco di Przemysl gli ha sventolato in faccia lo scorso marzo quando è andato al confine ucraino. Nel tentativo di far dimenticare il suo passato da filo-putiniano, dall’inizio dell’offensiva russa a oggi, Salvini si è infilato in una gincana: ha condannato l’attacco russo “senza se e senza ma”, ma ha criticato l’espulsione di 30 diplomatici russi dall’Italia; è volato in Polonia “in missione di pace”, ma non ha detto una parola su Bucha.

Si è disallineato dal governo, contestando le forniture di armi a Kiev. Lo ha ribadito anche ieri: “Aiutare l’Ucraina ad armare fino all’ultimo uomo non aiuta”. E ancora: “Sento il presidente Usa Biden alzare sempre di più la posta in gioco. Con Trump al potere non ci saremmo trovati in queste condizioni”. Distinguo su cui la Russia punta. Benché il ministro degli Esteri Lavrov, intervistato da Rete 4, abbia espresso il suo rammarico nel vedere l’Italia “in prima linea tra chi adotta sanzioni anti-russe”, non è un caso che abbia concesso la sua prima intervista a un media europeo a una rete italiana.

Una “Rete Mediaset”, come segnalato sul sito del ministero degli Esteri russo, ossia dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, vicinissimo a Putin. Una visita di Salvini a Mosca, mentre il premier Mario Draghi una volta iniziato il conflitto ha annullato il suo viaggio annunciato a febbraio, sarebbe un’altra crepa. Un’altra dimostrazione che l’Italia può essere l’anello debole su cui fare leva per scardinare la catena occidentale.

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