Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

VIES Newsletter

Gratuito / Prova ora

Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

Saman, la foto del bacio con il fidanzato che l’ha condannata a morte. Il padre: “L’ho uccisa per il mio onore”

[ Leggi dalla fonte originale]

BOLOGNA – “Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa”. Prima parla al singolare e poi al plurale, il padre di Saman Abbas. Perché la morte della diciottenne pachistana scomparsa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 a Novellara (Reggio Emilia), è un malaffare di famiglia nel quale in tanti hanno avuto un ruolo. “Un delitto d’onore”, lo definiscono gli inquirenti, una vergogna da cancellare e seppellire. Quella ragazza non voleva sposare l’uomo che le avevano imposto, un cugino di dieci anni più vecchio. Si era innamorata di un altro ragazzo, voleva andare via con lui, essere libera di pubblicare sui social la foto di un bacio, come tanti suoi coetanei: un altro tassello della sua condanna a morte.

Saman Abbas, in un video del Tgr Emilia Romagna agli atti i suoi ultimi minuti di vita

Nelle ottanta pagine di informativa dei carabinieri sulla fine di Saman, emergono adesso le parole di suo padre Shabbar, latitante in Pakistan con la moglie Shaheen. Su di loro pende una richiesta di estradizioneferma dal febbraio di quest’anno, ma la procura di Reggio Emilia guidata daGaetano Pacinon ha intenzione di arrendersi. Un passo indietro: nel giugno del 2021, un mese dopo la scomparsa della ragazza, il padre si sfoga con il suo fratellastro. Lo minaccia, perché pensa abbia raccontato qualcosa della vicenda: “Sono già rovinato, avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia. Per me la dignità degli altri non è più importante della mia. Ho ucciso mia figlia e sono venuto, non guardo nulla di nessuno (cioè non m’importa niente di nessuno, ndr)”.

Saman Abbas, storia di un’indagine

È l’epilogo di una tragedia iniziata anni prima. Saman raggiunge la famiglia in Italia nel 2016 perché il padre lavora per un’azienda agricola di Novellara. Nel 2019 diventa la promessa sposadi un cugino in Pakistan, un anno dopo la sua prima fuga in Belgio, poi il ritorno in Emilia e l’ingresso in comunità, perché nel frattempo i servizi sociali si accorgono della sua storia. Scappa più volte da una struttura di Bologna e nel frattempo conosce un connazionale,Ayub Saqib, oggi 24enne. Prima si scrivono sui social, a gennaio 2021 si vedono di persona: la foto di un bacio in strada pubblicato dalla ragazza su Instagram arriva alla sua famiglia. È l’inizio della fine. Il destino di Saman non può essere quello di passeggiare libera per le strade di Bologna.

Saman Abbas, il video che incastra lo zio e due cugini accusati del suo omicidio

Lo stesso Saqib e la sua famiglia vengono minacciati dal clan Abbas. Saqib racconterà del messaggio vocale di uno zio della diciottenne nel quale diceva: “Se scappa di nuovo ammazzatela“. Saman gli raccontava di avere paura di essere uccisa: aveva visto un messaggio di un altro zio sul cellulare della madre. Temeva la sua famiglia, suo padre. Lo stesso uomo che, come emerge dalle testimonianze, aveva chiesto un tapis-roulant in prestito per far camminare la moglie in casa ed evitare che girasse fuori casa. Eppure, nell’aprile 2021, Saman torna a casa. Vuole riprendersi i documenti, il permesso di soggiorno, e andare di nuovo via. Non potrà farlo.

Shabbar e la moglie non sono soli. In questa vicenda ci sono altri tre parenti che tra pochi mesi andranno a processo per l’omicidio di Saman, il cui corpo non è mai stato trovato. Sono lo zio Danish Hasnain, considerato l’esecutore materiale, e due complici, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Nei giorni precedenti alla scomparsa della diciottenne vengono immortalati dalle telecamere di sorveglianza con piede di porco e pale mentre si dirigono verso i campi alle spalle della casa della famiglia. La notte fra il 30 aprile e il primo maggio, i genitori di Saman consegnano a loro la figlia. “Abbiamo fatto un lavoro molto bene”, scriverà in chat lo zio Danish, e nonostante la traduzione sgrammaticata il messaggio è chiaro.

Il fratello minorenne di Saman, oggi ospite di una comunità protetta, dirà ai carabinieri: “Mio zio guardava male mia sorella, e lui è uno che picchia e uccide. Lei era già scappata due volte, e nella nostra religione è un grande sbaglio. Ho paura di lui, ho pensato di ucciderlo mentre dormiva visto che lui aveva ucciso mia sorella”. Forse qualcuno avrebbe potuto fermale il clan Abbas. Il fratellastro con il quale il padre di Saman si sfoga ai carabinieri racconta: “Lei mi chiamava ‘papà’, per me era come una figlia. Quando tutti sono scappati di casa, ho capito che era successo qualcosa di grave. Se fossi stato al corrente che avevano intenzione di ucciderla, avrei fatto di tutto per dissuaderli perché quello che hanno fatto è un crimine contro l’umanità“. Un altro cugino ha giurato: “Se mi avessero ordinato di fare una cosa del genere, mi sarei opposto”.

Simone Servillo, legale dei genitori della diciottenne, rigetta le ricostruzioni di queste ore sulle parole di Shabbar: “Sono frasi dalle quali non si può desumere nulla, virgolettati estrapolati da un contesto che manca, e che serve per potersi fare un’idea precisa”.

Il Portale Web dell’informazione libera

VIES TV

L’articolo che hai letto è stato di tuo interesse?

Scopri gli articoli correlati e lascia un commento!

Contattaci per info e collaborazioni.

Tags

Condividi questo post:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vuoi restare aggiornato sulle ultime news e le nuove uscite della nostra Web TV?
Iscriviti alla nostra Newsletter, ti invieremo solo informazioni utili e di valore.

Iscriviti alla nostra Newsletter mensile

Ricevi notifiche e riepiloghi delle notizie del mese

Non ti invieremo mai nessuno spam,
solo contenuti utili e di valore.

Il portale web dell’informazione libera.