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Ormai sono adulte, e c’è poco da fare. Alcuni miliardi di cavallette stanno spazzando 30mila ettari della provincia di Nuoro. Mangeranno 200-250 tonnellate di vegetali al giorno – meglio se verdi e irrigati, presi dai campi coltivati – poi a fine luglio spariranno come sono arrivate. Nel frattempo ai contadini non resta che contemplare la distruzione delle loro colture. Non va meglio a orti e giardini. Chi percorre in auto le strade della piana di Ottana e della valle del Tirso, più a ovest, si ritroverà i vetri oscurati dai corpi di Dociostaurus maroccanus, o grillastro crociato, la stessa cavalletta che da millenni piaga il Nordafrica.
(ansa)
Il picco dell’invasione
“Ogni femmina depone fino a 100 uova” spiega Ignazio Floris, professore di entomologia all’università di Sassari. “L’infestazione può crescere da un anno all’altro anche del 100%. Raggiunge un massimo e poi inizia a calare. Io credo che siamo arrivati al picco”. Iniziata nel 2019 con un migliaio di ettari, l’ondata attuale secondo gli esperti potrebbe piagare la Sardegna, con intensità calante, per altri 3 o 4 anni.
L’invasione attuale potrebbe interessare alla fine 50mila ettari, un record per i tempi moderni. “Nel 1946 ci fu un’ondata spaventosa” ricorda Roberto Pantaleoni, entomologo del Cnr e dell’università di Sassari. Allora due terzi dell’isola, un milione e mezzo di ettari, si ritrovarono spazzati dagli insetti. “C’era stata la guerra. I campi erano abbandonati e le cavallette trovarono le condizioni ideali per diffondersi. L’infestazione attuale non è paragonabile a quella di allora, ma è una delle più grandi degli ultimi decenni”.
Agricoltura
Per il quarto anno il centro Sardegna invaso dalle cavallette, a rischio pascoli e colture
di
Cristina Nadotti
Il ruolo del cambiamento climatico
Oggi non c’è la guerra, ma il cambiamento climatico che mantiene le uova al tepore in inverno. Anche la pioggia, che danneggerebbe uova e larve, ormai scarseggia. “Se loro non trovano ostacoli, si diffondono a macchia d’olio” spiega Pantaleoni. “Le uova si schiudono a metà aprile – aggiunge Floris – e i terreni si riempiono di chiazze di giovani esemplari grandi 2-3 millimetri. In un punto ne abbiamo contati 2.750 per metro quadro. E’ a quel punto che andrebbero attaccati. Più tardi, diventa tutto più difficile”. Nell’isola i primi adulti con le ali sono stati avvistati a fine maggio, dapprima in piccoli focolai, poi in sciami dilaganti, ognuno con centinaia di milioni o addirittura un miliardo di esemplari. Solo ad agosto moriranno, ma non prima di aver deposto altre uova.
Per debellarle ci sarebbero gli insetticidi, ma più le cavallette sono grandi e capaci di viaggiare, meno la chimica è efficace. In quella zona poi l’agricoltura biologica molto diffusa vieta la deltametrina, l’unico prodotto autorizzato, un piretroide usato anche nelle nostre case. “Quando le cavallette si involano, è pressoché impossibile fermarle. Nascono nei terreni incolti e abbandonati, ma subito si dirigono verso quelli coltivati, dove trovano il cibo migliore” allarga le braccia Pantaleoni.
Il cambiamento climatico gioca un ruolo ancora non troppo chiaro. “Il caldo e la siccità favoriscono tutti gli insetti. Le infestazioni sono molto difficili da prevedere, ma non escluderei che altre regioni possano essere colpite in futuro” prevede Floris. “Di certo però – aggiunge Pantaleoni – i pascoli troppo sfruttati, con terreni duri, compattati dal calpestio degli animali e dal caldo, sono l’habitat ideale per loro. Le femmine hanno una sorta di pungiglione sull’addome che usano come un trapano per praticare un foro nel terreno. Lì depongono le uova per l’inverno”.
Le contromisure
Arare il terreno esporrebbe le uova alle intemperie e ai predatori, ma andrebbe fatto in tempo. Individuare le larve e i giovani in primavera, per debellarle con l’insetticida, sarebbe una pratica efficace e di basso impatto. “Ma ci vorrebbero persone che conoscono le campagne, che le percorrano a piedi e individuino il rischio in anticipo. Oggi queste pratiche si sono perse” lamenta Pantaleoni. “Un tempo in Sardegna esisteva il Crai, centro antianofelico e anti insetti. Ora nessuno nota se il terreno si riempie di larve e di giovani insetti. Ci accorgiamo delle infestazioni solo quando è troppo tardi”.
Per fortuna per uccidere le cavallette si è abbandonato l’uso della crusca trattata con l’arsenico, diffuso fino al 1946, che ha causato la morte anche di tanto bestiame. Da allora è stato importato nell’isola un coleottero rosso e nero, il Mylabris variabilis, che si nutre delle loro uova. “E’ un metodo di lotta biologica molto utile – spiega Floris – ma non riesce a contrastare orde imponenti come l’attuale”. Gli entomologi in questi giorni girano l’isola per raccogliere i coleotteri. “Li portiamo nelle aree infestate dalle cavallette e li liberiamo lì” racconta Floris, reduce da varie perlustrazioni. “Al momento il loro numero non è sufficiente a fermare uno sciame, ma con il tempo potrebbero fermare la piaga”. Altrimenti, dice Floris “potremmo approfittare del fatto che le cavallette sono commestibili”. Scherza, ovviamente, ma chissà fino a che punto.