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Sardegna, riparte la Scuola di pastorizia per contrastare lo spopolamento delle aree interne

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Riparte, per il secondo anno consecutivo, la Scuola sarda di pastorizia, promossa dal Gal-Gruppo di azione locale Anglona Coros e finanziata dalla Regione Sardegna, per aiutare i pastori a continuare l’attività nelle aree interne in modo da contrastarne lo spopolamento. Per iscriversi c’è tempo fino al 27 settembre, tramite email, all’indirizzo selezioni@pec.edugov.it, allegando curriculum e carta d’identità.

La selezione

“Sul sito www.galac.it è stato pubblicato il bando”, dice il direttore del Gal, Simone Campus. “Formarsi costa fatica e sappiamo che sarà necessario trascurare per qualche giorno le proprie aziende e i propri animali”. La formazione è rivolta ai pastori di tutta la Sardegna: prevede 24 ore di teoria e 96 di formazione esperienziale con visite studio in aziende virtuose e innovative selezionate. Verranno selezionati 12 allievi che tra ottobre e novembre saranno impegnati in un percorso gratuito.

Chi si è iscritto alla prima edizione

L’anno scorso hanno partecipato alla prima edizione della Scuola 15 corsisti. Tra loro, allevatori che hanno ereditato il mestiere di famiglia, una laureata con figli piccoli che supportava il marito nell’attività amministrativa, un emigrato di ritorno che ha rivitalizzato un’attività economica agonizzante dedicandosi alla produzione di formaggi, e un diplomato (maturità scientifica) che ha coronato il sogno di dedicarsi alla pastorizia e metter su famiglia.

Le materie

La Scuola sarda è diventata un modello a livello nazionale grazie al percorso che ha permesso di validare la qualifica di pastore nel Repertorio regionale dei profili di qualificazione.

Sono previsti approfondimenti su materie come mercato del latte ovino, genetica e riproduzione, pascolamento, sistemi foraggeri, nutrizione animale, tecniche e strategie di marketing.

L’importanza della formazione

Secondo l’indagine sulle aree interne ‘Giovani Dentro’, promossa dall’associazione ‘Riabilitare l’Italia’ con il Crea-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, il 67% dei giovani fra i 18 e i 39 anni vorrebbe continuare a vivere e lavorare nel proprio territorio. Solo il 9% del campione considera il lavoro in campagna un ripiego, mentre il 94% vede almeno un motivo valido per investire in questo campo. “Quello che manca ai giovani per restare sono gli strumenti”, sostiene Campus, “una rete di relazioni che li sostenga e le opportunità lavorative, ma non mancano la passione e la voglie”.

“Se prima, per andare in campagna, dovevi forzatamente lasciare i banchi di scuola, oggi se vuoi fare il pastore devi andare a scuola”, spiega Pier Paolo Roggero, presidente del Comitato scientifico della Scuola e docente del dipartimento di Agraria dell’università di Sassari. “Le grandi trasformazioni in atto legate al cambiamento climatico e alla dominante cultura urbana della società, che opera scelte politiche ed economiche anche in ambito rurale, richiedono un elevato livello di professionalità e competenza per garantire la vitalità e la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle imprese pastorali”.

Un circolo virtuoso

“La pastorizia è tra i mestieri più antichi del mondo, ma la nostra non è un’operazione nostalgia, anzi, vuole essere lo strumento per rivalutare luoghi dimenticati, avviando un circuito economico e una rete di sostegno per chi decide di rimanere o stabilirsi in una piccola comunità rurale”, osserva il presidente del Gal, Antonio Sau, sindaco di Ittiri (Sassari).

“Scopo della scuola è sostenere da un punto di vista formativo giovani altamente motivati ad affrontare un percorso di vita legato alla pastorizia”.

Il metodo

Le attività formative sono curate dal Consorzio Edugov di Sassari diretto da Alessio Cabizzosu, in collaborazione con esperti delle agenzie agricole regionali Agris e Laore, di docenti delle università di Sassari, Torino e Molise, di ricercatori dell’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo del Cnr, del Crea e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Sassari.

“Il metodo adottato è quello della peer education”, precisa Giusy Piccone, coordinatrice didattica Edugov, “in cui il tradizionale rapporto gerarchico docente-allievo viene sostituito dagli scambi di esperienze alla pari integrate dal supporto tecnico-scientifico dei docenti che opereranno ‘sul campo’ e con strumenti didattici originali”.

 

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