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Scarcerato per un cavillo il generale Almasri, accusato di torture: è già tornato in Libia

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Scarcerato a meno di 48 ore dal suo arresto e già rientrato in Libia. Diventa un giallo internazionale e soprattutto una nuova rogna diplomatica per l’Italia la vicenda del generale Almasri, fermato a Torino sabato sera su mandato di cattura della Corte penale internazionale de L’Aia per crimini di guerra e violazione dei diritti umani e rilasciato nel tardo pomeriggio di oggi. Pare per un cavillo, un “errore” nella formulazione del mandato di cattura.

Nordio: “Stiamo valutando”

Nel pomeriggio, uno stringato comunicato del ministro Nordio aveva reso noto che a via Arenula si stava valutando il complesso fascicolo di accuse a carico di Najeem Osema Almasri Habish, che in realtà avrebbe già dovuto essere passato ai giudici della Corte d’appello di Roma, come prevede la procedura. E invece poche ore dopo la sorpresa, che era stata preceduta da una giornata di imbarazzanti silenzi da parte del governo subito rilevati dalle opposizioni. Almasri viene scarcerato e quasi immediatamente parte con un volo alla volta della Libia.

“L’errore procedurale”

A decidere la scarcerazione sono stati, dunque, i giudici della Corte d’appello di Roma che, su segnalazione della Procura generale, hanno rilevato un errore procedurale. Secondo i giudici, il ministro di Grazia e giustizia andava informato prima dell’arresto. E dunque si legge nell’ordinanza: “Per l’effetto non ricorrono le condizioni per la convalida e, conseguentemente, per una richiesta volta all’applicazione della misura cautelare. Ne deriva la immediata scarcerazione del pervenuto”.

“Arresto indegno”

A Tripoli gli amici del “generale” avevano definito indegno il suo arresto e alcuni siti di informazione si erano spinti a dire che l’Italia aveva accettato di rimandarlo in Libia dove sarebbe stato detenuto e processato, «così come sanciscono gli accordi Italia-Libia sui prigionieri».

La grana per il governo

Certo è che l’arresto di Najeem Osema Almasri Habish, avvenuto sabato sera a Torino, per il governo Meloni sarebbe potuto diventare un’altra rogna: si sarebbe infatti ritrovato stretto tra i doveri nei confronti della Corte penale internazionale e le aspettative degli amici libici a cui l’Italia assicura sostegno e finanziamenti per bloccare i flussi migratori.

Le violazioni dei diritti umani

Temutissimo dai migranti che finiscono nei centri di detenzione in Libia, Almasri è chiamato a rispondere di crimini di guerra, violazioni di diritti umani, omicidi, stupri, violenze, rapimenti. Dopo l’arresto non una parola da Palazzo Chigi, silenzio assoluto da Farnesina e Viminale. Abbottonatissimi gli investigatori anche su cosa ci facesse Osama Naijm a Torino, oltre a vedere la partita Juventus-Milan sabato sera, quando è stato fermato in compagnia di tre persone, tre libici che oggi sono subito stati espulsi dall’Italia perché entrati illegalmente o perché ritenuti pericolosi. Davvero il generale Almasri e i suoi amici erano arrivati a Torino solo per vedere la partita?

Le proteste delle opposizioni

Nel pomeriggio, prima che di diffondesse la notizia della scarcerazione, le opposizioni si erano rivolte cosi al ministro Nordio. “Siamo sorpresi”, ha detto Nicola Fratoianni di Avs, “dalle parole ‘sta valutando’. C’è ben poco da valutare e aspettiamo dal ministero della Giustizia parole chiare e inequivocabili che escludano ogni possibile dubbio sul fatto che la giustizia faccia il suo corso nei confronti di un trafficante di esseri umani”. Sulla stessa linea Arturo Scotto del Pd. “La richiesta della Corte penale internazionale”, ha affermato, “va applicata. Parliamo di uno dei capi della mafia libica. L’Italia aderisce alla Cpi e dunque deve essere conseguente con i trattati internazionali. Da questo arresto arriva, se era necessario, la conferma che il sistema che gestisce i migranti in Libia è nelle mani criminali senza scrupoli”. Il fondatore di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini, mette nel mirino il governo. “Il fatto che fosse in Italia”, ha sottolineato, “nonostante ricercato con un mandato di cattura internazionale, è dovuto al senso di completa impunità che hanno questi grandi trafficanti di esseri umani, che occupano posti di vertice nelle istituzioni libiche e intrattengono ottime relazioni con le nostre, oppure c’è dell’altro? Oltre alla partita di calcio, chi doveva incontrare o ha incontrato il libico qui in Italia? Il silenzio a volte spiega molto di più di tante parole”.

 

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