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Scuola, prima campanella nell’anno della ripartenza. Bianchi: “No agli orari ridotti per il gas”

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Zaino in spalla, skate, monopattini, frotte di genitori con la fotocamera accesa e zero mascherine. La prima campanella è suonata oggi per milioni di studenti. Non alla primaria Celestino V de L’Aquila devastata da atti vandalici, scritte, ingiurie, bestemmie e un inizio felice rimandato per tutti gli alunni. A loro se ne aggiungeranno altre migliaia sui banchi da qui al 19 settembre, secondo i calendari scolastici regionali. In tutto per 7,2 milioni di studenti si riparte. Anzi, “è l’anno della ripartenza”, dice il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che a settembre prossimo, con ogni probabilità non sarà più a viale Trastevere a dare il “ben tornati” ai ragazzi. “Lascio a chi viene dopo di me un Pnrr avviato, una scuola che è tornata a essere presente, al centro non solo dei nostri cuori ma al centro degli interessi del Paese”, è la sua eredità.

Intanto stamattina, dice, “tutto il Paese ha bisogno di ripartire, di ritrovarsi, di guardarsi in faccia. Stiamo ripartendo, tutti al loro posto”. E poi, rivolgendosi agli studenti:  “Ragazzi, la scuola è il momento in cui si cresce insieme. Nella vita diventerete grandi ma vi ricorderete sempre il vostro compagno, la prof e quella volta che siamo andati in gita e ci eravamo persi. Fate tesoro di ogni momento che è un pezzo non solo della vita di adesso ma anche della vita che avrete, fatelo con gioia. Nel momento difficile che siamo vivendo, teniamoci tutti per mano”.

Il ritorno alla normalità post Covid

Al di là dei riti, delle emozioni, delle prime volte, delle ultime e della retorica c’è la realtà. Si torna quest’anno senza mascherine, senza distanziamento, senza Dad, senza rivoluzioni sull’aerazione (“Non si è fatto nulla, si è preferito aspettare la fine del covid, piuttosto che fare interventi”, ha rimprovarato il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, Antonello Giannelli). Senza duri protocolli Covid, insomma, sperando che il virus non rialzi la testa. “Finalmente quest’anno scolastico ricomincia senza emergenza sanitaria”, dice Chiara, studentessa del liceo Cavour di Roma. “Il governo – spiega Bianchi – ha ritenuto che la fase di emergenza fosse conclusa. Ma siamo pronti per ogni evenienza. Teniamo monitorata la situazione in ogni parte del Paese”.

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“Niente settimana corta per il gas”

Ora il nuovo spauracchio si chiama caro gas. Ma Bianchi rassicura: ridurre l’orario scolastico in presenza per contenere i costi legati al caro energia, è “un tema che il governo non ha mai affrontato”. “Capisco – ha aggiunto – che c’è un problema legato al costo dell’energia che coinvolge tutto il paese, ma la scuola deve essere l’ultima ad essere coinvolta in questi temi. La scuola ha bisogno di presenza, una presenza chiara, esplicita e non soggetta agli andamenti del prezzo del gas”. Eppure c’è chi, come il governatore lombardo Attilio Fontana continua a sostenere che “la settimana corta può essere una strada”.

L’orari ridotto per le supplenze

Intanto continua lo scontro su docenti e cattedre. Bianchi dice che “non c’è nessun balletto delle supplenze” e snocciola i numeri: “abbiamo 801mila insegnanti e di questi 91mila sono insegnati di sostegno in deroga, poi abbiamo 25mila insegnanti che stanno concludendo il concorso, uno dei 7 fatti in un anno e mezzo, ci sono solo 40-44mila supplenti ossia il 5% del totale”. I sindacati avevano parlato di 150-200 mila cattedre vacanti, “una provocazione per riportare la scuola al centro”, dice il ministro. A fare un giro nelle scuole però va smentito anche il ritornello di “tutti gli insegnanti in classe dal primo giorno”. Non è così, qua e là vanno ancora nominati e infatti gli orari si riducono e i genitori dopo 2, 3, 4 ore al massimo sono già di nuovo davanti alle scuole a riprendere i figli. Non si andrà a regime prima di ottobre, considerando anche che molte scuole saranno chiuse il 26 settembre causa elezioni. Lo dice anche Giannelli: “Non ci sono tutti i docenti che ci dovrebbero essere. Il ministro si è impegnato, ma è il meccanismo che non funziona. Circa un quarto di tutti i docenti è precario e questo è dovuto al meccanismo di concorsi centralizzati”.

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Meno classi pollaio

Pure quello delle classi pollaio, per Bianchi, è un falso problema, o meglio un’emergenza destinata a rientrare in pochi anni perché gli studenti sono 300 mila in meno rispetto a due anni fa. Certo non una buona notizia. Ma, sostiene il ministro, già oggi anche a causa del calo demografico, “solo l’1% delle classe ha più di 27 alunni, mentre il 90% ne ha meno di 24”. Tra i partiti politici chi ha inserito nel suo programma elettorale un obiettivo sulle aule chiede però di portare il numero sotto i 20 alunni per classe per migliorare la vivibilità delle aule piccole e soprattutto la didattica con un rapporto minore tra insegnanti e alunni.

Le proteste dei collettivi

A battezzare il primo giorno anche le proteste dei collettivi studenteschi: “Vogliamo riportare l’attenzione su noi giovani. Il 25 settembre ci aspettano le elezioni e i programmi dei partiti politici non ci rappresentano – dice Aurora della Rete degli studenti medi – È vero, si parla di giovani, ma in maniera molto generale, senza centrare le nostre necessità. Per questo abbiamo scritto una contro agenda che dà una diversa idea di scuola e società: un elenco di 100 proposte su diritto allo studio, ambiente, salute mentale, lavoro e spazi di aggregazione sicuri.

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