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Scuola, record di studenti stranieri in Italia: “Tra dieci anni saranno un milione”

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Mai così tanti alunni stranieri tra i banchi delle scuole italiane. L’ultimo dato ufficiale del ministero dell’Istruzione e del Merito certifica la presenza nell’anno in corso di quasi 889 mila alunni con entrambi i genitori stranieri (888.880 per l’esattezza). Un numero mai registrato prima visto che l’ultimo dato ufficiale, sempre di fonte ministeriale, del 2020/2021, contabilizzava poco più di 865 mila alunni non italiani.

Un traguardo vicino

Gli 889 mila alunni stranieri (su 8,1 milioni circa) rilanciano il tema dello ius soli e dello ius scholae. Il dato si riferisce sia agli alunni delle statali, 814 mila e 500 circa, sia a quelli che frequentano le paritarie: 74 mila e 500. E il traguardo del milione di alunni stranieri non sembra lontano. A questo ritmo, l’obiettivo potrebbe essere raggiunto nel 2032 o l’anno successivo: fra nove o dieci anni. Vent’anni fa, si contavano poco meno di 240 mila bambini e studenti non italiani, il 2,7% dell’intera popolazione scolastica, e nel 1992/1993 si superavano di poco le 30 mila unità.

Per stabilire il peso degli alunni stranieri sul totale degli alunni occorre fare riferimento alle sole scuole statali, di cui si conoscono i dati aggiornati. Nel 2022/2023, un alunno su nove delle statali è censito come straniero. E a fare assumere al record un significato particolare è il contemporaneo decremento degli alunni italiani: 6 milioni e 854 mila nel 2017/2018, 6 milioni 472 mila quest’anno. Oltre 380 mila in meno nel giro di un quinquennio.

Tasso più alto tra i piccini

La presenza straniera assume dimensioni più vistose tra i più piccoli. Nella scuola statale dell’infanzia tocca quota 13,4% e alla primaria il 14,0%: circa un bambino su sette. Procedendo verso la scuola media la presenza cala all’11,7%. E al superiore, dove i ragazzi stranieri vanno incontro più di frequente a bocciature e abbandoni, si scende ancora: siamo al 7,8%, uno studente ogni 13. Nel 2020/2021 gli alunni non italiani in ritardo scolastico rispetto all’età anagrafica ammontavano al 53%, contro il 16% degli italiani.

Il Settentrione in testa

Nelle regioni settentrionali, la quota di alunni provenienti da culture diverse raggiunge livelli record. Nelle scuole dell’infanzia emiliano- romagnole si registra il record regionale di presenze straniere: il 28%. E anche alla primaria quasi un bambino su quattro (il 23%) ha i genitori che provengono da un altro Paese. Anche Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia e Veneto alla materna e all’elementare viaggiano tra il 20% e il 24%. Si tratta delle regioni dove è più facile trovare lavoro, preferite dalle famiglie straniere che approdano in Italia in cerca di un futuro migliore.

I due terzi di seconda generazione

Più di due terzi degli alunni censiti come stranieri sono di seconda generazione: nati cioè in Italia di cui parlano i diversi dialetti regionali. Ma questo non permette loro di fregiarsi del titolo di cittadino italiano: nonostante siano nati e cresciuti nel nostro Paese, hanno meno diritti di tutti gli altri alunni e abitanti. La legge che stabilisce i requisiti per ottenere la cittadinanza risale al 1992, quando nel Belpaese gli alunni stranieri erano lo 0,32% del totale: i nati da almeno un genitore italiano e i nati sul territorio italiano da genitori ignoti o apolidi. In punta di diritto, si parla di ius sanguinis . Adesso la presenza straniera a scuola non è più marginale e da diverse parti si invoca una legge che consenta a chi nasce in Italia di ottenerne la cittadinanza. Nel 2021, il Partito democratico lanciò lo ius soli e nel 2022 il governo Draghi discusse lo ius scholae : la possibilità di ottenere il titolo facendo ingresso in Italia entro il dodicesimo anno di età e dopo avere frequentato regolarmente almeno un intero ciclo scolastico, con esito positivo nel caso della scuola primaria. Ma agli inizi di luglio dello scorso anno, su pressione della Lega di Salvini, allora al governo, e di Fratelli d’Italia, che stava all’opposizione, lo ius scholae fu rimandato a settembre. Pochi giorni dopo, il 21 luglio, Mario Draghi rassegna le proprie dimissioni. E la proposta di legge venne definitivamente accantonata.

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