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“L’Italia ha delegato un respingimento in Libia”. La denuncia arriva da SeaWatch che con il suo SeaBird, per oltre ventiquattro ore ha monitorato una piccola imbarcazione che con difficoltà tentava di attraversare il Mediterraneo centrale con trenta persone a bordo. Secondo le prime informazioni, viaggiavano al largo delle coste libiche, quando sono state soccorse dal mercantile Grimstad, che però non si sta dirigendo verso un “porto sicuro”.
Secondo quanto comunicato via radio a SeaBird dall’equipaggio, su indicazione del centro di coordinamento e soccorso di Roma, la nave si sta dirigendo verso la Libia. Tecnicamente è un respingimento, significa riportare le persone in un Paese da cui sono fuggite e in cui non c’è alcuna certezza che i loro diritti umani vengano rispettati. Ed è illegale. Per casi simili, già in passato l’Italia è stata duramente sanzionata dalla Corte di Giustizia Europea.
“È in corso una gravissima violazione del diritto internazionale. È inaccettabile”, denunciano da SeaWatch.
Il rapporto Onu sulla Libia diffuso poco più di un mese fa documenta “la pratica diffusa” di detenzioni arbitrarie, omicidi, torture, stupri, riduzione in schiavitù e sparizioni forzate all’interno del Paese”. E sottolinea “la tratta, la riduzione in schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione e il contrabbando hanno generato entrate economiche significative per individui, gruppi e istituzioni statali”.
Ma soprattutto tira in ballo e punta il dito sulle autorità libiche. Perché quei centri di detenzione in cui abusi, violazioni e torture avvengono “in modo sistematico”, si legge, sono “sotto il controllo effettivo o nominale” di diverse entità statali o parastatali come il Directorate for Combating Illegal Migration (DCIM) e la Guardia costiera libica”. E anche per questo fra le raccomandazioni alla comunità internazionale c’è quella di “”cessare ogni sostegno diretto e indiretto agli attori libici coinvolti in crimini contro l’umanità e gravi violazioni dei diritti umani contro le persone migranti, come il Directorate for Combating Illegal Migration (DCIM), il Stability Support Apparatus (SSA) e la Guardia costiera libica”.