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La legge sul doppio cognome inizia il cammino verso l’approvazione. Oggi in commissione Giustizia al Senato partirà l’esame dei provvedimenti che puntano ad eliminare lo squilibrio previsto dall’attuale normativa, secondo cui è l’uomo ad avere la priorità nell’attribuire il cognome ai figli della coppia. La riforma, sulla carta, può contare su un sostegno politico trasversale e sul parere favorevole del governo. È stato l’intergruppo delle donne di Palazzo Madama, composto da tutte le elette del Senato, ad aver spinto affinché la discussione entrasse nel vivo in tempi stretti. Il rischio, come accaduto durante la scorsa legislatura, è che il provvedimento non riesca vedere la luce prima della scadenza delle legislatura prevista tra meno di un anno.
Il tempo stringe. Già nel novembre 2021 la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati aveva incaricato la senatrice del Pd Valeria Fedeli di coordinare il tavolo di lavoro sulla riforma. Ora l’obiettivo è quello di arrivare ad un testo congiunto partendo dai sei disegni di legge depositati in commissione Giustizia. “La norma attuale crea un automatismo burocratico che cancella non solo il diritto della donna alla trasmissione delle propria identità ma anche il diritto dei minori ad una identità completa”, dice Alessandra Maiorino, senatrice del M5S e prima firmataria di uno dei ddl depositati in Senato. Tutte le proposte in campo partono dallo stesso assunto: dare pari dignità alle donne nel rapporto di coppia, disponendo che il cognome del figlio venga attribuito secondo la volontà dei genitori. In sintesi, secondo le proposte, è possibile conferire il cognome paterno o materno, o quello di entrambi, nell’ordine stabilito dai genitori. Nel caso in cui i coniugi non dovessero raggiungere un accordo, al figlio sono attribuiti d’ufficio i cognomi in ordine alfabetico. Per evitare che i fratelli nati dagli stessi genitori possano avere un cognome diverso, la regola è che il cognome deciso per il primo figlio venga attribuito anche ai figli nati successivamente.
A rischio la legge sul doppio cognome, al Senato la vuole solo il Pd. “Qualcuno sogna la rivincita del maschilismo”
di GOFFREDO DE MARCHIS
Secondo la normativa attuale, l’uomo è il titolare di una sorta di diritto di precedenza sulla donna. Un fatto che, al di là della legge, è consolidato da una prassi in uso ormai da decenni. In primo luogo non è ancora possibile dare al figlio solo il cognome della madre. Quello del padre, infatti, deve comunque essere presente e anteposto rispetto a quello della madre. Non solo: se per attribuire il cognome di quest’ultima è necessario l’accordo di entrambi i genitori, per assegnare quello del padre, al contrario, il consenso della madre non è richiesto. E ancora: se il figlio venisse riconosciuto dal papà in un secondo momento, il cognome della madre potrebbe essere non solo affiancato affiancato a quello della madre, ma addirittura eliminato e sostituito da quello dell’uomo. “La riforma del doppio cognome è un atto di civiltà che consentirà di valorizzare maggiormente il ruolo materno. Sostengo questa legge con forza ormai da diversi anni e ho inoltre presentato in questa legislatura un Ddl a mia prima firma. Adesso occorre trovare una mediazione, mettendo in chiaro che il bambino nasce da una madre e da un padre”, commenta Paola Binetti, senatrice dell’Udc.
Nel 2016 la Corte Costituzionale dichiarò illegittima l’attuale legge sull’attribuzione dei cognomi. Una “violazione del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi”, la definì la Consulta. Ancor prima, nel 2014, fu la Corte europea dei diritti dell’uomo a chiedere all’Italia di modificare la norma. Secondo la Cedu l’attuale legge violerebbe l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e l’articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un parere che aveva portato il ministero dell’interno ad emanare una circolare con l’obiettivo di attenuare gli squilibri dell’attuale legge, ma con scarsi risultati.