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Sono grassa e mi vergogno: i post motivazionali sulla body positivity che non servono a nulla

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Ci credete? La cerniera di un paio di jeans, se di modesta qualità, può essere un elemento che entra nel ragionamento di una sentenza per violenza sessuale. Davvero eh. Una sentenza che dello slogan urlato nelle piazze, “No è no” sembra lontana secoli. E invece a Torino una Corte di appello ha assolto un ragazzo, che in primo grado era stato condannato a poco più di due anni, per la violenza sessuale su una ragazza che conosceva, avvenuta in un locale nel 2019. Non sarebbe bastato per i giudici il rifiuto netto della ragazza – “Gli dissi chiaramente: non voglio” – ma “alterata per uso smodato di alcol provocò l’avvicinamento del giovane che la stava attendendo dietro la porta” del bagno. Peggio: in quel bagno la ragazza si sarebbe trattenuta “senza chiudere la porta, così da far insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesso offrendo e che non si fece sfuggire”. Era ubriaca quindi, e non ha chiuso la porta: più invito esplicito di così, invito da “non  lasciarsi sfuggire”, neanche parlassimo della possibilità di vedere in anteprima il film del secolo? E poi quell’aggiunta, con l’imputato che non nega di aver abbassato lui i pantaloni della ragazza rompendo anche la cerniera, ma per i giudici di appello “l’unico dato indicativo del presunto abuso potrebbe essere considerato la cerniera rotta, ma l’uomo non ha negato di aver abbassato i pantaloni della giovane, ragione per cui nulla può escludere che sull’esaltazione del momento la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura”.

Se non bastasse, ecco un altro passaggio, quello in cui i giudici dicono che “non si può affatto escludere che al ragazzo la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno, facendosi porgere i fazzoletti, tenendo la porta socchiusa: aperture lette certamente dall’imputato come un invito a osare. Invito che l’uomo non si fece ripetere, ma che poi la ragazza non seppe gestire, poiché un po’ sbronza e assalita dal panico”.

Ora, Moretti diceva che le parole sono importanti (e non bisognerebbe abusare neanche di questa citazione, in effetti), e quindi dei giudici che pur nella convinzione della loro tesi, e quindi dell’innocenza del ragazzo, usano frasi come queste, espressioni come queste – “provocò l’avvicinamento” – forse qualche attenzione in più dovrebbero farla. Non fosse altro che, come scrive la sostituta procuratrice generale Nicoletta Quaglino che ha impugnato la sentenza con un ricorso in Cassazione, “illogica appare la sentenza quando esclude la sussistenza del dissenso, sia perché tale dissenso risulta manifestato con parole e gesti, sia perché nessun comportamento precedente può aver indotto l’agente in errore sulla eventuale sussistenza di un presunto consenso”.

Un no è un no, ripetiamolo assieme: lo è se arriva durante i preliminari di un rapporto sessuale, lo è quando – come ha stabilito la sentenza di primo grado – una ragazza e un ragazzo si conoscono, si scambiano qualche bacio, ma all’incontro successivo la ragazza spiega che era stato un bacio e basta e che non voleva iniziare una relazione con lui. “Il ragazzo le aveva detto di avere un debole per lei, sicché non avrebbe perso le speranze e sarebbe stato disponibile a iniziare un rapporto sentimentale non appena lei l’avesse voluto”, aveva scritto il gup nella sentenza di primo grado.

Nel 2021 sono state 15.720 le donne che hanno contattato il “1522”, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking: un dato stabile rispetto al 2020 (15.128) ma quasi raddoppiato dal 2019 (8.427).

Oggi a Milano i pm Letizia Mannella, Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini hanno chiesto una condanna a 8 anni per Alberto Genovese, che da imprenditore di start up milionario e osannato è finito in carcere con l’accusa di aver violentato e drogato almeno due ragazze. A processo Genovese ha sostenuto di non ricordare molto di quanto accaduto in una notte di ottobre 2020 nella stanza da letto del suo attico, Terrazza Sentimento, e di aver capito che la vittima gli aveva chiesto di smetterla soltanto quando aveva visto i filmati delle telecamere a circuito chiuso, quindi successivamente, mentre quella notte aveva percepito i “no” della ragazza come “parte di una contrattazione economica”. Un no è un no: se neanche i giudici lo mettono alla base di una decisione processuale, perché deve farlo un aggressore?

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