[ Leggi dalla fonte originale]
Galassie, galassie dappertutto, che si sono accese tutte insieme e hanno illuminato l’Universo. “Apri gli occhi e tutto ciò che vedi è nuovo, è una cosa bellissima. Come essere dei bambini in un negozio di giocattoli”. Gli aggettivi che Tommaso Treu, astrofisico italiano, professore all’Università della California, Los Angeles, usa più spesso quando parla delle osservazioni del James Webb space telescope sono “divertente” e “pazzesco”. Lui e il suo team, composto da astrofisici di tutto il mondo, stanno osservando le galassie più distanti nello spazio e nel tempo mai viste finora. Il loro programma si chiama “Through the looking Glass”, come Alice di Lewis Carroll. Quello che hanno visto “attraverso lo specchio”, è il Paese delle Meraviglie per gli astronomi. Treu condivide su Skype la foto di quella che potrebbe essere la galassia più lontana mai osservata: GLASS-z13. È una macchiolina sfocata, scampoli di luce: “Una luce che ha viaggiato per 13,6 miliardi di anni”. A quell’epoca, l’Universo aveva poche centinaia di milioni di anni.
E’ solo l’inizio
L’angolo di cielo in cui hanno guardato è diverso dal “campo profondo” del James Webb divulgato tra le prime immagini rese pubbliche dalla Nasa. È accanto all’ammasso di galassie A2744, la cui massa è così grande da distorcere la luce degli oggetti remoti che si trovano dietro, fino a magnificarli e mostrare ciò che di più lontano si possa osservare. Sanno che se questo è un record, sarà ben presto sbriciolato con nuove osservazioni. Il James Webb ha solamente iniziato a dimostrare di cosa è capace.
Il nome della galassia si riferisce a un parametro, il redshift, che si avvicina a 13 (“in realtà è 12,3” puntualizza Treu): dice quanto quella luce si è spostata verso il rosso nel suo cammino fino a noi e la sua lunghezza d’onda si sia “stirata”, per capirci, un po’ come l’eco della sirena di un’ambulanza che si allontana. Questo dà la misura della sua distanza. Tutto attende di essere pubblicato su una rivista ma è confermato da altri due studi indipendenti. Perché c’è stata una corsa forsennata a ottenere e pubblicare i primi dati: “I nostri sono stati presi il 28 e il 29 giugno ma la Nasa li ha tenuti segreti. Loro il 12 luglio hanno divulgato le prime immagini, a tutto il mondo. Poi, il 14 luglio, i nostri sono diventati pubblici immediatamente. E quindi c’è stata una specie di pazza corsa a pubblicare i primi risultati”.
Sorpresi, quasi travolti da quello che hanno visto, Treu e colleghi hanno già scritto 14 studi. Il loro obiettivo è guardare indietro nel tempo a quelle galassie nate dopo la fine dell’età buia dell’Universo. Così lontano non aveva mai visto nessuno, ed è solo l’inizio: “Appena acceso, sono comparse da tutte le parti – osserva – non ci aspettavamo così tante galassie lontane e così brillanti. E che sia stato così facile trovarle. E poi, sorprendentemente, sembrano quasi identiche. Sono piccole e densissime e formano stelle come dei pazzi. Tutta una galassia che fa boom, tutta insieme, una roba pazzesca”.
Z13, la galassia più lontana osservata dal programma Glass. Credits: Credit: Diego Paris/Tommaso Treu/GLASS-JWST collaboration NASA/STScI/GLASS-JWST program: R. Naidu, G. Brammer, T. Treu
Al lavoro senza orari
Le firme dello studio sono di studiosi appartenenti a istituti di tutto il mondo. California, Australia, Thailandia, Danimarca e Giappone. Ma soprattutto Italia. Diversi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Roma, Bologna, Trieste, Milano, Napoli e Padova), dell’Agenzia spaziale italiana e delle Università di Milano e Ferrara. Per questo il lavoro non si ferma mai: “Lavoriamo da tutto il mondo around the clock. uno dei nostri colleghi, Marco Castellano, dice che dovremmo far entrare nel team un cardiologo per i ritmi forsennati” scherza Treu.
Tra le curiosità “divertenti” che gli piace citare, tra le meraviglie pescate da questo pozzo scuro, c’è una singola stella, lontanissima, la cui immagine ci arriva da qualcosa come un miliardo di anni luce, ed è stata catturata dalla gravità e magnificata. Oppure, oggetto di un altro studio, “la più lontana nana bruna mai osservata, una stella freddissima distante duemila anni luce”. Ma il team Glass è concentrato soprattutto sull’Universo lontano, nel capire come abbia fatto, così bambino, a esplodere in uno spettacolo di fuoco come quello che emerge dalle osservazioni.
Da dove è partito tutto
E a svelare misteri come quello dei buchi neri supermassicci, per i quali ancora non c’è una spiegazione condivisa su come siano nati e si siano accresciuti per diventare questi giganti al centro delle galassie. Compresa la nostra: “Quando cominciano? Cosa mette il seme? – si chiede l’astrofisico – Sarebbe bello poterlo scoprire: se dentro a queste galassie che vediamo ci sono buchi neri supermassivi, avrebbe grandi conseguenze per capire come fanno a diventare così grandi tanto in fretta per esempio. E solo il James Webb è in grado di dircelo. Sono speculazioni, ma non sappiamo cosa potremo scoprire nei prossimi mesi. Solo l’Universo lo sa”. Siamo solo all’inizio di una straordinaria avventura, come Alice all’entrata del tunnel.