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Il pool di difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba, presenterà la propria istanza di revisione del processo a Brescia “fra pochissimo tempo, indicativamente cinque o sei giorni”, ha spiegato all’Ansa l’avvocato Fabio Schembri, legale della coppia insieme a Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello.
Una istanza annunciata da tempo, che è una iniziativa diversa da quella della Procura generale di Milano che sta valutando anch’essa se chiedere la revisione del processo. “Sono soddisfatto e contento che anche la magistratura si possa interessare del caso. A questo punto ce lo aspettavamo e lo auspicavamo”, anche se “è molto difficile che ci sia una iniziativa del genere della Procura generale. E’ accaduto pochissime volte”. “Noi da qui a breve presenteremo la nostra richiesta, al di là di quella della magistratura. Faremo la nostra istanza, e se la Procura generale ne presenterà un’altra, ben venga”. Una richiesta di riapertura su cui Beppe e Pietro Castagna, figli e fratelli di due delle vittime di quella mattanza, hanno espresso sconforto: “Consentiteci di difendere però la verità, che per noi è solo una, consentiteci di essere indignati e increduli nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come ‘un gigante buono e una gracile signora’. Questo gigante buono e questa gracile signora hanno ucciso brutalmente nostra madre, nostra sorella, nostro nipotino, la signora Valeria, hanno tentato di uccidere il signor Mario, spezzando pochi anni dopo la sua vita e e la vita di nostro padre, facendo vivere a me e a Beppe, a Elena e Andrea Frigerio un incubo continuo”.
Strage di Erba, il sostituto procuratore di Milano: “Olindo e Rosa innocenti in carcere. Sono vittime di un errore giudiziario”
a cura della redazione Milano
La nuova istanza, da quanto si apprende dall’Adnkronos, si baserebbe anche su un nuovo testimone nella strage per cui Romano e Bazzi sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva per la morte di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouz di 2 anni, della nonna del piccolo Paola Galli e di una vicina di casa Valeria Cherubini, accorsa nell’appartamento di via Diaz la sera dell’11 dicembre 2006. Si salvò, solo per caso, il marito Mario Frigerio, morto nel settembre del 2014, testimone oculare del quadruplice omicidio. Proprio la sua testimonianza il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser sostiene, nell’atto che ha depositato per chiedere ai suoi superiori di riaprire il caso, che non possa essere considerata valida.
Strage di Erba, la pista alternativa della difesa di Olindo e Rosa
Dopo la sentenza della Cassazione, arrivata il 4 maggio del 2011, gli avvocati hanno lavorato a lungo – con un pool di esperti – per cercare di ribaltare una condanna su cui nessuno dei giudici ha mai espresso un dubbio. Le indagini difensive hanno portato a rintracciare, pochi mesi fa, un uomo tunisino, finito in un’inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (compagno e padre di due delle vittime), il quale avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell’agguato all’interno dell’appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi.
Un elemento che, insieme alle presunte incongruenze e anomalie di un’indagine, porta la difesa a provare a smontare – dopo quasi 17 anni dai fatti – le tre prove (le confessioni dei coniugi, le parole del testimone che riconosce Olindo e la macchia di sangue della Cherubini nell’auto della coppia) che hanno portato in carcere e all’ergastolo i coniugi Romano. Un lavoro che si è servito degli strumenti offerti dai progressi della scienza e della tecnologia e che sono riassunti in due corpose consulenze multidisciplinari e una consulenza biologico-genetica forense. “Ogni singolo elemento di prova non regge e ora i nuovi elementi raccolti vanno a intaccare la condanna” spiega Schembri all’Adnkronos.
Strage Erba, la macchia di sangue e la testimonianza di Mario Frigerio
I legali ripropongono testimonianze, verbali, rilievi, audio e video da sempre presenti nell’inchiesta, ma a loro dire, mai davvero analizzati, valorizzati o compresi fino in fondo. Si parte dal ricostruire le versioni di Frigerio che passa dal non ricordare, a offrire l’identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa. Una memoria falsata, così come “false”, indotte, sono le confessioni di Olindo e Rosa. Nella corposa documentazione dei legali c’è un paragrafo dedicato alle intercettazioni ‘scomparse’ in ospedale e a casa dei coniugi Romano, così come viene messe in discussione, la “genuinità” della macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell’auto di Olindo. Non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato. Se su quella traccia ematica finora la difesa ha fatto un atto di fede, ora fa marcia indietro: quella traccia non esiste, “è una suggestione ottica”.
Ma soprattutto – è questa la tesi del pool di legali, finora sempre non accolta dai tanti magistrati che si sono occupati del caso – stupisce che in quella ‘mattanza’, in quel “bagno di sangue”, i due condannati siano riusciti a non lasciare alcuna loro traccia in casa delle vittime e a non ‘portare’ alcuna traccia nella loro abitazione. In discussione c’è anche la dinamica della morte della Cherubini, che lascia supporre che gli aggressori siano ancora presenti all’arrivo dei primi soccorritori accorsi per spegnere le fiamme. E nella lunga controinchiesta ritornano gli elementi distrutti dopo la sentenza definitiva (su cui la difesa aveva chiesto accertamenti). Le conclusioni dei legali – così come quelle che arriveranno dalla procura generale di Milano – dovranno superare un primo vaglio di ammissibilità da parte dei giudici di Brescia, solo dopo potrebbe essere fissata un’udienza per decidere se il caso va riaperto.