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Test per il Covid: ecco cos’è il tampone Coi. Ci dice quali sintomi avremo e quanto durerà l’infezione?

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Quanti test rapidi esistono sul mercato?

Un numero enorme: sono 560 solo i test antigenici rapidi approvati dall’Unione europea. E’ raro che la farmacia o il laboratorio di analisi indichino il tipo di test offerto. Spesso si limitano solo a indicare il tipo. Ai clienti viene presentata la scelta fra il test rapido tradizionale, che in genere costa attorno ai 15 euro, e quello cosiddetto Coi, che può essere fatto pagare 3 euro in più.

Cosa vuole dire Coi?

Coi è la sigla di “cut off index”, o indice soglia. Se il test infatti misura un valore inferiore a 1 viene considerato negativo. Se è al di sopra risulta come positivo.

Cosa misura esattamente il tampone Coi?

Misura quanto virus Sars-Cov2 è presente in un campione di mucosa nasale prelevato col tampone. Il prelievo è identico a quello degli altri test. Il campione viene diluito e messo all’interno di uno stick. Lo stick contiene degli anticorpi, creati artificialmente, capaci di riconoscere Sars-Cov2. “Non tutta la particella virale in realtà viene riconosciuta” spiega Vittorio Sambri, professore di microbiologia dell’università di Bologna e direttore del laboratorio della Ausl Romagna. “Gli anticorpi riconoscono una proteina del virus chiamata N, che è più stabile e presente in quantità superiori rispetto alla proteina S, o spike, che abbiamo imparato a conoscere perché riguarda i vaccini e la risposta immunitaria”. La proteina N in questo caso rappresenta l’antigene.

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Come fa il tampone a effettuare la misura?

“Quando l’anticorpo si lega all’antigene rilascia una sostanza che può essere colorata (nel caso dei test tradizionali con la striscetta rossa) oppure fluorescente, come nei test Coi” spiega Concetta Castilletti, responsabile dell’unità di virologia e patogeni emergenti dell’ospedale di Negrar (Verona). Il segnale può essere più o meno forte, a seconda di quanti “accoppiamenti” avvengono tra anticorpi e proteine N. “A differenza della striscia rossa, la fluorescenza non è leggibile a occhio nudo. Occorre un apparecchio capace di misurarne l’intensità”. Più forte è l’intensità del segnale, più anticorpi si sono legati alle proteine N.

Come si legge il risultato del test Coi?

Il risultato del test Coi è una cifra che corrisponde all’intensità del segnale fluorescente. Un segnale molto forte può saturare il test: vuol dire che il test non può effettuare misurazioni sopra una certa soglia. Il risultato allora verrà presentato come “superiore a 100”, oppure “a 200” o “a 500”, a seconda della scala usata per quella marca di test.

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Il risultato del test corrisponde alla carica virale?

“In modo molto indiretto e impreciso” spiega Sambri. “Il primo motivo è che la quantità di proteina N non è strettamente legata alla quantità di virus presente nell’organismo. Nel replicarsi, infatti, i virus ne generano spesso più del necessario. Anche quando il virus ormai ha smesso di replicarsi e sta svanendo, poi, una certa quantità di proteina N resta in circolazione, in attesa di essere smaltita”. Il secondo motivo, aggiunge Castilletti, è che “la scala dei tamponi Coi viene assegnata in modo arbitrario”. I valori massimo e minimo, cioè, vengono scelti dai produttori senza alcun criterio scientifico e non è detto che due test diversi sulla stessa persona diano risultati uguali.

I test Coi vengono spesso definiti dai venditori “quantitativi” o “semiquantitativi”. Cosa vuol dire?

Un test per il Covid è qualitativo se dà solo un risultato positivo o negativo. E’ quantitativo se misura anche la quantità di virus presente nel tampone. “Definire un tampone Coi quantitativo è un po’ una forzatura” sostiene però Castilletti. Il test infatti non misura la quantità di virus, ma solo l’intensità di una fluorescenza. “Le due cose possono anche essere legate, ma non in modo stretto” aggiunge la microbiologa. “Parlare di carica virale con un test antigenico è scivoloso, per non dire che ha poco senso” concorda Sambri.

Oltre ai motivi citati sopra – la proteina N non è correlata alla quantità di virus e la scala del tampone è scelta in modo arbitrario – ci sono altre variabili. “Il tampone, prima di tutto” secondo il microbiologo di Bologna. “A seconda della profondità e della forza con cui si preleva il campione della mucosa il risultato può variare molto. Questo è uno dei motivi per cui in genere il tampone fatto a casa è meno sensibile. Nessuno, facendo il prelievo a sé stesso, tende ad andare molto in alto nel naso”. Poi c’è la qualità del test, che è pressoché impossibile da valutare per un cliente. La quantità e la sensibilità degli anticorpi usati dai produttori infatti non viene resa nota a chi si sottopone al tampone.

Partire da un valore alto del test Coi vuol dire avere sintomi più pesanti?

“No, e per due motivi” spiega Sambri. “Il primo, come abbiamo spiegato, è che il risultato del test e la carica virale non hanno un legame stretto. Il secondo è che ormai abbiamo imparato che la severità del Covid non ha nulla a che fare con la carica virale, cioè con la quantità di virus presente nell’organismo”. La carica virale può essere misurata – in modo preciso solo in parte – con i tamponi molecolari. “Vediamo persone con carica alta asintomatiche e persone con carica bassa ma sintomi pesanti”.

Chi ha un valore alto impiegherà più tempo a tornare negativo?

“A parità di test e con modalità di prelievo identiche, una persona con valore più alto impiegherà più tempo a negativizzarsi” spiega Sambri. “Non è possibile però stimare i giorni di positività in base al risultato del Coi. Le variabili sono troppe, e la mano di chi esegue il tampone è anch’essa molto importante”.

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Come facciamo a sapere se il nostro test è affidabile?

“Esiste una lista di test autorizzati a livello europeo” rassicura Sambri. Ma include appunto più di 500 test. “La palla è in mano ai produttori. Sono loro a misurare la performance dei loro prodotti. Una volta redatto e presentato il fascicolo tecnico, difficilmente qualcuno va a controllare la precisione delle informazioni”.

Sambri e lo staff del suo laboratorio, con alcuni colleghi inglesi e tedeschi, sono invece andati controcorrente e hanno misurato la precisione di alcuni test commerciali. “Abbiamo preso sette varianti di Sars-Cov2 e le abbiamo spedite a 259 laboratori in 27 paesi. Ognuno ha misurato i campioni con i suoi test e solo il 73% ha osservato la presenza del virus. Segno che la qualità dei prodotti non è sempre altissima”. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Clinical Virology.

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