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Toti esce dai domiciliari e manda un messaggio ai giudici: “Questo è un processo politico. I magistrati interpretano le leggi ma la politica quelle leggi le fa”

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Dopo 86 giorni ai domiciliari nella sua villa di Ameglia, nello spezzino, Giovanni Toti è un uomo libero. Indagato, accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti (oltre a voto di scambio), e con davanti un processo da affrontare probabilmente già in autunno, ma libero.

Oggi la giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, che lo scorso 7 maggio aveva disposto la misura cautelare nei confronti dell’ormai ex presidente della Regione Liguria, ha notificato la sua decisione al legale di Toti, Stefano Savi.

Già la Procura, nelle scorse ore, aveva dato il proprio parere favorevole alla revoca dei domiciliari. Spiegando che, con le dimissioni da governatore scattate venerdì scorso, non ci sia più il pericolo di reiterazione del reato.

Le sue prime dichiarazioni le ha affidate ad una post (lo pubblichiamo in coda all’articolo) su Facebook che si conclude con un risorgimentale “Viva La Liguria, Viva la Libertà”.

Secondo i pm Federico Manotti e Luca Monteverde, non occupando più la poltrona di presidente, rende impossibile per Toti garantire o promettere favori a privati in cambio di finanziamenti al suo comitato.

“Giovanni Toti può essere liberato ma “permangono i gravi indizi di colpevolezza”. È quanto scrive la giudice Paola Faggioni nell’ordinanza di revoca degli arresti domiciliari per l’ex presidente della Regione Liguria.

“Nonostante l’estrema gravità delle condotte criminose – continua il gip – connessa anche alla particolare natura delle funzioni svolte, tenuto conto del comportamento serbato dall’indagato che ha rassegnato le proprie dimissioni da presidente della Giunta della Regione Liguria, possono considerarsi sensibilmente affievolite le esigenze cautelari”.

Toti e i magistrati

Nel suo primo post su Facebook da ex presidente Toti scrive quello che appare un messaggio ai giudici: «I magistrati interpretano le leggi ma la politica quelle leggi le fa. L’autonomia della politica, come quella della giustizia, dovrebbero essere un patrimonio di tutti». E subito dopo: «Quello che è accaduto in questi tre mesi è un processo alla politica: ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch’essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto necessari e utili a far crescere la nostra terra».

Toti sembra voler ribadire ancora una volta la supremazia della politica rispetto alla giustizia nel fornire la sua lettura della vicenda giudiziaria che lo coinvolge. Fin dal suo primo interrogatorio ha ribadito che i finanziamenti che riceveva erano trasparenti, alla luce del sole, così come lo era il fatto che la sua politica era quella di aiutare lo sviluppo delle imprese, le quali, questo il teorema di Toti, gliene erano riconoscenti finanziandolo.

La procura gli ha contestato – e 4 giudici fra gip e Riesame sono stati dello stesso parere – che gli accordi con Spinelli erano veri e propri scambi di favori in cambio di denaro, che poi non fosse per Toti come persona ma come politico cambia poco, tanto più che Cambiamo era un partito fondato proprio sulla sua persona.

Le prime visite

Giampedrone arriva a casa Toti (foto Fabio Bussalino) 

L’assessore regionale ligure Giacomo Giampedrone, fedelissimo di Giovanni Toti, si sta recando in questi minuti – insieme all’ex portavoce di Toti Jessica Nicolini, oggi nell’ufficio stampa dell’assessore – presso l’abitazione dell’ex governatore ligure ad Ameglia nello spezzino per un primissimo incontro dopo la fine degli arresti domiciliari dell’ex presidente dimessosi venerdì scorso.

Il post di Toti sui social

“Sono mancato per un po’, e soprattutto mi siete mancati tanto. Grazie mille a tutti coloro che in questi 86 giorni tramite la famiglia, l’avvocato, e in ogni modo possibile, mi hanno fatto sentire il loro affetto e la loro vicinanza. È stato il maggior conforto in questi giorni bui.

Ci difenderemo da ogni accusa, con la coscienza a posto di chi non ha mai intascato un centesimo dei liguri, ma lasciamo una Liguria più ricca: di lavoro, di opportunità, di speranze.

Quello che è accaduto in questi tre mesi è un processo alla politica: ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch’essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto necessari e utili a far crescere la nostra terra.

Tutto questo sarà tema di confronto in tribunale. Soprattutto spero sia oggetto di vera e definitiva riflessione della politica. Della politica tutta o, almeno, di coloro che non ritengono di usare opportunisticamente la giustizia a scopo politico. Mai come in questo caso l’autonomia della politica, la sovranità popolare, il suo finanziamento trasparente, la sua possibilità di indirizzare lo sviluppo e la crescita sono stati al centro del confronto tra la giustizia e il potere sovrano che discende dal popolo.

I magistrati interpretano le leggi ma la politica quelle leggi le fa. L’autonomia della politica, come quella della giustizia, dovrebbero essere un patrimonio di tutti. Difficile sperare consapevolezza da chi riempie le piazze di luglio (riempie, insomma…), festeggiando l’aiuto arrivato. Ho fiducia in chi crede nella democrazia liberale e spero colga queste vicende come un definitivo campanello che suona per ricordare l’inerzia di troppi anni.

Mi sono dimesso, richiamando tutti voi al voto, perché ora tocca ai cittadini decidere invece la sorte della nostra terra: andare avanti con la Liguria protagonista che abbiamo costruito, o consegnarla alla cappa grigia dell’ipocrisia, della cultura del sospetto, dell’immobilismo, della doppia morale capace di oscurare già in questi giorni anche il fulgido sole di agosto. Sarebbe un futuro che, se possibile, appare già peggio del passato che ci siamo lasciati alle spalle.

Un abbraccio a tutti, che spero di darvi fisicamente nelle prossime ore. Viva la Liguria. Viva la libertà”.

 

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