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Trieste, il marito di Liliana Resinovich: “Difficile accettare il suicidio. L’autopsia sbaglia, è morta subito”

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“Liliana è l’ultima persona che si sarebbe suicidata, ma se il pm Maddalena Chergia chiederà l’archiviazione, dopo aver svolto lunghe e scrupolose indagini, me ne farò una ragione, non posso fare altro”. A parlarle, in una intervista all’Adnkronos, è Sebastiano Visintin, il marito di Liliana Resinovich, la donna scomparsa il 14 dicembre scorso da Trieste e ritrovata senza vita il 5 gennaio di quest’anno. Mai indagato ma ascoltato più volte sulla morte della moglie, ha appena letto la relazione dei consulenti della procura (“Ho iniziato a scorrerla ma quando ho visto alcune immagini dell’autopsia mi sono dovuto fermare, non sono riuscito ad andare avanti”, dice), secondo i quali le analisi danno un unico esito: è stato un suicidio. Non ci sarebbe infatti “violenza per mano altrui”: Liliana si è uccisa inalando l’anidride carbonica da due sacchetti di plastica che aveva in testa, la sua morte risale a 2-3 giorni prima del ritrovamento nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste.

Ma, dice Visintin che fa fatica a digerire questo finale, “la loro autopsia sbaglia”: “Credo che abbiano preso un abbaglio e che Liliana sia morta poche ore dopo la scomparsa. Un elemento che con il nostro consulente, il medico legale Raffaele Barisani, siamo convinti di poter dimostrare. È impensabile che per due settimane abbia vagato con gli stessi vestiti e senza nutrirsi, nello stomaco, secondo l’autopsia, c’erano i resti dell’ultima colazione”.

Amante di viaggi e di fotografia, sportiva con la passione per la bici, Liliana Resinovich, 63 anni, era un’ex dipendente regionale che si divideva tra il lavoro, la casa e gli amici. “Era una mattina normale quel martedì: ha fatto la lavatrice, ha steso i vestiti e abbiamo fatto colazione. Io andavo di fretta e sono uscito prima delle 8, l’ho salutata, lei mi ha guardato andar via dalla finestra e io le ho sorriso. Quella è l’ultima volta che l’ho vista, mi fa male il cuore”, racconta oggi Visintin.

Quella mattina, il 14 dicembre, Liliana avrebbe forse dovuto incontrare l’amico Claudio Sterpin, l’uomo che dice di essere stato l’amante della donna. “Non credo assolutamente a nulla di quello che dice e le sue parole offendono me, Liliana e la sua famiglia. Non c’è un messaggio esplicito, una foto insieme o altro che avvalori qualcosa più di un’amicizia a me nota. Un giorno spero di capire il perché di queste affermazioni da parte di chi vuole solo apparire”, spiega Visintin assistito dall’avvocato Paolo Bevilacqua.

Sono i vicini di casa la sera del 14 dicembre a inviare un messaggio sul cellulare della 63enne. “Dicevano che avevano un regalo da darle, ho risposto io dicendo che aveva lasciato i cellulari a casa, una dimenticanza che non mi aveva preoccupato conoscendo mia moglie”. E invece, “Claudio aveva detto loro della scomparsa e dopo la mia risposta telefonica mi hanno raggiunto. La mia vicina stava piangendo, aveva gli occhi rossi, non li perdonerò mai di non avermi detto che era sparita”, aggiunge Visintin.

Le prime due-tre settimane dalla scomparsa “non riuscivo a ricordare, ero come paralizzato, poi ogni cosa detta ha trovato riscontro e la polizia ha escluso ogni mio coinvolgimento – ricorda l’uomo -. Non mi interessa quello che dice o pensa la gente, io non ho nulla da confessare perché niente ho fatto”. Io, dice, sono “sereno. Non ho niente da nascondere, non avrei mai potuto fare del male a Liliana. Su quello che è successo ho solo supposizioni, c’è qualcuno che forse sta nascondendo qualcosa”.

Quanto all’ipotesi, accreditata dai consulenti della procura, del suicidio di Liliana spiega: “Mi spiace che non si sia confidata con me, pensare al suo dolore, a lei che prende questa decisione fa male. Riavvolgo i giorni per capire se ho trascurato dei segnali, ripasso quell’ultima mattina quando sono uscito e lei non è più tornata, ma niente: tra noi andava tutto bene, io ero tranquillissimo, e invece il 14 dicembre 2021 è cambiata la mia vita”.

“La pensione e il lockdown – racconta – forse avevano spento un po’ il suo sorriso, ma il suicidio è difficile da accettare. E lo è a maggior ragione dopo 33 anni insieme. Volevamo andare in Brasile, c’eravamo informati sui documenti e sui prezzi del volo. Ora la nostra casa è vuota, identica a quando se ne è andata”.

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