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Venezia — Prima di essere accompagnato al terzo piano del carcere di Verona, nella sezione dedicata ai sex offender, nella cella che condivide con un altro detenuto, Filippo Turetta ha il tempo di parlare con chi lo segue ogni giorno. Ha passato un’intera giornata in tribunale. Ha atteso il verdetto nei suoi confronti in un’aula isolata, circondato dagli agenti di polizia penitenziaria, dove ha trascorso tutte e sei le ore di camera di consiglio dei giudici. Infine è andato ad ascoltare la sentenza.
«L’attesa è stata angosciante. Penso sia una sentenza giusta, me l’aspettavo», il senso delle parole confidate a chi ha avuto la possibilità di parlare con lui. Gli avvocati lo avevano preparato al possibile epilogo, e anche lui adesso appare agli occhi di chi lo segue come più «consapevole». Al 22enne di Torreglia viene chiesto se vuole chiamare i suoi genitori. Di loro chiese un anno fa, al primo ingresso nell’istituto penitenziario veronese, a poche ore dalla consegna in Italia: «No, non me la sento adesso — aggiunge adesso –. Chiamo mia mamma domani, è il suo compleanno».
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“Voglio rimettermi a studiare”
Turetta è detenuto in questo carcere dal 25 novembre 2023. Nella sua sezione ci sono una scuola, una cappella per la preghiera, una palestra, uno spazio per scrivere: forse è qui che ha prodotto il memoriale di novanta pagine poi finito agli atti del processo. In carcere, come per tutti i detenuti, anche per lui si pensa a quali attività fargli fare. Per dare un senso a ogni mattina. La routine oggi è quella del corso d’inglese, della palestra, della tv, dei libri, della chitarra. «Voglio rimettermi a studiare», avrebbe detto.
I genitori non hanno seguito le udienze
I suoi genitori, Nicola Turetta e Elisabetta Martini, lo andranno presto a trovare di nuovo. Non hanno partecipato alle udienze per non rischiare di interferire col processo, sicuramente anche per evitare la calca mediatica. Ora cercano di assorbire la condanna all’ergastolo del figlio. «Chiedono riservatezza, non rilasciano alcun tipo di dichiarazione», dice la loro avvocata Paola Rubini.